C'era qualcosa di confortante nelle precedenti statistiche dell’Istat sull’andamento del prodotto interno lordo. Infatti, dopo una prolungata crisi economica, il Pil dell’Abruzzo faceva registrare nel 2015 un aumento del 2,1%. Un segnale importante che indicava non solo la fine di un ciclo terribile di sacrifici e di disoccupazione, ma anche una inversione di tendenza.
Una significativa inversione di tendenza in grado di disegnare scenari nuovi e positivi negli anni futuri. I recenti dati pubblicati da Svimez cancellano in parte queste aspettative e ci restituiscono una regione ancora in mezzo al guado, in una fase di transizione tra stagnazione e crescita, decretando una diminuzione del Pil dello 0,2% a fine 2016, in controtendenza rispetto ai livelli espansivi dell'Italia e del mezzogiorno (0,9 % e 1%).E' difficile poter stabilire se il dato in questione sia frutto di un circoscritto andamento congiunturale, a causa, per esempio, degli eventi sismici che hanno rallentato la produzione o, viceversa, espressione di una difficoltà concreta della regione di riprendere il cammino della crescita. Trascurando i fattori extraeconomici, la prima riflessione da fare è che l'incertezza percepita dalle famiglie e dalle imprese frena un soddisfacente riavvio dei consumo e degli investimenti. Una seconda riflessione riguarda la lenta evoluzione del tanto atteso masterplan, con la conseguenza che gli investimenti pubblici sono venuti a mancare proprio in una fase in cui occorreva agganciare e consolidare la ripresa. Dall'altro lato l'elevato indebitamento della regione ha di fatto impedito che risorse pubbliche endogene potessero essere destinate allo sviluppo. Infine va sottolineata l'influenza esercitata dal mercato del lavoro, all'interno del quale convivono un elevato tasso di disoccupazione e una modesta incidenza dei contratti a tempo indeterminato sul totale delle assunzioni, tali da impedire la formazione di redditi adeguati e ridurre la sfiducia verso il futuro. Ancora oggi il lavoro appare svalutato e frammentato, con conseguenze negative sul piano produttivo, sociale e demografico. Sul piano produttivo perché si abbassa il reddito e la capacità di ripresa; sul piano sociale perché in Abruzzo circa un residente su cinque (21,7% ) è a rischio povertà; sul piano demografico a causa dell'aumento del tasso di invecchiamento. Ovviamente i fattori citati non sono una peculiarità della nostra regione, anche se alcuni di essi, per la loro elevata incidenza, producono effetti negativi non trascurabili sulla dinamica economica. Quanto rappresentato non deve indurre a pessimismo. Vuole soltanto sottolineare quanto sia errata la tendenza a considerare la crisi completamente superata e risolti i non pochi nodi strutturali. L'Abruzzo ha le carte in regola per mettersi in gioco. Lo testimoniano i dati sull'export, ampiamente positivi in un contesto globale sempre più competitivo, la distanza dagli aggregati macroeconomici del Mezzogiorno, la tenuta complessiva rispetto alla crisi (-7,2% nel periodo 2008-2014 contro il - 8,6% dell'Italia) e soprattutto il fatto di aver ridotto il divario di sviluppo con la media del paese in termini di Pil per abitante. C'è tuttavia bisogno di rilanciare una credibile strategia di sviluppo, di disegnare uno scenario che conduce alla crescita e di interventi da effettuare con rapidità. In primo luogo in materia creditizia. La crisi ha letteralmente modificato il panorama del sistema bancario abruzzese, facendo uscire di scena diverse banche locali operanti in zone e settori nevralgici del tessuto produttivo.Un cambiamento che, unitamente alle conseguenze della crisi, ha notevolmente rallentato il flusso dei finanziamenti verso le imprese di modeste dimensioni. La ripresa costante dell'attività di intermediazione rappresenta dunque un'esigenza improcrastinabile per la crescita dell'economia. In aggiunta l'istituzione delle Zone Economiche Speciali può consentire l'attrazione di nuovi investimenti esterni che, associati all'accelerazione degli investimenti pubblici previsti dal masterplan, possono contribuire all'innalzamento del Pil e dell'occupazione. Inoltre il sostegno alla nuova imprenditorialità giovanile e il piano Industria 4.0 sono strumenti in grado di configurare un sostanziale miglioramento dell'economia reale. Ci sono ampi spazi per un proficuo e credibile dibattito e per l'acquisizione di una maggiore e più alta consapevolezza sulle sorti dell'Abruzzo.
(*) economista