Abruzzo. Le zozzerie dei bilanci regionali sono una bomba nucleare pronta ad esplodere
Mutuo da 100 mln e ok di Renzi, quando i dirigenti dicevano «non si può fare»
Ultima chiamata: la Corte dei Conti fa a pezzi la Regione: «ritardi, omissioni e violazioni reiterate»
La Corte dei Conti bastona la Regione: «anomalie» e mancata copertura 7 volte su 10
Sanità. Progetti obiettivo: 35 mln di euro vincolati ancora senza rendicontazione
ABRUZZO. Quella del bilancio regionale è la madre di tutte le battaglie, una specie di bomba nucleare dalla quale tutti vorrebbero stare lontani ed, invece, improvvisandosi artificieri, chi è al governo oggi è costretto a maneggiarla nell'intento di disinnescarla.
La deflagrazione è questione di inezie e di particolari che in questo caso sono i numeri contabili, le spese e gli incassi del maggiore ente pubblico in Abruzzo il quale, nel corso di oltre 10 anni, ha collezionato pasticci infiniti e una gestione confusionaria dei conti di cui non abbiamo ancora iniziato davvero a pagare le amarissime conseguenze.
Si tratta di mancanze e di violazioni di leggi di una gravità sproporzionata che probabilmente non sono state adeguatamente nè indicate nè sanzionate se si è arrivati a questo punto.
Se ci fosse stato un solo dirigente, un solo assessore che avesse avuto il coraggio di parlare e denunciare il sistema, oggi avremmo già iniziato il processo di guarigione.
«REGIONE SENZA TRADIZIONE DELLA CORRETTEZZA CONTABILE»
Per dirla con il linguaggio veterodemocristiano del presidente Luciano D'Alfonso suonerebbe così: «se avessimo avuto una tradizione amministrativa di coltivazione della correttezza contabile, non ci saremmo trovati in questa difficoltà. Noi, la impianteremo».
Il plurale maiestatis con buona approssimazione è da intendersi a quella sempre più odiata “casta” (la maiuscola è impropria) di chi è stato al potere della Regione comportandosi da sovrano e decidendo come, cosa e quando.
Ora i nodi vengono al pettine e le poltrone del potere risultano oltremodo scomode, perché chi vi è seduto oggi, oggi deve risolvere.
La cosa non sarebbe poi così ardua -anche se con enormi sacrifici- se si seguissero le vie ovvie e opportune; in Abruzzo, invece, c'è bisogno di inerpicarsi sul sentiero più pericoloso e senza barriere: quello che cerca di salvare capra e cavoli, di non pestare i piedi a nessuno e soprattutto di non individuare i responsabili a tutti i livelli, non per punirli ma perchè possano essere estromessi e a loro impedito ogni possibile tentazione di perseveranza.
IL RITORNELLO DELLA CORTE DEI CANTI
La Corte dei Conti negli ultimi anni alle periodiche verifiche ha trovato sempre impreparata la Regione e, per certi versi, anche inescusabilmente recidiva, e più volte ha dovuto ribadire che non esistono scuse per giustificare violazioni.
Nemmeno il famigerato vincolo di bilancio può essere una scusante per evitare di dare attuazione ai diritti essenziali della popolazione che sono tutelati dalla Costituzione (ad esempio la salute).
E’ invece sempre «onere dell'amministrazione regionale trovare all'interno del proprio bilancio le maglie per dare attuazione, prima, ai diritti essenziali e, dopo, eventualmente ad altre spese che non hanno lo stesso livello di esigenza sociale».
insomma dice la Corte: bisogna stringere la cinghia, tutto non si può fare, ma le priorità indicate sono chiare: prima i diritti fondamentali poi tutto il resto.
In questo scenario come è ovvio non possono essere contemplati sprechi di alcun genere.
Come si capisce non siamo di fronte a indicazioni sconvolgenti della Corte dei Conti ma a semplici principi di buona amministrazione, e cioè quello che in sostanza farebbe qualunque buon padre di famiglia.
SI MA ORA CHE SI FA?
Ma cosa fare ora rimane il problema principale.
Così il presidente D'Alfonso e l'assessore Silvio Paolucci hanno deciso di giocarsi tutto il loro charme politico con il ministro dell’economia Padoan al quale con molta probabilità hanno spiegato la situazione e magari anche indicato la via da percorrere: ricevere nuovi finanziamenti per finanziare la voragine e ottenere in via straordinaria un trattamento di favore per poter pagare a rate tutti i debiti,magari a 30 anni.
Di più non si sa perché i partecipanti non si sono prodigati ad un resoconto dettagliato dell’esito della riunione.
Intanto Sara Marcozzi del Movimento 5 Stelle ricorda la lettera inviata la settimana scorsa al presidente Gentiloni chiedendo il commissariamento della Regione Abruzzo.
Cosa che pare non avverrà, non tanto perché lo assicura lo stesso D'Alfonso, quanto per le enormi ripercussioni politiche che quest'atto tutto interno al Pd potrebbe avere a livello nazionale.
Insomma d’accordo i conti, i debiti e le magagne del passato ma darsi la zappa sui piedi (perché il Pd ha dimostrato in passato di avere una spiccata predisposizione) proprio no, non in questo caso.
L’INCERTEZZA DEI NUMERI E DEL DIRITTO
Il problema come detto più volte sta nella certezza dei numeri dei bilanci della Regione: quei numeri scritti lì non sono certi perchè nessuno sa con (certezza) quanto si deve incassare e quanto si è speso. Semplicisticamente sta qui tutto il dramma finanziario.
Il disavanzo strutturale accertato è fermo al 2012 e supera i 700 mln di euro a cui si dovranno aggiungere le somme del riaccertamento straordinario dei residui attivi e passivi. In sostanza non si sa ancora a quanto ammonta il disavanzo reale e, molto probabilmente, raggiungerà 1 miliardo di euro.
«La legge prevede che», spiega Sara Marcozzi, «il disavanzo strutturale possa essere ripianato dalle regioni dilazionandolo in massimo 10 anni. Se il disavanzo strutturale anche nel 2016 dovesse attestarsi intorno ai 700-800 milioni, per ripianarlo regione Abruzzo dovrebbe sborsare "comode" rate da 80 milioni di euro all’anno, assolutamente insostenibili per la nostra regione.
Relativamente al riaccertamento straordinario dei residui attivi e passivi, invece, il ripianamento potrà avvenire in 30 anni. Ad oggi purtroppo, né il governo Chiodi, né il governo D’Alfonso hanno mai proceduto ad alcun riaccertamento. Sappiamo che l’ammontare dei residui attivi (non ancora riaccertati) e iscritti a bilancio è pari a 2,4 miliardi di euro. I residui passivi (non ancora riaccertati) ammontano a 1,5 miliardi. E’ evidente che Chiodi e D’Alfonso hanno fallito su questo fronte».
Marcozzi poi spiega i punti fermi di questa enorme storia:
«- L’enorme debito accumulato dalla Regione è opera di coloro che si auto-definiscono “professionisti” ed “esperti” della politica.
- A questo debito, si aggiunge quello della sanità fatto dal governo di centro-sinistra a guida Del Turco, in parte già pagato con l’aumento delle tasse dai cittadini.
- La così detta "classe dirigente”, da Chiodi a D’Alfonso, non è stata in grado, in quasi 9 anni di governo di porre rimedio a questo disastro economico-finanziario».
Il fatto è che ora continuare a ricorrere ai trucchi non si può più perchè la Corte dei Conti ha scoperto tutto.
Niente più polvere sotto il tappeto o sbianchettamenti.
Qui c’è da disinnescare una bomba nucleare altrimenti non salteranno in aria solo loro.