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Pescara, 24/07/2024
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Data: 28/06/2017
Testata giornalistica: Corriere della Sera
L’Aquila, c’era lo spumante nel frigorifero ma dopo 8 anni la casa viene giù. Il flop dell’operazione C.A.S.E, le abitazioni volute da Berlusconi per i terremotati di Sergio Rizzo (Guarda la videoinchiesta)

Le porte del furgone si chiudono a fatica. Dentro c’è una casa intera, con i mobili, gli oggetti, i ricordi di più vite. Anche di chi la vita l’ha cominciata, ignaro, da evacuato. Una casa intera che si sposta per la seconda volta in otto anni. La prima nel 2009, dopo il terremoto: quella scossa tragica delle 3,32 del 6 aprile quando qualcuno già rideva al telefono pensando agli affari che si sarebbero fatti. Una famiglia come tante, con la casa ridotta in macerie, e poi la tenda, l’alloggio di fortuna. Finché, a novembre ecco la nuova casa. Una casa vera, in periferia, tirata su in due mesi. Con tanto di mobili, masserizie, televisione d’ordinanza e una bottiglia di spumante già fredda nel frigorifero. Davanti a un tappetino d’erba tanto posticcio da apparire sintetico.
Un miracolo del Cavaliere che prendeva corpo nell’euforia del G8 appena emigrato dalla Maddalena. Ma che adesso, otto anni dopo, si rivela decisamente pieno di crepe. Come qui a Coppito. Dove gli alloggi del progetto C.A.S.E. (Complessi Anti Sismici Eco-compatibili), costruiti in fretta a furia su enormi piastre di cemento armato molleggiate, si stanno evacuando. Così le famiglie, evacuate dalle loro case nel 2009, sono costrette a subire nel 2017 una seconda evacuazione. Entro il 15 luglio, dovranno essere tutte fuori: spostate su un’altra piastra, sperando che almeno là i pilastri di legno non siano marciti. Perché è esattamente ciò che è accaduto qui. E questa non è che l’ennesima evacuazione: finora sono state costrette a spostarsi, se si considerano anche i moduli abitativi provvisori, 698 famiglie. Centoquindici a Coppito, trentasei a Pigliare di Sassa, novantadue a Cese di Preturo, altrettante ad Arischia, centottantaquattro a Sassa, una settantina a Collebrincioni… Un appartamento su sette, in otto anni, è diventato inagibile.
Ma non tutti sono disposti a mettere la croce addosso a chi, allora, fece una scelta assai discutibile. «Silvio Berlusconi ha fatto proprio un miracolo», dice quel signore che sta caricando il furgone. “In pochi mesi ha dato una casa a tutti, una casa vera. Chi fa il menagramo dovrebbero riconoscerlo, anziché sempre e soltanto criticare”. Già. Ma i pilastri che si sbriciolano? “Cose che capitano e si possono facilmente rimediare. Chi non ha mai avuto un guaio in casa?” Certo, però dipende dal guaio. Se salta fuori che un pilastro è marcio non è esattamente come scoprire che lo sciacquone perde. Per quello basta l’idraulico, per il pilastro no. E poco importa che la causa sia stata banale: un difetto nel montaggio della guaina isolante che avrebbe dovuto evitare le infiltrazioni d’acqua. Il danno non si ripara con un po’ di stoppa e una chiave inglese.
Il punto di vista di quel signore tuttavia non va trascurato. La realtà è che otto mesi dopo il terremoto nelle periferie e nelle aree industriali limitrofe a L’Aquila erano stati tirati su 185 edifici in 19 piccole new town. E dare un tetto a 15 mila persone in un tempo così breve non è certo cosa da poco. Il problema, semmai, è il combinato disposto del costo e del risultato. Dove per costo non si intende soltanto la cifra materialmente spesa. Che comunque non è trascurabile. Parliamo di un miliardo: 1.318 euro al metro quadrato per le abitazioni nude e crude, circa 2.700 euro considerando gli annessi e connessi. Fogne, strade, impianti, lampioni… Il doppio rispetto alle quotazioni immobiliari di appartamenti rifiniti, antisismici e in muratura, realizzati prima del terremoto a Preturo. E tuttora perfettamente in piedi, mentre lì davanti, a cento metri di distanza, per un edificio del progetto Case è stata già emanata un’ordinanza di demolizione.
Che fosse pericolante si è scoperto tre anni fa, quando un balcone è venuto improvvisamente giù, e se un miracolo quel giorno c’è stato, è che sul balcone sottostante non c’era nessuno. Da quel momento in poi è stato uno stillicidio. Con risvolti che sconfinano anche nel campo giudiziario. Tanto per cambiare. Ricorda un dettagliato dossier di Legambiente che la Procura aquilana ha avviato un’indagine per truffa ai danni dello stato e frode nelle pubbliche forniture: capitolo recentemente trasferito a Piacenza dove è in vita un procedimento che riguarda un’azienda locale. La relativa inchiesta è sfociata in un provvedimento di sequestro di 800 balconi in 500 appartamenti nelle frazioni di Sassa, Arischia, Cese di Preturo, Collebrincioni e Coppito.
Quel dossier di Legambiente sottolinea anche i problemi umani e sociali dell’operazione C.A.S.E. Insediamenti senza luoghi di ritrovo, con servizi di trasporto insufficienti, e lontani dalle radici delle persone che vi sono andate ad abitare. E anche se va sempre tenuta presente la situazione drammatica in cui otto anni fa si trovavano tanti aquilani, che comprensibilmente accolsero con entusiasmo l’idea di avere una casa vera in così poco tempo, non si può oggi non riflettere sulle conseguenze. A L’Aquila il Comune si trova a dover gestire 185 edifici in zone periferiche, molte delle quali si avviano a diventare con rapidità fatiscenti, in situazioni di degrado e con costi di manutenzione crescenti: per ora, siamo a 8 milioni l’anno. Senza sapere che ne sarà in futuro. Attualmente ci vivono 8.859 persone, ma è pacifico che il numero delle famiglie alloggiate lì dopo il sisma diminuirà ancora.
Per non parlare dell’impatto ambientale. Alcune di quelle piastre sono sorte a ridosso di aree protette: al punto che qualche buontempone aveva ipotizzato un utilizzo post-sismico di tipo turistico (sigh!). Ma soprattutto quanto quella operazione, che ha avuto anche una rilevante componente di propaganda politica, ha inciso su un processo di ricostruzione partito in ritardo e fra mille difficoltà. Il fatto è che ancora oggi, a distanza di oltre otto anni, la ricostruzione degli edifici pubblici è ancora al palo. «Non esiste ad oggi», scrive Legambiente nel dossier pubblicato due mesi fa, «una vera e definitiva programmazione degli edifici scolastici comunali. Non c’è ancora un edificio che sia stato ricostruito e non è stata indetta nemmeno una gara d’appalto. Al momento, gli unici edifici scolastici dove si è avviata o conclusa la progettazione preliminare sono le scuole primarie di Arischia, Pettino, Coppito e la scuola d’infanzia di San Sisto».

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