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Pescara, 24/07/2024
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Data: 29/06/2017
Testata giornalistica: Il Messaggero
L'altolà del Papa: «Gli anziani non tolgano lavoro ai giovani»

CITTÀ DEL VATICANO Lavoro, dignità, etica. Poche settimane fa a Genova, davanti agli operai dell'Ilva, Papa Francesco aveva incoraggiato non tanto un reddito per tutti, ma un lavoro per tutti. Soprattutto per i giovani. L'alto tasso di disoccupazione giovanile resta un suo cruccio. Ogni giorno a Santa Marta gli recapitano lettere di ragazzi sull'orlo della depressione perché non trovano niente, nemmeno lavoretti in nero, nemmeno se hanno studiato tanto. Ieri mattina, davanti ai delegati della Cisl, nel corso di una udienza in Vaticano, ha ripreso il filo del discorso genovese e lo ha continuato, ampliandolo alla necessità di arrivare ad un nuovo patto sociale. Rifletteva sugli effetti in corso di quelle dinamiche previdenziali che tendono a fare slittare l'età pensionabile dei lavoratori, innalzandole sempre di più con il rischio di bloccare quel ricambio altrimenti fisiologico. Francesco ha denunciato la società «stolta e miope» che «costringe gli anziani a lavorare troppo a lungo» impedendo di conseguenza «a una intera generazione di giovani a non lavorare quando dovrebbero farlo per loro e per tutti». Il welfare si regge proprio sul ricambio.
SFIDE
Difficile ormai per politici, imprenditori e sindacalisti ignorare le «sfide epocali» che dovrebbero «affrontare e vincere» in un mondo interconnesso e segnato da crescenti disuguaglianze. Papa Francesco rammenta quei (troppi) bambini che dovrebbero andare a scuola e imparare, e invece non studiano perché costretti a lavorare. I dati dell'Unicef a tal proposito sono spaventosi. Lo stesso vale per le donne ancora «facili da sfruttare». La parità di genere è ancora un sogno. Nel discorso preparato per l'udienza ai sindacalisti cattolici guidati dalla segretaria generale Annamaria Furlan, che ha avviato i lavori del XVIII Congresso Nazionale sul tema «Per la persona, per il lavoro», Bergoglio non ha mancato di pungolare anche il sindacato, richiamandolo ad un atteggiamento lungimirante, etico ed onesto. «Nelle nostre società capitalistiche avanzate il sindacato rischia di smarrire la sua natura profetica, volta al bene comune, e diventare troppo simile alle istituzioni e ai poteri che invece dovrebbe criticare. Il sindacato col passare del tempo ha finito per somigliare troppo alla politica o meglio ai partiti politici, al loro linguaggio, al loro stile». E ancora. «La corruzione è entrata nel cuore di alcuni sindacalisti. Non lasciatevi bloccare da questo». I messaggi politici che ieri mattina sono partiti dal Vaticano non erano proprio subliminali. Francesco ha persino lanciato strali sulle scandalose le pensioni da capogiro che ricevono grand commis dello Stato, parlamentari, burocrati di alto livello, banchieri ed ex magistrati. «Le pensioni d'oro sono una offesa verso Dio», uno scandalo, tanto quanto le pensioni da fame, di poche centinaia di euro al mese, incapaci di garantire un sostegno decoroso a tanti anziani. Ne sanno qualcosa i volontari alle mense della Caritas. Ma il cuore della preoccupazione papale resta la progressiva trasformazione del lavoro in qualcosa di disumano. «Persona e lavoro sono due parole che possono e devono stare insieme. Se pensiamo e diciamo il lavoro senza la persona, il lavoro finisce dimenticare le persone e smarrire sé stesso. Ma se pensiamo la persona senza lavoro, diciamo qualcosa di parziale, di incompleto, perché la persona si realizza in pienezza quando diventa lavoratore; perché l'individuo si fa persona quando si apre agli altri, alla vita sociale, quando fiorisce nel lavoro» che è «la forma più comune di cooperazione che l'umanità abbia generato nella sua storia».

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