ROMA Via libera del governo al decreto taglia-partecipate. Come ampiamente previsto il Consiglio dei ministri ieri ha approvato la versione finale del provvedimento, dopo un lungo percorso, passato per l'intesa con le Regioni e i Comuni, imposta dalla sentenza della Consulta sulla riforma Madia. Niente più alibi quindi, da fine settembre si parte con la prima sforbiciata. L'incasso previsto dalla ministra Marianan Madia si aggira intorno al miliardo di euro, tra eliminazione delle scatole vuote e stretta alle spese per i cda. Per far sì che la dieta funzione, il governo ha reso obbligatori i piani di ricognizione. Tanto che le amministrazioni ritardatarie verranno punite con la perdita del controllo sulla partecipata.
I PALETTI Il provvedimento correttivo è frutto del compromesso trovato con i territori. Accordo che ha portato ad ammorbidire i tagli. Ecco le Regioni avranno il potere di escludere loro società dalla razionalizzazione, anche se nel rispetto di determinati paletti. C'è anche il sì ai cosiddetti Comuni spa, ovvero viene riconosciuta agli enti locali la possibilità di far concorrere loro partecipate a gare extra-confine, purché non ci siano più affidamenti diretti e si tratti di attività connesse a acqua, gas, luce, rifiuti o trasporti (i servizi a rete). Le Regioni potranno dire la loro in fatto di nuovi tetti agli stipendi. Ma intanto la spesa per i cda non potrà essere superiore all'80% di quella passata. La norma vuole che ci sia un unico amministratore tuttavia l'assemblea della società potrà optare per un consiglio (massimo 5 componenti) se le dimensioni lo giustificano e nel rispetto della riduzione dei costi. Entro luglio dovranno essere adeguati gli statuti ai diversi divieti, dallo stop alle buonuscite all'eliminazione della carica di vicepresidente. I piani per i tagli sono stati spostati a fine settembre. Via le società in perdita, quelle con meno dipendenti che amministratori e le realtà che fatturano meno di 500 milioni. Sempre per fine settembre sono attese anche le liste degli eventuali esuberi. Elenchi per cui i sindacati esprimono preoccupazioni: «continuano a mancare le misure necessarie per salvaguardare reddito e occupazione dei lavoratori coinvolti», scrivono Cgil, Cisl e Uil. E i loro timori si contano sulle società che hanno più capì che impiegati (visto che Cda restano in vita). Per ora il decreto cerca di rimediare facilitando il riassorbimento del personale esternalizzato.