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Data: 11/06/2017
Testata giornalistica: Il Centro
Nuovo ospedale, ora Teramo è favorita. Sopralluogo della Asl a Piano d'Accio, vicino al pronto soccorso veterinario. Dal convegno di Big Bang l'appello ad accelerare. E a puntare sul capoluogo

TERAMO Ospedale nuovo: è tramontata definitivamente l'ipotesi Selva Piana, ora prende sempre più corpo l'ipotesi Teramo.E' questa l'estrema sintesi del dibattito che si è svolto venerdì sera su "Diritto alla salute e ospedale nuovo" organizzato dall'associazione Big Bang, presieduta da Flavio Bartolini. In una sala in cui spiccava l'assenza degli amministratori, in particolare quelli regionali - non era presente alcun consigliere teramano, come ha fatto notare Enzo Montani, responsabile organizzativo dell'associazione - si è parlato nei fatti del futuro di Teramo. L'apertura di un cantiere da 220 milioni e la creazione di un ospedale da 650 posti sarà determinante per il futuro di tutta la zona. Il direttore generale della Asl, Roberto Fagnano, ha detto chiaramente che a Mosciano l'ospedale non si farà. Non ha detto altrettanto nettamente che si farà a Teramo, ma ha ascoltato con attenzione le sollecitazioni in questo senso che gli sono arrivate da alcuni relatori e dalla platea. Quello che non ha detto è che giovedì è andato a fare un sopralluogo per verificare i requisiti di un'ampia area a Piano d'Accio. Si tratta di un terreno dietro alle concessionarie Opel e Bmw e vicino all'ospedale veterinario. L'area avrebbe i requisiti ritenuti già da tempo fondamentali per Fagnano: è vicina alla superstrada Teramo-mare e a 50 metri dalla ferrovia. La soluzione soddisferebbe gli appelli arrivati da più parti durante il convegno. In primis dallo storico Luigi Ponziani che ha ricordato come «da 150 anni in città si sono sedimentate una serie di strutture pubbliche e private. La sanità è parte integrante della nostra storia antica, con testimonianze anche nell'assetto urbanistico». Scegliere Teramo, una città martoriata dal terremoto «tanto che si dice che bisogna dare una medaglia a chi resta» sarebbe una «questione di equità sociale, civile e culturale». Un appello per Teramo è stato rivolto anche dal sindaco Maurizio Brucchi: «L'ospedale è importante per Teramo, non c'è capoluogo che non lo abbia. Facciamolo in collina o in pianura, ma facciamolo qui. Però dobbiamo fare presto: gli altri territori si stanno muovendo ed il rischio è che per noi non ci resti più nulla».Su questo aspetto è emerso un dettaglio inquietante durante il dibattito: nella recente delibera della Regione sull'edilizia sanitaria Teramo, esclusa certamente per una dimenticanza, è stata reinserita all'ultimo momento. Un aspetto che fa riflettere sugli effetti dello stallo riguardo alle decisioni da prendere sul nuovo ospedale. Il convegno, grazie anche alla competenza dei relatori, tutti medici ospedalieri - tranne Ponziani, a cui sono state affidate le conclusioni - ha finalmente chiarito perchè c'è bisogno di una nuova struttura e perchè quattro ospedali "doppione" non possano più esistere con il decreto Lorenzin. «Con l'aumento della vita media e la maggiore sopravvivenza alle malattie neoplastiche la domanda di sanità è cambiata», ha spiegato il primario di ginecologia Anna Marcozzi, riferendosi al fatto che mancano strutture di riabilitazione e lungodegenza. Non solo: «se si polverizzano le risorse, umane e tecnologiche, si abbasserà il livello di successo delle terapie. E' basilare l'espertice medica data dai grandi numeri nei trattamenti». Ancora più netto il chirurgo Piero Romanelli: «Dove sono i sindaci che difendono l'indifendibile facendo male al cittadino, malato e sano, chiedendo che restino aperti ospedali troppo piccoli? Quattro ospedali a 20 chilometri di distanza sono una pura follia, possibile in un'altra epoca. Mettiamo da parte la demagogia». «I sindaci la devono smettere di bloccare il processo di modernizzazione della sanità», ha incalzato l'urologo Vincenzo Cipolletti, «avere una visione "ospedalocentrica" del problema assistenziale è sbagliato: serve una riorganizzazione della medicina sul territorio». «Se non si creerà una struttura competitiva, flessibile all'utilizzo delle nuove tecnologie, con una accessibilità e capacità di risposta immediata, ci escluderemo da soli dalla sanità del futuro», ha aggiungo il cardiologo Franco De Remigis.

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