PALERMO «È l'ultima chance che abbiamo, non tornerò più a nuoto». Cinque anni fa Beppe Grillo attraversava lo stretto di Messina a nuoto. Ieri sul palco di Castello a mare di Palermo Grillo ha affidato un'altra grande impresa, conquistare la Sicilia, a Giancarlo Cancelleri, tappa elettorale che il M5S immagina come il preludio a palazzo Chigi. Ma per raggiungere il traguardo stavolta servono le bracciate, e voti trasversalissimi. Si ragiona di questo nell'hotel palermitano che accoglie tutto lo stato maggiore del M5S al completo. Ci sono Davide Casaleggio che si reca al Castello a mare direttamente con Giancarlo Cancelleri che già lo aveva accolto in aeroporto. Sarà lui, questo ragioniere quarantaduenne di Caltanissetta, il candidato presidente del M5S alle prossime elezioni regionali. C'è Beppe Grillo e poi Luigi Di Maio, appunto, in giacca, cravatta e jeans e in modalità maratoneta verso Palazzo Chigi: «Se vinciamo qui in Sicilia, nel 2018 vinciamo le politiche», avverte, e sul palco lancia la «fase2» con il nuovo claim moderatissimo: «Ci candidiamo per mettere a posto le cose».
Con lui ci sono gli immancabili Alfonso Bonafede e Riccardo Fraccaro. Altre presenze satellite saranno la senatrice catanese Nunzia Catalfo, la deputata palermitana Giulia Grillo e, direttamente da Genova, la consigliera Alice Salvatore la cui esperienza alla regia delle ultime amministrative (definita da molti fallimentare: c'erano norme severissime taglia-correnti che hanno avuto l'unico didastroso effetto di produrre tre candidati diversi provenienti dallo stesso incubatore pentastellato) nel capoluogo ligure si è rivelata molto utile per correggere il tiro organizzativo delle primarie interne del M5S che stavolta, in Sicilia, non aveva praticamente paletti.
TUTTI DENTRO «Tutti dentro, abbiamo lasciato porte aperte, poteva candidarsi chiunque», dice un fedelissimo di Cancelleri che macina solchi avanti e indietro nella hall dell'albergo mentre si aspetta il battesimo dei clic che a giudicare dal volto rilassato di Cancelleri non avrà sorprese. E proprio in quel «Poteva candidarsi chiunque» c'è la chiave di volta della nuova strategia pentastellata. «È dalla Sicilia che sono partite le più grandi rivoluzioni in Italia», dice Di Maio dal palco di Palermo dove svettano le bandiere del M5S e quelle civiche della Sicilia. «La Sicilia è un paradosso - dice Grillo a sua volta - come l'Italia, è colta e incolta, se non si fanno le cose qua difficilmente possiamo farle nel continente... Questa è l'ultima chance che abbiamo, io non tornerò più a nuoto». E gigioneggia: «Sono l'unico che con la politica ci ha rimesso, Di Maio prende più di me». Sul blog intanto si annuncia il candidato presidente alla Regione e la lista dei candidati deputati regionali definiti «gente straordinariamente normale».
A sfidarsi nella corsa alla presidenza erano in nove, segno che si è andati alla conta di tutte le correnti, proprio tutte: dissidenti, nutiani (vicini a Riccardo Nuti, il deputato sospeso e trasferito al gruppo misto perchè indagato per il caso firme false e che qui a Palermo ha ancora un meetup di riferimento: il Grillo), c'era addirittura un attivista originario del Niger poco in linea con la linea anti migranti sposata dal M5S sensibilissimo e contrario ai due nuovi Hot spot per stranieri annunciati a Palermo e ad Augusta.
FANTOZZI Di Maio dopo Palermo andrà a Ventimiglia e incontrerà i vertici della'agenzia Europea Frontex che monitora gli sbarchi. «Visiterò un campo profughi che c'è lì a causa dei respingimenti che ha fatto l'europeista Macron», attacca Di Maio secondo il quale Paolo Gentiloni e Marco Minniti ai tavoli Ue sono stati protagonisti di «scene fantozziane. Sono andati per chiedere aiuto e tornati con i compiti a casa». È, insomma, sul tema migranti che M5S si vuol giocare una fetta importante della sua campagna, in Sicilia e in Italia.
Non mancano, anche stavolta, le polemiche sulla procedura delle votazioni, a cominciare dal vincitore annunciato a votazioni ancora in corso. Mauro Giulivi, vicinissimo a una deputata M5S palermitana in rotta coi vertici dopo il caso firme è un attivista escluso dalla consultazione online e annuncia battaglia legale. Monica Modica invece è un'altra esponente uscita perdente dalle Regionarie e sta chiedendo che vengano pubblicati i numeri delle preferenze.