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Data: 14/06/2017
Testata giornalistica: Mapero'
Assunzioni, la Corte dei Conti stoppa la Regione

Assunzioni bloccate, tutte ma proprio tutte: la Regione Abruzzo non può fare contratti di nessun tipo, non solo quelli di collaborazione continuativa ma neppure i cosiddetti comandi. Lo ha stabilito la Corte dei Conti abruzzese in Camera di consiglio lo scorso primo giugno, rispondendo a uno specifico quesito presentato dalla presidenza del Consiglio regionale. Non può farlo perché non è in regola con l’approvazione dei rendiconti e questo buco nero nella situazione finanziaria della Regione può invalidare anche le assunzioni fatte nel recente passato.
Il presidente Luciano D’Alfonso non può assumere nuovo personale nella sua già affollatissima segreteria, così come desidererebbe: né il cerimoniere che si vede ormai da un mese al suo fianco, Marzio Maria Cimini, dipendente della Pomilio Blumm che con lui ha strillato nel megafono per invitare la folla (che non c’era) all’inaugurazione del nuovo ponte Flaiano prevista per domani, né avrebbe potuto assumere l’ex vice sindaco di Pescara Enzo Del Vecchio che nonostante fosse in aspettativa dalla Regione, ha avuto un contratto nuovo con qualifica più alta.

Insomma la magistratura contabile dice no e lo dice su tutti i fronti: non ci sono spiragli di nessun tipo, nessun escamotage nessuna scorciatoia, e la Regione dovrà rassegnarsi. E il ricorso al comando secondo la Corte dei Conti potrebbe rappresentare un “aggiramento della preclusione”. Non basterà neppure che la giunta approvi il rendiconto, bisognerà aspettare la verifica contabile degli organi di controllo e tutti i passaggi successivi che attesteranno negli anni che il bilancio è finalmente risanato.

Non solo comandi: la Regione Abruzzo non potrà neppure assumere personale

“destinato alle segreterie degli organi di indirizzo politico, delle commissioni consiliari e del difensore civico regionale, – precisa la Corte dei Conti – e neppure le persone indicate dai capigruppo consiliari quale modalità di reclutamento alternativa all’assunzione diretta da parte dei gruppi”.

Tutto comincia con una richiesta di chiarimenti che arriva dall’ufficio di Giuseppe Di Pangrazio, che chiede alla Corte se si può fare un’eccezione alla legge n.113/2016 che prevede il divieto di assunzioni per gli enti in ritardo nell’approvazione del rendiconto, ricorrendo invece che alle assunzioni vere e proprie, ai “comandi e ai distacchi” oppure al reclutamento di personale per le segreterie politiche, visto che non comportano rapporti di lavoro stabile.

No, non si può fare, sostiene la Corte dei Conti: intanto perchè la legge 113 introduce un sistema sanzionatorio piuttosto rigoroso nei confronti degli enti inadempienti sui bilanci, stabilendo il limite massimo del 30 aprile per l’approvazione dei rendiconti. E se da una parte c’è una sentenza della Sezione delle Autonomie della Corte dei Conti secondo la quale il comando non prefigura una nuova assunzione e soprattutto “non genera un incremento della spesa pubblica globale” che è la ratio della 113, dall’altra la stessa legge contiene un obiettivo sanzionatorio che esclude automaticamente per l’ente inadempiente la possibilità di assumere liberamente. L’inadempienza finanziaria non è mica cosa da poco, visto che costituisce “illecito disciplinare e determina responsabilità erariale”.
Quindi, niente comando anche perché questo istituto genera una spesa da rimborso ma anche una spesa per la liquidazione del trattamento economico accessorio. Ma soprattutto, ribadisce la Corte dei Conti, perchè se c’è sanzione non ci può essere libertà di assumere, in nessuna forma e i comandi rappresentano un “surrogato elusivo” della legge.

Sono insomma in tutto e per tutto “assunzioni sotto mentite spoglie”.
E se non fosse ancora chiaro, la conclusione non lascia adito a dubbi:

“L’utilizzo di personale in comando in luogo di nuove assunzioni, lungi dallo spronare le amministrazioni all’adempimento, potrebbe costituire, di fatto, un aggiramento della preclusione nonché, e soprattutto, un possibile fattore di ulteriore perpetuarsi del ritardo con la perdita di effettività e vinificazione, a tal punto, della sanzione contemplata dal legislatore”.

Il punto è chiaro. Ma la Corte si sofferma anche sul dopo: non basta che la Regione si affretti ad approvare il rendiconto perché “ogni determinazione infedele del risultato di amministrazione si riverbera a cascata sugli esercizi successivi”, quindi il divieto di spesa per gli enti inadempienti va ben oltre la data dell’eventuale approvazione del rendiconto.
Ps. D’Alfonso a questo punto dovrà soltanto rassegnarsi e fare a meno del cerimoniere. Oppure ingaggiarlo come volontario. Ma soprattutto gli converrebbe studiare un po’ meglio le leggi finanziarie.

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