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Pescara, 24/07/2024
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Data: 30/07/2017
Testata giornalistica: Il Messaggero
Dal commissario alla ricapitalizzazione la via stretta per evitare il fallimento di Atac. Raggi contro l'assessore: «Chi critica è fuori» E vuole querelare Renzi

ROMA A danzare sull'orlo del baratro è abituata. E anche a salvarsi con soluzioni creative. Il Comune negli anni gli ha trasferito immobili, sui quali la società ha acceso prestiti, che poi non è riuscita ad onorare e sono tornati in carico allo stesso Comune. Il penultimo sindaco dalla Capitale, Ignazio Marino, l'ha ricapitalizzata regalandogli 18 treni metropolitani acquistati dal Campidoglio. Ma questa volta per Atac la fantasia potrebbe essere arrivata al suo limite, e l'ultimo passo, quello verso il baratro, rischia seriamente di essere compiuto. Il mese scorso il consiglio dei ministri ha approvato definitivamente il decreto di riforma delle partecipate degli enti locali. Un testo che disciplina fin nei minimi dettagli la gestione delle crisi aziendali delle municipalizzate. La prima novità, non da poco, di quel testo, è che stabilisce che le società controllate dai Comuni possono fallire come tutte le altre. Prima non era così. Il salvataggio in extremis da parte dei sindaci, ma a carico dei cittadini, era sempre possibile. Ma se una municipalizzata è in crisi irreversibile e il Comune non vuole che fallisca, quali strade ha davanti? Poche. Sostanzialmente tre, e tutte molto complicate. La prima è quella che ha proposto alla sindaca di Roma Virginia Raggi l'ormai ex direttore generale Bruno Rota: il concordato preventivo.
LE RAGIONI DEL NO
Una via che, in realtà, aveva esplorato anche il suo predecessore Marco Rettighieri. Rota per un mese avrebbe partecipato a riunioni allargate con la sindaca e i suoi uomini di fiducia. Ma sulla proposta di concordato non sono mai stati fatti passi avanti. È il motivo principale per cui Rota ha lasciato. Si può immaginare che non sia facile per un'amministrazione percorrere questa strada. Con il concordato preventivo entra in campo un giudice che nomina un amministratore che, di fatto, sovrintende a tutta l'attività. E soprattutto si deve occupare di separare il debito, e Atac ne ha tanto, quasi 1,4 miliardi di euro, dalle attività ordinarie per poi cedere il patrimonio per soddisfare i creditori. Atac possiede ancora immobili e terreni di valore. L'idea di far gestire le vendite ad un commissario giudiziario potrebbe essere considerata da qualcuno un ostacolo.
Ma senza il concordato preventivo cosa resta? L'altra ipotesi contemplata dalle norme è quella della legge Marzano sulla crisi delle grandi imprese. Per intendersi quella usata nel caso dell'Alitalia. Politicamente sarebbe un disastro. Arriverebbe un commissario straordinario nominato dal ministro dello Sviluppo Economico, Carlo Calenda. Separerebbe subito il grano dal loglio, probabilmente con un costo sociale elevato in termini di esuberi. La situazione diverrebbe esplosiva.
LA TERZA VIA
La Raggi in realtà ha una terza via. Potrebbe anche ricapitalizzare Atac, o anticipare i soldi del contratto di programma, persino fornire garanzie del Comune per ottenere prestiti. Ma per farlo deve presentare un piano credibile di risanamento che entro tre anni riporti in bonis la società. Questo piano, spiegano le norme, deve essere sottoposto all'autorità di settore, che nel caso è quella dei Trasporti, e alla Corte dei conti. Ma soprattutto deve essere approvato con un decreto del Presidente del Consiglio su proposta del ministro dell'Economia e delle finanze. Tradotto significa che per battere questa strada la sindaca si vedrebbe costretta a bussare al governo per farsi autorizzare l'operazione. Quello che invece sarà difficile fare, è rimanere immobili di fronte alla crisi dell'Atac. È ancora una volta il decreto sulle partecipate a chiarirlo. Qualora emergano uno o più indicatori di crisi, dicono le norme, l'organo amministrativo della società deve adottare senza indugio i provvedimenti necessari al fine di prevenire l'aggravamento della crisi stessa, correggerne gli effetti ed eliminarne le cause. La mancata adozione di provvedimenti adeguati da parte degli amministratori, spiega il decreto, costituisce una grave irregolarità ai sensi dell'articolo 2409 del codice civile. Significa che i sindaci possono rivolgersi al tribunale, che può inviare un'ispezione nella società e in caso riscontri le irregolarità denunciate, commissariarla. Invertendo i fattori, alla fine, il risultato non cambia.

Raggi contro l'assessore: «Chi critica è fuori» E vuole querelare Renzi

ROMA Su Atac, l'azienda dei trasporti che non ha più un direttore generale e che dal prossimo mese rischia di non pagare gli stipendi, sta andando in scena l'ennesimo dramma della giunta Raggi e della crisi del Movimento 5 Stelle, tanto che la sindaca è costretta a lanciare un richiamo ai suoi, perfino a un fedelissimo come Andrea Mazzillo, che ora rischia il posto: «Stiamo tutti lavorando per questa città, dal sindaco fino al consigliere municipale. A tutti i componenti della mia squadra di consiglieri e di giunta dico infatti di non distrarsi dal lavoro alimentando sterili polemiche. Chi preferisce polemizzare si mette da solo fuori dalla squadra». Detta così suona appunto come un richiamo a Mazzillo, assessore al Bilancio, che ha dato segni di insofferenza su un quotidiano a causa delle decisioni calate da Milano. Dentro la giunta ormai c'è una guerra tra bande, perché presto andranno fatte nuove nomine e ogni assessore vuole coltivare il proprio orticello. All'esterno, le dichiarazioni dell'ex dg Bruno Rota, che pure era stato voluto e benedetto dalla Raggi, hanno l'effetto di un tornado, poiché ha fatto capire di avere ricevuto pressioni e raccomandazioni da uno dei consiglieri comunali M5S più in vista, Enrico Stefano. Così se la base è sempre più disorientata e delusa - o mente un uomo che la Raggi aveva presentato come il salvatore, o Stefano si è reso protagonista di pratiche non proprio in linea con il rinnovamento promesso da Grillo -, anche Matteo Renzi ieri ha trovato terreno fertilissimo per infierire. Ha detto il segretario Pd, nel corso della presentazione del suo libro sulla costiera amalfitana: «Nell'azienda dei trasporti di Roma i grillini, che dovevano fare la rivoluzione, invece fanno come gli altri, anzi peggio: raccomandando gli amici degli amici. Noi non prendiamo lezioni di moralità da quelli che hanno due morali». Poco dopo, Virginia Raggi è corsa ai ripari e soprattutto alla tastiera e su Facebook ha risposto: «Nessuno del Movimento 5 Stelle ha mai fatto raccomandazioni per amici, amici degli amici o parenti. Stefano si è sentito diffamato dalle affermazioni di Rota, riprese poi dal Pd, e lo ha querelato. «Le polemiche create dai giornali sono l'ultimo dei nostri interessi, ma se il segretario del Pd ci diffama è un'altra storia: Renzi sarà querelato e dovrà rendere conto delle sue parole». Per la verità le polemiche non sono state create dai giornali, le accuse sono state pronunciate da Rota, uno dei tanti uomini scelti dalla Raggi che poi se ne sono andati sbattendo la porta. La sindaca lo spiega in questo modo: «Rota ha dichiarato: Sono andato via perché pagavo un prezzo personale troppo alto, avevo dei rischi anche personali. Sono incensurato, voglio restare tale. Roma, e in particolare Atac, sono una sfida difficile da affrontare per chiunque. Capiamo le sue motivazioni in quanto manager, M5S invece ha il mandato dei cittadini e non può fermarsi dinanzi alle difficoltà, per quanto enormi siano».
VELENI
Ma se il problema fossero solo le polemiche con il Pd e Renzi, per la Raggi sarebbe una passeggiata di salute. A rovinare le sue giornate sono l'ennesima falla che si è creata in Atac con l'addio di Rota e soprattutto i rischi che sta correndo l'azienda con i suoi 12 mila dipendenti. Andrea Mazzillo, assessore al Bilancio, e fidatissimo della Raggi, sta dimostrando una certa insofferenza nei confronti di alcuni uomini che sono stati inviati da Casaleggio, a partire da Massimo Colomban, l'imprenditore veneto che doveva riorganizzare le partecipate. In parallelo cresce il malumore nei confronti del vicesindaco Luca Bergamo, mentre ieri Marcello De Vito era visibilmente irritato per essere stato additato come complice di Mazzillo in una sorta di congiura con la Raggi. Nel più classico dei grandi balli sul Titanic, mentre Atac affonda spesso i litigi interni sono legati alle poltrone ancora da riempire, con gli assessori che si contendono le nomine nelle società partecipate come Zetema, Agenzia per la mobilità e Risorse per Roma.

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