ABRUZZO. Ben 19 mln di euro in tre anni, una gestione completamente opaca e gestita tra 4 mura e controllata dalla Regione che nomina i vertici.
Alla Saga dicono di essere trasparenti, di voler essere «più trasparenti degli obblighi di legge» poi però se arriva il consigliere regionale che chiede il piano industriale ti dicono no e magari ti canzonano e sperano nello stancheggio.
Nessuna novità in realtà se tutto questo accade alla Saga la società che gestisce l’aeroporto in perdita e che ha tenuto segreti e tiene segreti i contratti milionari che stipula con le compagnie aeree, che mette sotto chiave i verbali delle assemblee del cda, che avvia la caccia ai “traditori”, cioè quelli che contribuiscono a far emergere un minimo di verità da opporre alla dilagante propaganda, che odia e accusa senza alcun contegno chi racconta la verità.
Così Sara Marcozzi (M5s) scrive due righe per richiedere i piani industriali, quelli che giustificherebbero i milioni che il Consiglio regionale gira a Saga e che secondo la maggioranza di centrosinistra si starebbe rispettando.
Cioè la Saga starebbe rispettando obiettivi segreti (almeno dal 2014) e non c’è modo di verificare.
Il direttore generale Luca Ciarlini che risponde a Marcozzi esordisce con uno slogan: «la Saga ispira la sua condotta ai principi di trasparenza e di massimo rispetto delle prerogative di tutti i soggetti istituzionali» poi però arriva il.. però.
C’è bisogno di rispettare «le norme regionali» che sembra di capire prescrivano -secondo Ciarlini- che il diritto all’accesso sia comunque assicurato dalla Regione.
Insomma Ciarlini dice a Marcozzi: non è qui che devi bussare ma alla Regione, chiedi a loro.
A parte il rimpallo e le “istruzioni” che devono arrivare dalla Regione, a parte la scortesia istituzionale e la cattiva volontà (la cosa si poteva risolvere magari con una telefonata se davvero si voleva dimostrare la voglia di condividere…) la questione trasparenza è però tutta culturale e la si comprende bene ogni volta che il presidente Nicola Mattoscio parla: la Saga non è tenuta a pubblicare gli atti e quel poco che si trova sul sito è quasi una concessione.
Magari ha persino ragione il prof ma non si ravvisano indizi di una qualche evoluzione rispetto alle posizioni dei burocrati anni ‘90 o da Prima Repubblica.
E’ come se la Saga vivesse negli anni ‘70 con leggi e cultura ermi a 40 anni fa.
Non si ravvisa, infatti, da parte degli organi nominati di Saga la predisposizione ad essere controllati ad ogni azione nè si può evincere la consapevolezza di essere a servizio della collettività, cosa che peraltro Mattoscio fa formalmente gratuitamente, cioè rinunciando alla indennità prevista, chissà se rinunciando pure ai rimborsi spese che per il suo predecessore erano corposi, sostanziosi e naturalmente segreti.
Il risultato è che tutti i soldi pubblici che finiscono alla Saga vengono spesi e gestiti da 3 o 4 persone con l’avallo dei vertici politici pro tempore della Regione e tutto va bene.
Salvo poi scoprire fortuitamente dopo anni che la storia che tutti ci hanno raccontato era parzialmente o totalmente inventata.
Come nel caso della verifica ministeriale che ha evidenziato una lunga lista di anomalie gestionali anche gravi tutte sistemate -ci hanno detto- senza mostrare alcun documento.
E poi c’è la questione del bilancio in attivo: giusto il tempo di gioire che è arrivata la procura di Pescara a contestarlo, tanto tempestiva allora quanto ingessata e distratta oggi, ad oltre due anni dall’apertura dell’inchiesta.