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Pescara, 24/07/2024
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Data: 20/07/2017
Testata giornalistica: Il Messaggero
Tangenti sulla ricostruzione 10 ai domiciliari, 25 indagati. Incarichi a parenti e pioggia di varianti per aggirare i ribassi

L'AQUILA Mazzette in auto elargite al funzionario Mibact. E poi le risate, le ennesime intercettate, sugli affari che si sarebbero potuti fare con i lavori di puntellamento delle nuove zone flagellate dal terremoto del Centro Italia. Appalti pubblici della ricostruzione gestiti in maniera clientelare, attribuendo a parenti e amici incarichi professionali, alcuni su scelta dell'amministrazione pubblica, altri suggerendo i nomi alle ditte che svolgevano i lavori. Su questo, con accuse di reati a vario titolo dalla corruzione alla turbativa d'asta, dal falso all'abuso, si concentra la nuova indagine della Procura della Repubblica (pm Antonietta Picardi e Procuratore capo Michele Renzo) avviata dai carabinieri del Noe, costola di quella sull'appalto per la ricostruzione di palazzo Centi, sede della Giunta regionale, poi portata avanti dal Reparto operativo dell'Aquila (diretto dal tenente colonnello Andrea Ronchey) che ha aperto uno squarcio pesante su presunte condotte illecite di funzionari del Mibact (segretariato regionale) e ditte edili. Mazzette dietro l'assegnazione di gare d'appalto con ribassi particolarmente cospicui, recuperati poi attraverso il riconoscimento di varianti in corso d'opera; appalti riassegnati ad affidamento diretto o con procedure negoziate senza gara, oppure grazie a perizie di adeguamento dei prezzi, con un aumento talvolta anche raddoppiato rispetto all'importo iniziale dei lavori a base d'asta. Tutto ciò per aggirare le norme imposte dall'autorità anticorruzione.
IL MODUS OPERANDI
Il compenso per i funzionari si sarebbe concretizzato, secondo quanto ricostruito, attraverso l'affidamento di incarichi professionali a parenti o amici, le cui parcelle, peraltro, proporzionate al valore dei lavori, si arricchivano alla concessione di ciascuna variante, oppure attraverso l'elargizione di somme in denaro. Di rilievo la procedura inerente le opere di recupero e restauro del Teatro Comunale di L'Aquila, e della Torre medicea di Santo Stefano di Sessanio, i cui lavori sono attualmente in fase relativamente avanzata. Fulcro dell'attività corruttiva, secondo l'accusa, è Lionello Piccinini della segreteria regionale Mibact e Rup, membro insieme a Marcello Marchetti, anche lui indagato quale funzionario Mibact, dell'unità di crisi sul terremoto del Centro Italia. Particolare quest'ultimo che aveva allettato la ditta Internazionale (di Giuseppe Giustino e Leonardo Santoro) a mettere le mani sulla tragedia del centro Italia, non risparmiandosi grasse risate. Altra figura centrale è l'ex segretario generale del ministero dei Beni Culturali d'Abruzzo Berardino Di Vincenzo, (oggi consulente della Regione Abruzzo, nominato tra i saggi che hanno seguito il dossier del Masterplan per il Sud): ha messo a disposizione delle ditte il proprio aiutino dietro appalti di progettazione per il figlio Giancarlo, raggiunto dalla misura dell'interdittiva. I due sono stati già indagati lo scorso febbraio nell'ambito dell'inchiesta sugli appalti della Regione Abruzzo, in particolare per il filone della ricostruzione post-sisma di palazzo Centi. Nell'ordinanza di 180 pagine si evidenzia il potere del Di Vincenzo (nonostante fosse andato nel frattempo in pensione) nell'influenzare le sorti del Consorzio Sant'Emidio, stando ad una conversazione intercettata tra l'uomo e la moglie nella quale la metteva al corrente di aver partecipato ad una riunione con il vescovo Metropolita monsignor Giuseppe Petrocchi in cui ci sarebbe dovuto essere il vice presidente della Regione, Giovanni Lolli. Oggetto della riunione e della presenza dell'ex funzionario Mibact la possibilità per il Consorzio di poter accedere ai fondi Cipe. Nell'intercettazione è lo stesso Di Vincenzo ad ammettere di aver mantenuto altri incarichi nei cantieri della Basilica di Collemaggio, palazzo Ardinghelli, e chiesa di San Filippo. Corruzione infine contestata anche all'imprenditore Giampiero Fracassa, dell'omonima impresa, in relazione a una mazzetta per Piccinini e Di Vincenzo per l'appalto riguardante la ristrutturazione torre medicea di Santo Stefano di Sessanio. Sulla vicenda il Mibact ha aperto una inchiesta interna.


Incarichi a parenti e pioggia di varianti per aggirare i ribassi

L'AQUILA Gli appalti sono tanti e ognuno con una storia diversa. Ma c'è un fil rouge, come lo definiscono gli stessi inquirenti, che li unisce e che disegna uno scenario inquietante. Un vero e proprio sistema, articolato, oliato, con ruoli ben definiti. Un meccanismo certosino di gestione degli appalti, fatto di «accordi sceleri», in alcuni casi realmente corruttivi, con l'unico scopo di garantire benefici personali. Una catena in cui ogni anello riusciva a ritagliarsi uno spazio attraverso dazioni di denaro, false documentazioni, nomine di parenti e amici nei ruoli tecnici, gare truccate. Un'attività «melmosa» che getta ombre pesantissime sulla ricostruzione pubblica, divenuta bancomat per ditte, tecnici e per funzionari pubblici che avrebbero dovuto costituire il primo e più importante baluardo contro le illegalità.
Il «fil rouge», si diceva, unisce la gestione degli appalti con quello che un tempo era l'interesse privato in atti d'ufficio: gli attori principali sono i dipendenti del Mibact che sostanzialmente hanno trasformato la ricostruzione pubblica in privata. Hanno messo in piedi un'organizzazione che ruotava attorno alle procedure di varianti in corso d'opera: un modo, come si vedrà, per compensare i ribassi con i quali venivano vinte le gare d'appalto. I funzionari hanno rivestito alternativamente i ruoli di Rup (responsabili del procedimento) o direzione lavori, inserendo nei cantieri, d'accordo con le ditte compiacenti, figure amiche (persino parenti) da retribuire per ottenere, a loro volta, finanziamenti pubblici accresciuti dalle varianti in corso d'opera dopo essersi aggiudicati appalti con ribassi massimi. Perizie di variante (spesso assegnate ad affidamento diretto o senza gara) che normalmente aumentavano del 20-30% l'importo iniziale a base d'asta dei lavori. Aumenti che consentivano di accrescere anche i compensi per le cosiddette figure spia, inserite nei procedimenti con compiti di coordinamento della sicurezza progettuale ed esecutiva, a supporto di Rup e direttore lavori. Ma c'è di più: gli inquirenti hanno acclarato che per aggirare l'Anac, l'autorità anti corruzione, le perizie venivano concordate al di sotto del 20% dell'ammontare lavori, spacchettando l'importo senza obblighi di comunicazione. Il compenso per i funzionari pubblici, laddove non trasformato in dazioni, era rappresentato dal conferimento di incarichi a parenti e conoscenti. Con una conclusione ancora più inquietante: «Anche se il segretariato si legge nell'ordinanza è apparso il ganglio malato di tutta la ricostruzione pubblica dei beni architettonici della Regione Abruzzo, l'attività di indagine ha rivelato che a ciò si aggiunge un secondo anello (pubblico ma con interessi privati) molto vicino al potere centrale del Ministero dei Beni culturali che cerca in ogni modo di favorire questa o quella ditta di riferimento per l'affidamento di appalti».

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