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Pescara, 24/07/2024
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Data: 09/07/2017
Testata giornalistica: Il Messaggero
Di Pangrazio: «È l'ora di mettersi in gioco»

L'AQUILA «Non sono legato alla poltrona di presidente. Se la mia maggioranza mi dovesse chiamare, per fare un ragionamento diverso, sarò il primo ad agevolare una soluzione per mantenere in piedi un governo utile alla collettività. A fronte di questo come si può giustificare un consigliere di maggioranza che contesta e non lascia la sua poltrona?». E' «a disposizione» la poltrona di presidente del Consiglio regionale, occupata da Giuseppe Di Pangrazio. E' a disposizione qualora, in un ragionamento più complessivo, dovesse servire a garantire l'equilibrio della maggioranza. Lo dice egli stesso al Messaggero nella quale, pur non citandoli mai direttamente, fa esplicito riferimento anche alle fibrillazioni provocate dai cosiddetti dissidenti (Gerosolimo, Di Matteo e Olivieri): «Per me è un onore rappresentare la Regione, ma con grande distacco rispetto al ruolo che rivesto spiega Di Pangrazio Dovrebbe essere così a maggior ragione chi è seduto su altre poltrone e diserta anche le sedute del Consiglio».
Presidente, partiamo dai risvolti del voto. Che effetti produrrà?
«Non c'è stato un risultato positivo per le nostre coalizioni, spesso intrise anche di liste civiche. Immaginiamo che fossero state composte da tutte le forze di maggioranza che oggi siedono in Consiglio regionale: avremmo vinto ovunque, ad Avezzano, all'Aquila e ad Ortona. Se alcune componenti non avessero creato delle fratture il risultato sarebbe stato opposto. Sui livelli territoriali non sono state trovate le giuste motivazioni per stare insieme. Oggi parleremmo di cose diverse».
Perché non è accaduto?
«Per diverse ragioni. Perché c'è chi pensa che bisogna andare oltre l'attuale coalizione governativa regionale, oltre i riferimenti attuali. Non c'è stata una riflessione attenta da parte di tutte le componenti del governo regionale. Non riesco a trovare, però, una motivazione vera e reale per spiegare il perché dei mancati accordi. Non ci sono stati momenti di rottura veri con le città in questione».
Rotture no, ma molte fibrillazioni sì.
«Le fibrillazioni sono giustificabili con la concorrenzialità a fare di più, soprattutto sui territori. Più faccio più consenso posso ottenere, questa può essere la linea. Le elezioni, però, hanno dimostrato che può non accadere questo: le cose fatte all'Aquila e ad Avezzano sono sotto gli occhi di tutti, ma non hanno prodotto il risultato sperato. L'Aquila sconta ancora disagi e difficoltà, ma Avezzano ha cambiato volto, è una oggettività. C'è chi pensa a distinguersi, a fare di più, a ottenere maggiori consensi. Ma nell'economia di un governo regionale questo è penalizzante: in politica non tutto si assorbe in un giorno».
Cosa potrà accadere, alla luce di questo?
«Una sintesi regionale dovrà essere fatta prima o poi».
In che modo?
«Intorno a qualcosa. Se non ci sono state le condizioni per stare insieme dieci giorni fa, mi sembra difficile possa accadere tra tre, quattro, cinque mesi. Serve un elemento attorno a cui coalizzarsi: secondo me l'elemento è incarnato dalle cose da fare per la regione».
Spieghi nel dettaglio cosa significa.
«Nessuno può pensare di interrompere anzitempo la consiliatura senza motivazioni vere. Non si può dire stacco la spina perché ho già pronte le liste e domani ti posso sopraffare nei consensi. Allora tutto va ricondotto al lavoro istituzionale. Dobbiamo trovare elementi attorno a cui riassorbire tutto ciò che è accaduto nei comuni in cui si è perso. Tra questi: accelerare i flussi di spesa comunitari e quelli del Patto per l'Abruzzo, che può sviluppare centinaia di milioni di euro. Significa ammodernare, migliorare la qualità delle acque, creare occupazione, far lavorare le imprese abruzzesi. La seconda questione è accelerare la strategia di alleanza con le altre regioni. Non possiamo limitarci solo a quelle confinanti: dobbiamo pensare in termini di macro-regione in chiave europea e per questo vanno coinvolti la Campania, il Lazio, il Molise, le Marche, l'Umbria e la Puglia. Questa è la nostra macro-regione. Le potenzialità di questo discorso sono enormi».
Quali sono gli altri temi? La sanità per esempio?
«Sono in totale accordo con il percorso intrapreso dall'assessore Paolucci, che non va assolutamente intralciato. Abbiamo pagato un prezzo alto con il risanamento, ma ora va fatta una strategia che consenta di migliorare la qualità dei servizi a costi contenuti. Rafforzare le scelte del passato, ma andando oltre, potenziando la sanità sui territori e facendo scelte lungimiranti».
Due ospedali di secondo livello, dunque?
«Non è questo il tema. Possiamo fare uno, due, tre ospedali di secondo livello. Ai cittadini questo interessa poco. Dobbiamo alzare la qualità dei servizi, ottimizzando la spesa. Serve più assistenza sui territori, questo è indubbio. Sugli ospedali è preferibile avere alte specializzazioni, anche se bisogna spostarsi. Partire dalle funzioni, prima che dalle strutture e dalle sedi fisiche».
Sulla questione dei conti c'è un allarme reale.
«La vicenda dei rendiconti è prioritaria. Arriva dal passato, ma ora la Regione dovrà concentrarsi con il massimo impegno e rispettare le indicazioni dei giudici contabili. Altrimenti ci sarà un blocco delle attività».
Obiezione: i cosiddetti dissidenti già avevano proposto un'agenda politica.
«C'era la richiesta di partecipare al governo regionale direttamente ed è stato fatto. C'era l'esigenza di deleghe speciali per lavorare ed è stato fatto. Io ritengo che un paniere minimo possa concentrare le ragioni dello stare insieme. Allora si potrà guardare al futuro con più fiducia».
Esiste una questione Pd in Abruzzo?
«Esiste una questione Pd nazionale che nonostante le scelte fatte non viene percepito bene, sembra quasi un brand negativo. Va rivisto qualcosa, ma il civismo non è la giusta risposta».

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