ROMA Il riconoscimento del cosiddetto lavoro di cura è uno dei punti in agenda nella fase due della trattativa tra governo e sindacati in materia di previdenza. Si tratta in sostanza di dare peso all'impegno delle lavoratrici sul fronte domestico, in particolare nei confronti dei figli o degli anziani in famiglia. L'idea è condivisa e come per gli altri temi la riunione tecnica di ieri è servita a delineare alcune possibili soluzioni. Ci sarà poi un ulteriore approfondimento a livello tecnico ed entro fine mese un tavolo politico nel quale dovrebbero essere fatte le prime scelte.
Il governo invece ha preso tempo, con una posizione che per ora somiglia ad un no, sulla richiesta fatta preliminarmente da Cgil, Cisl e Uil: ovvero rinviare il passaggio a 67 anni dell'età pensionabile, che potrebbe scattare nel 2019. La motivazione addotta è che bisogna attendere le cifre definitive dell'Istat sull'incremento dell'aspettativa di vita, previste per l'autunno. In realtà i dati provvisori suggeriscono un innalzamento di cinque mesi dei requisiti, e difficilmente l'esito finale potrà essere molto diverso. Ieri si sono espressi insieme per un rinvio anche Cesare Damiano e Maurizio Sacconi, presidenti delle commissioni Lavoro di Camera e Senato, nonché ex ministri: il primo milita nel Pd, il secondo in Energie per l'Italia.
LE SOLUZIONI Quanto al lavoro di cura, sono state prese in considerazione soluzioni diverse. La prima prevede per le lavoratrici una sorta di corsia preferenziale all'interno dell'Ape social (indennità che scatta a 63 anni per alcune categorie) con un requisito contributivo meno severo degli attuali 30 anni; la seconda strada è quella dei contributi figurativi, la terza passa per il potenziamento della norma già prevista dalla legge Dini all'interno del sistema contributivo, che concede alle lavoratrici madri uno sconto sul requisito di età di 4 mesi per ogni figlio fino ad un massimo di un anno.
Si è poi discusso di pensione di garanzia per i giovani (il governo dovrà perfezionare le stime su costi e platee); sempre a beneficio dei giovani è stata valutata la possibilità di rivedere il vincolo che nel sistema contributivo condiziona l'uscita ad un minimo di reddito (2,8 volte l'assegno sociale) limitando di fatto la flessibilità. C'è stato spazio anche per affrontare il capitolo previdenza complementare: il governo è apparso disponibile a meccanismi per favorire le adesioni, inclusa una riapertura del silenzio-assenso. Infine si è iniziato a parlare di una nuova formula per l'adeguamento all'inflazione delle pensioni in essere, tema che tornerà di attualità con la fine dell'andamento piatto dei prezzi.