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Pescara, 24/07/2024
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Data: 08/07/2017
Testata giornalistica: Il Messaggero
Migranti, stretta di Renzi «Serve il numero chiuso aiutiamoli a casa loro». Il 67% degli italiani vuole lo stop totale agli sbarchi

ROMA Numero chiuso sugli immigrati. Non si può accoglierli tutti. Basta con la logica buonista. Il tutto accompagnato da un pre ultimatum ad altri Paesi della Ue che si rifiutano di accogliere nei loro porti. A concludere il quadro, la rivendicazione della legge sullo ius soli, «norma di civiltà, da sostenere e approvare».
E' la nuova linea di Matteo Renzi in materia di immigrazione. Una vera e propria svolta, annunciata da qualche tempo sia dalla condotta di Marco Minniti sia dalle stesse parole del leader, su una materia destinata a segnare la campagna elettorale prossima ventura, e forse anche le altre. La svolta avviene a tappe. In mattinata a Ore 9, la rassegna stampa che i dirigenti dem tengono a turno, Renzi approfitta della lettura dei giornali per lanciare il primo messaggio: davanti alle notizie dei pochi passi ottenuti al vertice di Tallin, e alla conferma che altri Paesi non apriranno i loro porti, Renzi avverte: «Loro chiudono i porti e non accolgono migranti? E noi chiudiamo i rubinetti, non diamo più i fondi». Renzi ha anche criticato Berlusconi e Letta per aver accettato i due regolamenti di Dublino, nel 2003 e nel 2013 che obbligano il paese europeo che accoglie i migranti a tenerli. Secondo la deputata forzista Laura Ravetto, presidente del Comitato Schengen: «La responsabilità di tutto è della missione Triton voluta da Renzi».
Ma non è ancora niente. Appare su Democratica, il giornale che ha sostituito l'Unità, l'anticipazione di Avanti, il nuovo libro di Renzi di prossima uscita, dove l'intera questione viene sistematizzata, spiegata, illustrata e inquadrata. «Dobbiamo uscire dalla logica buonista e terzomondista per cui noi abbiamo il dovere di accogliere tutti quelli che stanno peggio di noi. Se qualcuno rischia di affogare in mare, è ovvio che noi abbiamo il dovere di salvarlo. Ma non possiamo accoglierli tutti noi, dobbiamo liberarci da una sorta di complesso di colpa, non abbiamo il dovere morale di accogliere in Italia tutte le persone che stanno peggio».
L'ACQUA AL MULINO E ci scappa pure l'errore, l'incidente comunicativo che non avresti voluto e che ti obbliga a una frettolosa retromarcia.
Sul profilo facebook del Pd compare un post, un manifesto a firma Matteo Renzi dove, dopo aver riportato a mo' di slogan il concetto che «non si può accogliere tutti», si aggiunge: «Abbiamo il dovere morale di aiutarli. E di aiutarli davvero a casa loro». Apriti cielo. «Ma quello è lo slogan con il quale Salvini gira tv e talk show da tempo», subito puntano il dito dentro e fuori dal Pd, con la Pollastrini che di nuovo si sente fuori casa, «frasi incompatibili con la cultura del Pd», bacchetta, mentre Arturo Scotto da sinistra sostiene che il Pd renziano «rincorre la destra sul suo terreno».
Si fa sentire anche Salvini, che tira l'acqua al mulino: «Se quelle cose le dico io, sono razzista, ma se le dice Renzi?». Fatto sta che, di lì a poco, la frase incriminata sull'«aiutiamoli a casa loro» scompare dal post, provocando ovviamente risolini e ritorni polemici, e costringendo Renzi a tornare sul tema e a spiegare il senso: «Aiutiamoli a casa loro non è retorica, ma un progetto articolato, complessivo, un piano per l'Africa, la battaglia per i fondi europei, cambiare il regolamento di Dublino che risale al 2003, la necessità di salvare tutti ma l'impossibilità di accoglierli tutti in una sola nazione».
Una linea anticipata e approvata dal governo, con Paolo Gentiloni che dal G20 avverte: «Non ci può essere una capacità illimitata all'accoglienza». L'Italia ha una capacità di 200 mila posti per accogliere migranti, oltre, e molto oltre, scatta l'allarme, il codice rosso, l'emergenza. Sarebbe in effetti una questione da unità nazionale, ma al contrario rinfocola lo scontro tra quelli che si apprestano a essere i protagonisti dello scontro elettorale: Renzi-Grillo-Salvini.
Con gli ultimi due a presentarsi come i difensori del suolo patrio, e il primo indicato come colui che lo svende aprendo le porte a chiunque. L'emergenza migranti costringe tutti a cambiare registro.


Il 67% degli italiani vuole lo stop totale agli sbarchi

La maggioranza degli italiani è favorevole a blocco totale degli ingressi degli immigrati. In un anno il sentiment dell'opinione pubblica verso i migranti si è inasprito e ha assunto toni e atteggiamenti sempre più ansiosi, con tratti di apprensione e rabbia.
Nel settembre del 2016, poco meno di un anno fa, il 43% degli italiani riteneva necessario accogliere e smistare i migranti che giungevano sulle nostre coste. Oggi siamo scesi al 33% (-10 punti), mentre il 67% delle persone (erano il 57% un anno fa) si suddivide tra i fautori del blocco degli sbarchi (45%) e i sostenitori del rimpatrio immediato (22%). Sostenitori dello stop agli sbarchi sono il 96% degli elettori della Leganord, il 70% dei pentastellati, il 79% dei berlusconiani, ma anche il 52% degli elettori del Pd e il 62% degli indecisi. La contrarietà alle azioni di accoglienza e smistamento va di pari passo con l'ampio sostegno alle ipotesi di blocco navale nel Mediterraneo

L'AVVERSIONE Anche in questo caso il quadro è in evoluzione e, da aprile 2017 a oggi, i fautori del blocco navale sono lievitati dal 59% al 61%. Complessivamente, nel corso dell'ultimo anno, il sentimento di avversione verso i flussi migratori ha mutato d'intensità. Oggi, la maggioranza dell'opinione pubblica, è schiarata su posizioni favorevoli allo stop totale dei flussi (54%), con un salto di sei punti rispetto a gennaio 2017 (era al 48%). Schierati su ipotesi draconiane sono il 91% degli elettori di Salvini, il 67% di quelli di Berlusconi e il 64% dei grillini. Meno propensi a una politica di totale chiusura restano gli elettori del Pd, nelle cui fila le soluzioni serranti raccolgono comunque il 33% dei consensi.
Il mutamento di sentiment verso i migranti è un percorso avviato da anni, ma oggi sta vivendo una nuova accelerazione. Agli inizi del nuovo secolo, nel 2002 (59%) e nel 2003 (64%), la maggioranza degli italiani riteneva gli immigrati una risorsa per il nostro Paese. Il dato, con varie oscillazioni, è rimasto tale fino al 2012 (56%). Da allora è iniziato il processo d'inversione di tendenza.

RISORSA O DANNO Nel 2013 il Paese si trova spaccato in due, tra quanti ritenevano i migranti una risorsa (50%) e quanti un danno (50%). Nel 2016 gli atteggiamenti positivi sono scesi al 44%, per arrivare a poco più di un terzo nel luglio 2017 (35%). Da un punto di vista politico le posizioni sono nette. Gli elettori leghisti (91%), ma anche quelli forzisti (79%) e grillini (67%), pur con gradazioni differenti, avvertono nei flussi migratori un pericolo.
L'elettore medio del Pd resta faticosamente un po' più aperturista, ma ormai anche il 44% degli elettori renziani avverte l'immigrazione come un rischio. Dal 2000 a oggi è lievitata, inoltre, la quota delle persone che coniuga la presenza degli immigrati con l'aumento della criminalità. All'alba del nuovo secolo il 38% degli italiani sosteneva tale connubio immigrazione-criminalità. Negli anni seguenti, fra il 2004 e il 2009, tale associazione si è infragilita (35%) per poi risalire progressivamente fino al 43% di oggi. La correlazione tra immigrazione e criminalità è sostenuta in modo differente dai diversi elettorati. Non hanno dubbi gli elettori di Salvini (84%), mentre più cauta appare la base berlusconiana (58%) e quella pentastellata (44%). Gli elettori del Pd, invece, si collocano su posizioni di maggior rifiuto del connubio tra la presenza degli immigrati e l'aumento della criminalità (21%).

IL CETO MEDIO Le pulsioni serranti, le simpatie per ricette dure e semplificatorie, stanno trovando terreno fertile ed espansivo nelle classi medio-basse, nel ceto medio colpito dalla crisi e infragilito nella sua identità sociale, nelle terre economicamente martoriate del Sud e delle Isole. Il tema immigrazione è stato sottovalutato dai governi europei ed è stato affrontato, fino ad ora, con una logica emergenziale. Oggi questo tema non può più far parte delle seconde fila dell'agenda europea, ma deve diventare un ambito strategico, in cui sperimentare una nuova visione di società e sviluppo.

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