|
|
|
Pescara, 24/11/2024
Visitatore n. 740.946
|
|
|
|
|
|
07/07/2017
Il Messaggero
|
Roma in tilt, Milano si salva. Scioperi, rimpallo sulla legge. L'assedio delle mini sigle che insultano gli utenti |
|
ROMA Non è stato sufficiente il calvario di ieri dei romani, a quaranta gradi all'ombra, per raggiungere il posto di lavoro o tornare a casa senza metro e bus? Tranquilli. Tra dieci giorni è possibile la replica, uno dei tanti leader dei mini sindacati di Atac fa sapere che ci sarà un altro giorno di sciopero del trasporto pubblico e la proclamazione potrebbe avvenire già oggi. SENZA TREGUA Non c'è pace neppure d'estate. Con un'aggravante: lo sciopero di ieri era nazionale, ma anche in questo caso si è visto che esistono due Italie: Milano, ad esempio, ha retto l'urto della protesta, con disagi limitati e fisiologici. Roma, al contrario, è andata nel panico, con le linee della metropolitana ferme, i bus scomparsi al 90 per cento, i cittadini disperati costretti a prendere la macchina e a consegnarsi agli ingorghi su alcune delle arterie principali che inevitabilmente si sono intasate. Alla stazione Termini file di centinaia di persone in attesa di taxi super richiesti visto che la metro era chiusa. Tutto questo è avvenuto a causa di uno sciopero proclamato da alcune sigle minori (Sul, Usb e Faisa Confail) e che arriva dopo che il 26 giugno il ministro aveva deciso la precettazione. A fine luglio inizierà la fase in cui non si potranno calendarizzare scioperi: visto che devono trascorrere almeno dieci giorni tra una astensione dal lavoro e l'altra, c'è dunque il tempo per un altro stop del trasporto pubblico locale. Di fronte alla frantumazione delle sigle sindacali, si è arenato il dibattito sulla proposta di fare precedere lo svolgimento di uno sciopero da un referendum preventivo. Il ministro dei Trasporti, Graziano Delrio, ha detto che una nuova legge dipende dal Parlamento. Tra le proposte in discussione, ci sono quelle di Ichino e Sacconi: se a proclamare uno sciopero sono sigle sindacali minoritarie, allora serve prima una consultazione dei lavoratori interessati. Il presidente della Commissione di garanzia sugli scioperi, Giuseppe Santoro Passarelli, ha un'altra opinione: «La formula del referendum preventivo secondo me rischia di essere troppo macchinosa e di non risolvere il problema. Servirebbe un intervento del legislatore che limitasse la possibilità di indire uno sciopero soltanto alle organizzazioni sindacali che hanno una certa rappresentatività, diciamo del 20 per cento, misurabile oggettivamente, non semplicemente dichiarata. Questo porterebbe le sigle ad accorparsi e dunque a semplificare il quadro». PROTESTE E mentre si discute, romani e turisti sono stati condannati ad attese e lunghe camminate sotto il sole, a differenza delle altre città italiane dove i disagi sono stati più limitati. Centinaia di romani si sono sfogati sui social network e perfino sulla pagina Facebook di una sindacalista ormai popolare, Micaela Quintavalle. «Lavoro in centro, sono riuscito ad arrivare a piazzale Flaminio ma di lì è stato il delirio - racconta un pendolare - con la metropolitana chiusa, è passato solo un bus strapieno, era impossibile salire. Dopo di che più nulla, sono stato costretto a camminare due chilometri per raggiungere il posto di lavoro». «Questi di Atac che scioperano - è la frase più ricorrente in un popolo di pendolari composto in buona parte da precari - non si rendono conto che il mondo è cambiato: hanno un posto fisso e uno stipendio sicuro e penalizzano noi che magari abbiamo contratti di pochi mesi e stipendi che non sono paragonabili ai loro». La beffa finale per i romani era rappresentata dalle notizie che arrivavano dalle altre città, a partire da Milano, dove l'azienda dei trasporti, Atm, ha spiegato: «La circolazione è regolare, sia per quanto riguarda le linee della metropolitana che per quanto riguarda le linee di tram e bus».
L'assedio delle mini sigle che insultano gli utenti
ROMA Al mio segnale, scatenate l'inferno. Ed ecco che, puntuale come un orologio svizzero, l'adesione all'ennesimo sciopero diventa bulgara e si va tutti a piedi. E se protesti perché l'autobus non passa o la metro è ferma ti becchi anche il «vergogna» dei social agitatori di professione. Le dodici sigle sindacali che governano Atac, gran parte delle quali hanno gli stessi iscritti di un palazzo di un condominio romano, ormai conoscono le tecniche di guerriglia urbana alla perfezione. Sanno come mandare in tilt il sistema dei trasporti: una rete di 1.300 chilometri fragilissima. Esempio: basta che scioperino due dipendenti dei tre che si occupano del centro di controllo delle metro A e B per bloccare i treni della Capitale. Spesso, inoltre, si crea anche un altro meccanismo tutto romano: la mobilitazione viene lanciata da una piccola sigla, poi per osmosi l'epidemia contagia il resto dei dipendenti. I CONTI Atac, la municipalizzata del Comune di Roma che balla sul baratro del default, paga ogni mese circa 11mila stipendi. Ci sono sindacati autonomi - è il caso Faisa-Confail e Cambiamenti - che insieme non raccolgono 800 iscritti. Sono i più agguerriti, i primi a scatenare il famoso segnale, subito seguiti a ruota (solo metaforica) da tutti gli altri. E chi non si ferma è perduto. Perché a Roma una vertenza nazionale blocca tutto e a Milano, per lo stesso tema, no? Chi ha ricoperto incarichi di estrema responsabilità in Atac fino a poco tempo fa la racconta così: «Senso civico che manca». Un tic, figlio di un lassismo che si perpetua da anni e che supera in maniera bipartisan i colori politici. Non c'è da stupirsi se tra i vari esposti che l'ex direttore generale Marco Rettighieri portò in Procura ce n'è anche uno sui distacchi sindacali: nel 2015 furono concesse 111.664 ore di «agibilità sindacali», ben 11.283 più di quelle a disposizione. La lunga premessa serve a inquadrare un fenomeno che i romani conoscono solo nell'effetto pratico. Tra rassegnazione e rabbia. LA SVOLTA Qualcosa però grazie alla rete è cambiato: ieri la pasionaria del sindacato Cambiamenti, una falange di 400 persone suppergiù, ha fatto i conti con la rivolta dei cittadini. Micaela Quintavalle è un'autista abituata a grandi arringhe su Facebook, fenomeno esploso un anno fa in campagna elettorale con il tifo per il M5S. Ma ieri mattina si è trovata a rispondere alle critiche degli utenti appiedati. Una pioggia di messaggi e di lamentele di chi si trovava sotto il sole per colpa della protesta. A cui lei, la sindacalista, ha risposto così: «Leggere i vostri commenti è molto triste, dovreste vergognarvi e lo dico con tutto l amore che ho per i cittadini». Per difendere il suo diritto davanti a quello enorme della collettività della Capita d'Italia, sempre la sindacalista-star ha anche aggiunto: «Vi augurate che ci licenzino ed ignorate che lavoriamo in condizioni di sicurezza zero... Con i bioritmi sconvolti... Con la schiena a pezzi e mancano solo stupro ed omicidio agli atti». Una difesa surreale che ha allontanato sempre di più loro, «i cittadini» che in giornate così «devono svegliarsi prima» da lei, casta per un giorno del mini-sindacato che esercita un potere di veto personale ma impattante su tutto. Una vicenda surreale a margine di una giornata pazzesca per la Capitale. Per la cronaca ieri l'ennesimo sciopero è costato ad Atac tra mancati introiti dei biglietti, costi da ammortizzare per gli autobus fermi e assicurazione del parco mezzi che continua a scorrere ugualmente, circa 800mila euro. Non male per un'azienda che balla sul baratro del fallimento. Dove i sindacalisti con un pugno di iscritti insultano gli utenti, che intanto rimangono a piedi in un remake del celebre Alberto Sordi con pernacchia e sberleffo i lavoratori.
|
|
|
|
|