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Data: 26/06/2017
Testata giornalistica: Il Messaggero
Exploit centrodestra espugnata Genova. Crollo della sinistra. Un elettore grillino su due ha disertato chi è andato ha votato Forza Italia e Lega

ROMA Queste elezioni comunali saranno ricordate a lungo a largo del Nazareno. Cerchiate sul calendario del quartier generale del Pd come giorno infausto. Quasi tragico. Il centrosinistra è letteralmente collassato. Ha perso malamente Genova, storica roccaforte: uno smacco bruciante quanto negli anni 90 fu la perdita di Bologna (ricordate Guazzaloca?). Ed è uscito sconfitto perfino a L'Aquila, città che il turbo-renziano Americo Di Benedetto avrebbe dovuto conquistare senza lottare.
Male, malissimo, il Pd e i suoi alleati anche in Comuni simbolo come Sesto San Giovanni (era chiamata la Stalingrado d'Italia), Pistoia e La Spezia, altre città dipinte per tradizione di rosso. Disastroso il dato dell'Emilia-Romagna: persi 6 Comuni su 6 andati al ballottaggio (inclusa Piacenza, la città di Bersani). Certo, ci sono le vittorie a Taranto, Lucca, Padova e Lecce, ma difficilmente addolciranno la sberla elettorale per Matteo Renzi & C: il bilancio finale è di 6 capoluoghi conquistati su 25. Erano stati 16 nel 2012.
Di riflesso queste elezioni, che hanno visto la resurrezione delle coalizioni, segnano una clamorosa vittoria del centrodestra: 16 i capoluoghi conquistati (erano stati 7 nel 2012). Con distacchi importanti quasi ovunque. Ma a vincere non è il centrodestra di marca berlusconiana. Genova, l'ex città rossa dei camalli, è il laboratorio politico del modello-Toti. Traduzione: Forza Italia, Lega e Fratelli d'Italia abbracciati. Anzi, avvinghiati. E bye bye al piano del Cavaliere che voleva gli azzurri ancora distinti e autonomi dal leghista-lepenista Matteo Salvini. Non a caso il nuovo sindaco genovese Marco Bucci (65%) è targato Toti-Salvini, coppia che l'ha accudito e coccolato fino alla vigilia del voto.
Brutte nuove anche per i Cinquestelle, i cui elettori hanno deviato a destra in assenza di propri candidati. Ma notizie meno brutte rispetto a quelle per Pd e sinistra. Dopo i successi dello scorso anno quando espugnarono Roma e Torino, i grillini erano arrivati al ballottaggio (nelle città oltre i 15 mila abitanti) soltanto ad Asti, Carrara e Guidonia. Il bilancio è di due successi e una sconfitta (Asti). Ma i Cinquestelle devono digerire la vittoria dell'eretico Federico Pizzarotti a Parma, cacciato qualche tempo fa dal MoVimento.
Sulle difficoltà del Pd e dei grillini pesa anche la massiccia avanzata del Partito dell'Astensione. Alla chiusura dei seggi i votanti sono stati il 46%, ben 12 punti in meno del primo turno. Un record negativo. E dove si è votato di meno, più forti sono le percentuali incassate da Berlusconi & Salvini. La dimostrazione che la proposta politica di una destra unita ha maggiore appeal di quanto ne abbiano Beppe Grillo o l'ipotetica resurrezione dell'Ulivo.
LE RAGIONI DELLA SCONFITTA
Se per i Cinquestelle (che comunque si sono aggiudicati 8 ballottaggi su 10, Ardea inclusa) devono aver pesato le brutte performance di Virginia Raggi e Chiara Appendino, a sinistra si paga la litigiosità e (forse) un appannamento della leadership di Renzi. Dopo una scissione, dopo i duelli giornalieri tra Pd e Mdp in Parlamento e i mille scontri sul territorio, gli elettori hanno voltato le spalle ai candidati locali. Il risultato complessivo per Pd e alleati - che non brillano per tradizione nei ballottaggi - è disastroso. Oltre a Genova, La Spezia, L'Aquila, Pistoia, Sesto San Giovanni, lasciano alla destra roccaforti storiche come Carrara (andata ai grillini) e Piacenza. E perdono praticamente in quasi tutti gli altri Comuni importanti: Como, Monza, Alessandria, Rieti (32 voti di scarto), Oristano, Lodi, Asti, Gorizia, etc. In controtendenza Taranto (confermata), più Lecce e Padova strappate alla destra.
Tutt'altro che incoraggiante, per Renzi e suoi alleati, anche il segnale che arriva da Verona. Qui, nella città dell'ex leghista Flavio Tosi, il centrosinistra era stato fatto fuori al primo turno. Il Pd, però, ha scelto di puntare su Patrizia Bisinella (ex leghista pure lei e soprattutto compagna di Tosi) con l'obiettivo di sperimentare l'accordo che il prossimo anno dovrebbe portare il leader di Fare! (già sostenitore del Sì al referendum del 4 dicembre scorso) nel listone targato Partito democratico. I risultati raccontano che l'esperimento è fallito, che il soccorso rosso non ha funzionato: la Bisinella è stata battuta dal candidato del centrodestra Federico Sboarina (57%), indipendente con un passato di assessore in quota Alleanza Nazionale.
Come dimostra Genova, al centrosinistra non va bene neppure quando ha puntato su Sel o Mdp. A Gianni Crivello, ex assessore della giunta Doria, non è servito neanche il richiamo identitario. Lo slogan della vigilia era: «Votiamo per non lasciare Genova in mano ai fascisti e ai leghisti». Non è stato ascoltato. La gente di sinistra è restata a casa. O quasi (44,8% contro il 55,2% del leghista Bucci). Forse anche perché in città si sono visti pochi leader (Prodi, Bonino, Beppe Sala) e soprattutto non si è affacciato Renzi che, per tutta la campagna dei ballottaggi (fiutando il flop), è rimasto alla finestra. Sostenendo: «Questo è un voto con valenza squisitamente locale, non nazionale».
Senza storia anche il ballottaggio a Catanzaro. Qui il sindaco uscente del centrodestra, Sergio Abramo, ha vinto con il 64%. A Trapani è invece da registrare la vittoria del disincanto: fuori Girolamo Fazio in quanto indagato, era rimasto in corsa solo Piero Savona (centrosinistra). I votanti però sono stati appena il 26% (serviva il 50,1%) e il ballottaggio è stato annullato. Conclusione: arriverà un commissario regionale.

Un elettore grillino su due ha disertato chi è andato ha votato Forza Italia e Lega

ROMA Una parte degli elettori del M5S non segue Beppe Grillo e contribuisce alla vittoria del centrodestra ai ballottaggi di ieri. E alle urne si sono fatti vivi anche una parte dei grillini che avevano disertato il primo turno. Nonostante questo però, la partecipazione ai ballottaggi dei 111 comuni (compresi 22 capoluoghi) di ieri si ferma sotto la soglia del 50% dei partecipanti, esattamente al 46,03%, 12 punti in meno rispetto a 15 giorni fa e cinque punti sotto il secondo turno delle amministrative del 2012, dove però si votava anche il lunedì mattina.
LE TENDENZE
Alle elezioni amministrative ogni città ha una sua storia specifica e tuttavia si possono scorgere alcune tendenze nazionali. E seppure a caldo, a urne appena chiuse e con le valutazioni e le analisi tutte da fare oggi, secondo alcuni sondaggisti ascoltati dal Messaggero, vengono fuori delle tendenze tutte nuove rispetto al passato, dalla compattezza degli elettori di centrodestra che di solito al secondo turno abbandonano di più e invece questa volta sembra che siano stati più determinati di quelli del centrosinistra, al comportamento di quelli M5S che potrebbero essere diventati il vero ago della bilancia. Infatti non hanno mostrato di seguire i diktat del fondatore del Movimento e potrebbero essere stati determinanti in molte sfide.
Secondo Fabrizio Masia, direttore generale di EMG Acqua, che ha seguito direttamente le sfide di Genova, Parma e Verona, tre dei più importanti comuni al voto, «pur restando l'astensione la grande vincitrice di queste elezioni, in questi ballottaggi si è potuto notare che tra il 90 e il 95% di chi è andato a votare al primo turno per i candidati che sono andati al ballottaggio, è tornato alle urne. Non ha senso quindi una divisione per età o classe sociale perché sono esattamente gli stessi del primo turno». A questi poi si aggiunge il M5S. «Tra il 40 e il 50% di chi ha votato M5S al primo turno è tornato a votare e tendenzialmente si è orientato sul candidato che ha considerato più a destra. A Genova ad esempio ha scelto Bucci, a Parma Pizzarotti mentre a Verona Sboarina». A un basso turn over rispetto al primo turno di inizio giornata, spiega Carlo Buttaroni, presidente di Tecnè, «alla fine c'è stata una parte importante di elettori che non aveva partecipato al primo turno e che invece è andata a votare. E tra questi, il candidato di centrodestra è stato quello che è riuscito a intercettarli meglio. Quanto agli elettori M5S, secondo i miei dati, di quelli che sono andati a votare M5S al primo turno l'80% è rimasto al casa ma al 20% che invece è andato a votare si è aggiunta una parte di quelli che di solito votano M5S che al primo turno aveva disertato ma che invece ha deciso di andare al ballottaggio».
LE DIFFERENZE
Osserva infine un dato in controtendenza Antonio Noto, direttore di Ipr Marketing: «Rispetto al passato, sembra che il centrodestra che storicamente abbandona di più al secondo turno è invece tornato più compatto alle urne mentre al contrario, il centrosinistra che di solito partecipava in maniera decisa, sembra in parte essere rimasto a casa». Quanto agli elettori che al primo turno avevano votato M5S, «una parte è tornata alle urne», conclude Noto, «ma ha esercitato un voto libero, a Genova sembra infatti aver scelto di più il candidato del centrodestra Marco Bucci mentre a Parma ha puntato su Federico Pizzarotti».

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