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Data: 04/06/2017
Testata giornalistica: Il Messaggero
Solo un italiano su tre si sente del ceto medio

Dopo i lunghi anni della crisi economica che ha quasi dimezzato la classe media e sta facendo percepire al 41% degli italiani che la propria condizione è peggiorata, i cittadini hanno fame di futuro. E proprio sulle ricette di quale Italia vorrebbero che sia costruita nei prossimi anni, si giocherà la prossima campagna elettorale ormai alle porte.
Il sondaggio di Swg per Il Messaggero sulla metamorfosi delle classi sociali in Italia, rivela come sia rispetto al 2009, anno d'inizio della crisi nel nostro Paese, sia rispetto al 2013, anno in cui si è andati al voto, sono aumentati gli italiani che avvertono difficoltà economica, arrivati al 44%, insieme a quelli che si sentono decisamente poveri e non arrivano al fine mese (8%) e quelli che a fine mese arrivano solo con molte difficoltà (14%). Sono invece fortemente diminuiti quelli che si dichiarano «tranquilli» (scesi al 33%) e si sono dimezzati quanti si ritengono «agiati» (1%).

ASCENSORE SOCIALE Più in generale, negli ultimi anni la condizione sociale è avvertita come «peggiorata» per il 41% degli italiani, con il 13% che è passato da un ceto percepito come «alto» a quello «medio», il 19% che si sente passato dal ceto medio a quello «laborioso» (ovvero, nella dizione della ricerca Swg, coloro che vivono con difficoltà del proprio lavoro) e il 9% che si dichiara caduto verso il ceto «marginale», alla base della scala sociale. Soltanto l'8% invece ritiene che la sua condizione negli ultimi anni sia migliorata, mentre per il 43% è rimasta stabile.
Il ceto medio puro si è ormai ridotto al 33% (era oltre il 60% nel 2002), mentre quello medio basso ha rimpolpato le fila, arrivando al 42%. Il ceto laborioso, ovvero le persone che avvertono diverse difficoltà economiche, è al 13%, cui si somma la quota di quanti si sentono ai margini della società (6%). L'attuale divisione in classi ha una distribuzione geografica disomogenea. Nelle isole il ceto marginale sale all'11%, mentre quello laborioso, al Sud, vola al 18%. Il dato già forte in sé, aumenta la sua valenza se lo si osserva nella sua distribuzione geografica, con crolli maggiori in centro Italia (48% coinvolto nel calo) e nelle isole (51% colpito dalla caduta). Se ci soffermiamo sui dati del Nord, possiamo notare bene gli effetti della caduta del ceto medio: a Nordovest, il 15%, ha perso la sua condizione agiata (12% a Nordest), mentre il 18% è calato nel ceto laborioso da quello medio (17% a Nordest).

AREE GEOGRAFICHE Questo il quadro mentre ci avviciniamo alla prossima campagna elettorale dove, spiega Enzo Risso, direttore scientifico di Swg, «a differenza del 2013 quando ci fu una campagna tutta giocata sul bipolarismo e il cui tema principale era come uscire dalla crisi, la vittoria dei partiti si giocherà su quale Italia costruire, quale futuro si vuole per se stessi e per i propri figli. E su quale sia il volto utile per ottenere questo». I riflessi politici di tutto questo sono tre, illustra ancora Risso: «Il primo è la paura che a sua volta scaturisce un sentimento di protezione, il volersi chiudere dentro i confini e nello stesso tempo mandare via gli immigrati, uscire dall'Europa, chiudere alla Cina. Il secondo è il pensiero del va tutto male e quindi va buttato tutto all'aria. Infine c'è il rimbocchiamoci le mani, diamoci da fare, tipico delle forze tranquille». Il 42%, infatti, crede che la sua condizione non cambierà, il 29% vede per i prossimi anni la propria condizione in calo, mentre solo un 14% degli italiani vede la sua situazione in crescita.
In questo contesto, conclude Risso, «anche la scelta del voto andrà oltre la soluzione immediata. E senza quegli alibi che ci sono stati in passato sul voto contro qualcuno. Con l'attuale situazione e con le ipotesi di legge elettorale che spinge i partiti a caratterizzarsi e dividersi in campagna elettorale per poi riunirsi dopo, ci sarà un voto per qualcosa. Verso quale futuro si vuole andare. Con una logica che è passata da bipolare a pentapolare, dove ai tre poli ormai definiti del partito democratico, M5s e LegaNord si aggiungono i moderati che stanno cercando di strutturarsi e la sinistra alla ricerca di una nuova identità».

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