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Pescara, 24/07/2024
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Data: 02/06/2017
Testata giornalistica: Il Centro
Lavori fatti male. Progetto Case a pezzi. Verso l'apertura di un'inchiesta: si indaga per difetto costruttivo «Non è escluso che vadano abbattute». L'assessore Pelini: le abitazioni danneggiate saranno riparate solo se la spesa non è eccessiva. «Fate le valigie entro un'ora» Gli sfollati avvisati da una telefonata giunta dal Comune

L'AQUILA Siamo alle solite: sperperi di denaro pubblico come conseguenza di una cattiva gestione delle opere realizzate nel post terremoto. Ed ecco che il Progetto Case, da molti identificato come la panacea per la soluzione di molti problemi abitativi del post sisma, è diventato un pozzo senza fondo e causa di guai per la gente che paga per negligenze e sciatterie di altri. Quello che è successo mercoledì scorso al Piano Case di Coppito 2 ne è l'emblema come pure il crollo del balcone tre anni fa a Cese di Preturo dove la tragedia fu evitata per caso.L'INCHIESTA. La cattiva esecuzione dei lavori potrebbe essere il tema intorno al quale ruoterà l'inchiesta della Procura dell'Aquila sui pilastri marci del fabbricato di Coppito 2 che ha imposto l'evacuazione di settanta persone dal complesso di via Piacentino. Il Nucleo investigativo di polizia ambientale, infatti, ha eseguito un primo sopralluogo per verificare cosa sia successo e riferire all'autorità giudiziaria. Valutazioni che richiedono un certo tempo e per le quali sarà necessaria la nomina di un perito. L'ipotesi, per ora, è quella del difetto costruttivo: la mancanza di una guaina ha causato infiltrazioni d'acqua che nel corso degli anni hanno fatto marcire i pilastri in legno. Di lì il rischio di cedimento del palazzo. Sulla vicenda è stata presentata una denuncia in Procura dall'avvocato Roberto Tinari, secondo la quale è opportuno verificare se sia mancata la manutenzione al di là di vizi costruttivi.DITTA NEL MIRINO. Il complesso è stato realizzato nel post sisma dalla Cosbau, ex colosso dell'edilizia, ditta trentina specializzata nella realizzazione di abitazioni in legno e poi messa in liquidazione. La Cosbau, insieme ad altre aziende, ha realizzato tra Cese di Preturo, Coppito, Sassa, Sant'Antonio e Paganica una dozzina di condomìni antisismici di tre piani per circa 288 appartamenti e un totale 25 milioni di euro. La ditta finì nel mirino della 'ndrangheta che puntava ad appropriarsene. La scalata, però, non andò in porto grazie a un'inchiesta delle Direzioni investigative antimafia di Milano e Reggio Calabria. I guai economici della Cosbau furono causati anche da ritardi nei pagamenti per i lavori fatti in Abruzzo. La Protezione civile, comunque, spiegò che i ritardi nelle erogazioni dei fondi furono imputabili alla mancata trasmissione di atti che dovevano essere inviati dalla stessa azienda trentina relativa ai pagamenti corrisposti ai subappaltatori.PROGETTO CASE. Il Progetto Case fu voluto da tutte le istituzioni: Comune, Regione, Protezione Civile e, ovviamente dall'allora governo guidato da Silvio Berlusconi, per evitare che le decine di migliaia di sfollati aquilani fossero costretti a trasferirsi. Le scosse di terremoto, del resto, si protrassero per oltre un anno e nessuno voleva tornare nelle poche abitazioni in muratura rimaste intatte. Guido Bertolaso, all'epoca capo della Protezione civile, dichiarò che la città non sarebbe stata interamente ricostruita prima di una quindicina di anni. Di lì la necessità di case provvisorie per evitare di far morire la città.NUMERI. Sono stati realizzati in tutto 185 edifici di varia grandezza in 19 aree dell'Aquila, articolate su 185 piastre per un totale di 4.449 alloggi in grado di ospitare almeno 15mila persone. Gli isolatori sismici adoperati per l'intero progetto sono stati 7.368. La superficie occupata dai manufatti provvisori è stata di oltre 220mila metri quadrati a prescindere dalle opere di urbanizzazione sorte su un milione e mezzo di metri quadrati. Sono state 16, inoltre, le imprese vincitrici degli appalti, secondo i dati forniti dalla Protezione civile, due delle quali abruzzesi. Quaranta gli edifici tirati su, in questo contesto, da ditte della nostra regione. Sono stati realizzati anche 22 chilometri di nuove strade, 13 di acquedotti e cinquanta chilometri di condotti fognari. Costruite trenta aree da gioco e aree verdi con undicimila alberi piantati e otto campi sportivi polivalenti.I COSTI. Le opere hanno avuto un costo complessivo che supera di poco il miliardo di euro. Infatti, 814 milioni sono stati spesi per il Progetto Case, ovvero i complessi residenziali. Per i Moduli abitativi provvisori sono stati spesi 240 milioni e per quelli per le scuole, oppure uso ufficio, la somma è stata di 83 milioni. Settecentomila euro è stata la somma impiegata per i Moduli ecclesiastici provvisori. Oltre a costi minori per il superamento di barriere architettoniche.©RIPRODUZIONE RISERVATA


«Non è escluso che vadano abbattute». L'assessore Pelini: le abitazioni danneggiate saranno riparate solo se la spesa non è eccessiva

L'AQUILAOra sono in tanti a porsi la stessa domanda. Quale sarà il destino delle piastre ammalorate di Coppito 2? E tra le possibili risposte ce n'è una che ha il sapore della beffa. Perché quelle case, costruite solo otto anni fa con i soldi dei contribuenti, potrebbero essere addirittura abbattute. Un'ipotesi confermata, del resto, dall'assessore Fabio Pelini. «La logica è quella del buon padre di famiglia - spiega -. Se ne vale la pena, e la spesa non è eccessiva, saranno sistemate, ma se il rapporto costi-benefici fosse negativo, allora converrà abbatterle. Sarà una decisione che sarà presa solo all'esito di una valutazione analitica». Intanto, la prima notte degli sfollati di Coppito 2 è trascorsa in un albergo, non in una tendopoli. Ma il senso di incertezza, quella precarietà claustrofobica che fa guardare al futuro con timore, è lo stesso di otto anni fa. Non è stato il terremoto, stavolta, a cacciare di casa chi la casa l'aveva già persa nel 2009, e che da mercoledì è costretto a ripensare ancora una volta la propria vita e trovare un'altra sistemazione. Il Comune ha già messo a disposizione i 133 alloggi liberi del Progetto Case, dislocati in 12 new town, per le famiglie costrette a lasciare gli appartamenti. Tutta colpa dei pilastri marciti a causa delle infiltrazioni d'acqua. In un'ora, 70 persone sono state costrette a lasciarli, prendendo quello che era possibile portare via. Come otto anni fa.Ieri mattina, assicura Pelini, sono iniziati i colloqui con 23 delle 24 famiglie sgomberate. «Seguendo le priorità consuete, vale a dire presenza di anziani, questioni lavorative o figli piccoli, abbiamo cominciato ad abbinare gli alloggi disponibili alle famiglie - prosegue l'assessore -. Ovviamente abbiamo messo a disposizione tutto quello che avevamo e anche di più, nel senso che stiamo lavorando per rendere immediatamente disponibili quegli alloggi che già erano in fase di recupero. Stiamo cercando di sistemare tutti, ma ci vuole qualche giorno. Completeremo le assegnazioni lunedì e nel frattempo le famiglie continueranno a rimanere in albergo. Se qualcuno, invece, ha la bacchetta magica e pensa di poter risolvere più celermente il problema, si faccia pure avanti». A Coppito 3, spiega ancora l'assessore, si stanno recuperando tutti gli alloggi possibili, ma certamente non basteranno per tutti. Lo stesso si sta facendo anche per le new town più vicine e per Sant'Antonio: «Ci stiamo provando, perché ci siamo messi come sempre nei panni di quelle famiglie». Il settore opere pubbliche, nel frattempo, ha avviato la verifica delle 12 piastre realizzate dalla stessa ditta e tutte localizzate nella zona Ovest del capoluogo, tranne una che si trova a Paganica.



«Fate le valigie entro un'ora» Gli sfollati avvisati da una telefonata giunta dal Comune
La protesta: «Adesso la nostra vita si è complicata»

L'AQUILA Una telefonata che avvisa del pericolo imminente, un'ora per lasciare casa, prendere i bambini, fare le valigie, riempire un sacchetto con tutto quello che potrebbe servire, perché indietro non si può tornare. Sfollati, un'altra volta. Per i residenti della piastra uno di Coppito 2, che hanno dovuto lasciare gli alloggi a rischio crollo, a causa delle infiltrazioni di acqua che hanno fatto marcire i pilastri di legno, quella trascorsa in hotel è stata una notte di pensieri e di timori per il futuro. «In albergo ci troviamo bene», racconta Gisella Severoni, che assieme al marito e ai due figli, e ad altre 19 famiglie, ha trovato riparo all'hotel Amiternum, «ma stanotte non abbiamo dormito pensando a cosa ci avrebbe portato il giorno». E la "sorpresa" c'è stata. «Al Comune ci hanno detto che non possiamo andare negli alloggi che sarebbero più compatibili con le nostre vite e le nostre attività. In pratica, ci vogliono mandare dall'altra parte della città. Per me è un problema», racconta Gisella, «perché faccio le pulizie in appartamento del complesso Solaria. Se mi trasferiscono a Sant'Elia sarò costretta a lasciare quel lavoro e a rinunciare a quell'entrata, che seppure modesta mi aiuta». Al Comune si è in attesa di una riunione operativa per chiarire quali saranno le modalità per gestire la nuova emergenza, a cominciare dai traslochi e dalle assegnazioni dei nuovi alloggi, che formalmente hanno preso il via ieri e che, come sottolinea l'assessore Fabio Pelini, saranno completate lunedì. «Non si sa nulla del trasloco», aggiunge Gisella, «qualcuno diceva che ci faranno lasciare qualcosa lì, a Coppito, e quando la piastra sarà stata puntellata ci consentiranno di tornare a casa a riprendere le nostre cose». Nella fretta Gisella ha dovuto lasciare lì la vasca con i pesciolini, «ma quelli stanno bene perché ho messo la pasticca nell'acqua», e ha dovuto trovare un riparo per le sue "cavie peruviane", piccoli roditori ospitati in casa di un amico del figlio. «Con me ho potuto portare solo il mio cane», dice. L'assessore Fabio Pelini, raggiunto nell'immediatezza degli sgomberi, aveva assicurato che il Comune si farà carico di tutte le spese, comprese quelle per il trasferimento delle utenze domestiche». Ora gli appartamenti evacuati sono interdetti. «Soltanto a una signora, in via del tutto eccezionale», prosegue Gisella, «hanno consentito di rientrare per qualche minuto e prendere l'insulina di cui ha bisogno la madre malata». Prima del terremoto Gisella viveva nel complesso "Il Moro", di via Antica Arischia. «Poi il 23 dicembre del 2009 mi hanno assegnato l'appartamento al Progetto Case di Coppito 2 Sono stata una delle prime ad arrivare, le cose le ho viste, e ho visto anche che ci pioveva. È tanto che lo stanno dicendo che piove sotto ai garage. Saranno almeno due anni, da quando si è allagato uno degli appartamenti». Deborah Cerone e il marito, con figli di due e dieci anni e tutte le difficoltà organizzative che derivano dalla "gestione" dei piccoli, avrebbero preferito un contesto non troppo distante da Coppito 2, «ma ci hanno detto che a Coppito 3 eventuali posti disponibili saranno riservati solo ad anziani e persone disabili. Ci hanno proposto Pagliare di Sassa, Sassa e Cese di Preturo. Il bambino più grande va a scuola alla "Mariele Ventre" dell'Aquila, per cui anche il Progetto Case di Sant'Antonio (dove vivevano prima di essere trasferiti a Coppito), poteva andare incontro alle nostre esigenze, ma ci hanno detto che non è possibile tornarci. Quando è arrivata la telefonata della Protezione civile ero per strada, stavo andando a riprendere i bambini da scuola. In un'ora», racconta, «ci hanno detto che dovevamo essere pronti a lasciare l'appartamento. Eppure, erano quattro giorni che i tecnici facevano i controlli». Luciano Lauri è dispiaciuto di dover lasciare Coppito 2. «Si era creato un bell'ambiente, eravamo come un'unica famiglia. Ci hanno proposto alloggi a Roio o Sassa, perché a Coppito tre ci vogliono mandare i terremotati di Montereale. Per carità, mica ce l'abbiamo con loro. Ma visto che devono ancora arrivare, non sarebbe meglio mandarci loro a Roio o Sassa, tanto per loro non cambierebbe nulla. Noi, invece, ormai a Coppito, ci siamo già da parecchio tempo, ed è qui che si siamo riorganizzati dopo il terremoto, facendo delle scelte di vita rispetto alle quali è difficile tornare indietro».Ma quello che maggiormente desta malumore tra la gente coinvolta e l'insicurezza sul futuro ben sapendo che i tempi di ricostruzione delle loro abitazione stanno andando a rilento. Molti di loro non ci torneranno prima di un paio di anni

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