ROMA Prodigi della politica. Paolo Gentiloni e il suo staff, ieri subito dopo aver intascato la fiducia con appena 144 voti, hanno festeggiato.
Nessuno, infatti, a palazzo Chigi si impressiona di fronte a un dato largamente inferiore alla maggioranza di palazzo Madama fissata a quota 161-164. Per tre ragioni. La prima: lo scarto a favore dell'esecutivo è stato ampio, pari a 40 voti. La seconda: era annunciato che i 16 senatori di Articolo 1-Mdp, contrari alla manovrina economica e ai suoi voucher, si sarebbero assentati dall'Aula. La terza ragione: era previsto che, a scanso di equivoci e per evitare rischi, sarebbero mancati all'appello anche diversi parlamentari di Forza Italia, Gal e Ala.
La novità è che, per scongiurare incidenti, s'è assentato al momento della votazione decisiva anche qualche grillino. Totale: 69 assenti. Il tutto per scongiurare che il governo non incassasse la fiducia. E si aprisse la strada verso le elezioni anticipate. Quelle che non vuole ormai più nessuno: anche Matteo Renzi si è rassegnato.
Gentiloni si appresta dunque a «una navigazione tranquilla» grazie al meccanismo delle assenze per... necessità. Chi è contrario esce e non vota contro. E chi, dell'opposizione, vuole proprio evitare rischi s'accoda. Conclusione: per far passare la fiducia bastano meno senatori di quanto sulla carta sia necessario.
«I voti per andare avanti da qui alla fine dell'anno li troveremo sempre», dice uno dei collaboratori più stretti di Gentiloni, «c'è una tale voglia di evitare le elezioni anticipate, che alla fine anche qualche grillino finirà per sostenere il governo. Ciò che è accaduto alla Camera per il varo della riforma del processo penale e al Senato per la manovrina lo dimostra. Grazie all'assenza per dissenso, si possono approvare anche provvedimenti sgraditi a pezzi della maggioranza».
Miracoli della politica. Anzi, della voglia dei parlamentari di tenersi stretta la poltrona il più a lungo possibile.