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Data: 08/06/2017
Testata giornalistica: Il Messaggero
Non versò Iva per 20 milioni condannato Alfonso Toto. La difesa: «In un momento di crisi scelse di erogare gli stipendi ai suoi dipendenti»

Fu una scelta per certi aspetti drammatica maturata in uno momento di crisi di liquidità; pagare il fisco o pagare i lavoratori. Alfonso Toto, che guida uno dei più grandi gruppi italiani nel mondo delle costruzioni e delle opere pubbliche fra le quali spiccano ponti, autostrade e mega gallerie, optò per i suoi dipendenti ma questo non lo ha sottratto io ad un processo e, ieri, ad una condanna a 4 mesi di reclusione.
CHI È L'imprenditore, figlio di quel Carlo che è noto per essere il fondatore della compagnia aerea Airone ma soprattutto per essere stato al timone di un gruppo che si occupa di costruzioni e non solo, era accusato di non aver versato Iva per 20 milioni di euro nell'anno 2013 per conto della Toto spa di cui è amministratore delegato. Ieri davanti al giudice monocratico Valentina Ribaudo è andato inscena l'ultimo atto di un processo iniziato, come capita spesso, con una segnalazione alla Procura da parte dell'Agenzia delle Entrate. Agenzia che ha concesso a Toto la rateizzazione della somma da versare, in totale circa 23 milioni di euro comprese le sanzioni, rate trimestrali che Toto sta onorando puntualmente. Il pubblico ministero Giuseppe Falasca aveva chiesto il minimo della pena e la concessione delle attenuanti generiche proprio in considerazione del fatto che il 40enne imprenditore sta pagando l'enorme debito con il fisco e pur avendo al tempo stesso evidenziato che il debito ad oggi non è ancora estinto. Secondo l'accusa durante il processo è mancata però la prova che Toto, pur in un momento di crisi, abbia cercato il sostegno delle banche. La difesa, dopo aver sentito l'ultimo testimone, l'ex dipendente della Toto spa Gianfranco Rapposelli, con gli avvocati Giuliano Milia e Augusto La Morgia ha puntato soprattutto sulle ragioni per le quali, l'Iva non fu versata nei tempi dovuti. La crisi d liquidità nasce principalmente dai maggiori costi, circa 100 milioni idi euro, che la Toto spa fu costretta ad affrontare per problematiche di tipo geologico nel tratto autostradale fra Firenze- Bologna ovvero la variante di valico. Somme che solo tre anni più tardi Autostrade per l'Italia riconobbe all'impresa teatina. E allora Toto, che all'epoca aveva 700 dipendenti e fatturava 248 milioni di euro, pagò stipendi, contributi e fornitori e salvò l'azienda, una scelta coraggiosa e altruistica - l' ha definita l'avv. La Morgia. Nel frattempo, prima che si consumasse il reato, hanno evidenziato Milia e La Morgia, l'imprenditore chiede ed ottenne dall'Agenzia delle Entrate di pagare l'Iva in venti rate trimestrali. E in aula è stata prodotto la decima rata appena pagata. Contro la condanna Toto ricorrerà in Appello.


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