ROMA «Si cambia registro. Sono intervenuta personalmente per mettere fine alle polemiche e d'ora in poi non si tollerano deviazioni rispetto alle linea che ho tracciato» dice a fine serata la sindaca Virginia Raggi dopo aver rivoluzionato la linea di comando dell'azienda dei trasporti e messo in un angolo l'assessore al Bilancio ribelle. Paolo Simioni è il nuovo amministratore delegato di Atac, la giunta Raggi triplica le poltrone ma ancora non nomina un nuovo direttore generale. Per quindici anni, fino al 2016, si è occupato del Marco Polo, l'aeroporto di Venezia, visto che è stato amministratore delegato di Save, la società che gestisce lo scalo della città lagunare e quello di Treviso.
LE STRADE
Da ieri non dovrà più guardare al cielo, ma alle strade romane, nonché alle linee della metropolitana, visto che Simioni, 57 anni da Valdobbiadene provincia di Treviso, è stato scelto dalla giunta Raggi per svolgere la doppia funzione di amministratore delegato e presidente dell'Atac. Il cda è completato da Cristiano Ceresatto (capo staff partecipate Comune di Roma) e Angela Sansonetti (della Luiss).
Sarà lui a occuparsi del miliardo e trecento milioni di debiti, delle difficoltà nel pagare gli stipendi, dei fornitori che bussano alle porte, dell'ipotesi del concordato in continuità di cui ieri ha parlato anche il vicepresidente della Camera, Luigi Di Maio. Per Atac è l'ennesimo cambiamento, visto che dopo che il 21 luglio ha consegnato la lettera di dimissioni il direttore generale Bruno Rota, ieri è stato fatto fuori anche il presidente dell'azienda (scelto anche lui dalla Raggi), Manuel Fantasia. In una drammatica giunta comunale, riunitasi non solo sull'onda delle denunce e delle accuse di Rota, ma anche della rivolta poi parzialmente rientrata dell'assessore al Bilancio, Andrea Mazzillo, è stato deciso l'ennesimo giro di valzer. Aumentano le poltrone ad Atac, dove ora ci sarà un consiglio di amministrazione a tre, presieduto appunto da Simioni. Ma soprattutto finisce al tappeto Mazzillo, quasi umiliato: da giorni va ripetendo che a Roma non possono governare i pendolari mandati dai vertici nordisti del Movimento, a partire dall'assessore alle Partecipate, il trevigiano Massimo Colomban. Bene, ieri pomeriggio è stato messo a capo dell'Atac un altro trevigiano e soprattutto l'uomo di fiducia di Colomban, il manager che a novembre aveva chiamato a Roma per riorganizzare le aziende partecipate, con un ricco contratto da 240mila euro all'anno e una formula anomala che spalmava il costo tra Acea, Ama e Atac. E proprio nel giorno in cui sul Messaggero Mazzillo ripeteva «basta con i pendolari, Roma va governata da chi vive a Roma», l'azienda più importante e la pratica più rovente sono state affidate al manager veneto benedetto proprio da Colomban. E se così si completa il «fronte del nord» nelle municipalizzate romane (Ama è guidata da un emiliano, Acea da un ligure, ora Atac da un veneto), la scelta di Simioni può avere anche un'altra chiave di lettura: oltre che negli aeroporti veneti, il manager ha anche lavorato per Centostazioni e dunque per il gruppo Ferrovie dello Stato, per cui ci sono già i retroscenisti al lavoro nel pronosticare che il prossimo partner industriale della disastrata Atac possa essere Busitalia, società del gruppo Fs. Appare evidente che Colomban, che pure aveva detto di essere pronto ad andarsene a settembre, continui a godere di fiducia incondizionata di Casaleggio e dunque la sindaca Virginia Raggi si è affidata completamente alla tutela lombardo-veneta.
POSTI IN PIEDI
Dallo staff di Virginia Raggi hanno spiegato la logica di cacciare Fantasia dopo avere già perso per strada il dg: «La Giunta capitolina aveva già approvato una delibera per rendere più funzionale la governance di Atac nell'ottica di una migliore erogazione dei servizi pubblici locali. Con questo obiettivo è stata adottata una modifica nella composizione del Consiglio di amministrazione: i componenti del Cda saranno tre, optando così per la formula collegiale in luogo di quella attuale monocratica. La modifica dell'assetto societario non comporta aggravi di spesa: le norme in vigore prevedono che il cda delle partecipate non possa pesare sulle casse societarie più dell'80% di quanto costava il cda nel 2013».
Dalla minoranza però attaccano questa scelta di ampliare il numero dei posti. Roberto Giachetti, Pd, su Twitter: «Avete capito come la Raggi risolve il disastro Atac? Aumentando le poltrone. Dopo anni cda passa da 1 a 3. E i romani restano a piedi».
Il manager veneto specialista in aeroporti alla difficile prova dei trasporti a Roma
ROMA A proposito di «Roma ai romani», la formula coniata dall'assessore al Bilancio, Andrea Mazzillo, ma tradita dalla sindaca Virginia Raggi che si è affidata ormai alle scelte di Casaleggio: sul nuovo manager di Atac con accento veneto qualche domanda sorge spontanea. Paolo Simioni già aveva un contratto da 240 mila euro per volere del conterraneo assessore alle Partecipate, Massimo Colomban: lascerà il primo incarico ricevuto a novembre? Ancora, visto che viene dal mondo degli aeroporti: saprà discutere con i macchinisti della metropolitana di Roma così ha fatto con i vertici di Emirates per collegare Venezia a Dubai? Gestire la fase di concordato preventivo di Atac sull'orlo del fallimento sarà semplice come è stato costruire la crescita degli aeroporti veneti, la cui società di gestione rappresenta un esempio positivo nello scenario degli scali del Paese? Ecco, quando a marzo del 2016, dopo quindici anni, Paolo Simioni se ne andò da Save dove era stato amministratore delegato e dove per un periodo si trovò a sopportare la convivenza con un altro ad, evitò ogni polemica. «Semplicemente non sono più d'accordo con le linee di sviluppo dell'aeroporto», si limitò a dire senza suonare la batteria delle polemiche eccessive.
BRITISH
«Non è tipo da alzare la voce, ha sempre mantenuto un aplomb, uno stile quasi british», dicono di lui a Venezia. Eppure, i risultati parlano a suo favore, visto che il Marco Polo, sotto la sua guida, è divenuto il terzo aeroporto italiano, è passato da meno di 3 milioni di passeggeri a dieci in tre lustri. E per lui, ingegnere civile, nato nel 1960 in provincia di Treviso, guidare Save, la società che gestisce gli aeroporti veneti (ha quote anche in quello di Brescia e Verona), è stata una parte consistente della sua esperienza da manager. Ha coperto l'arco temporale tra il 2000 e il 2016 in piena fiducia con Marchi, il finanziere a cui fa capo Save. C'è però una parentesi importante, che potrebbe tornare utile a Simioni ora che deve trovare un partner industriale per Atac: nel 2002 è stato ad di Centostazioni, società formata da Save e Ferrovie per la gestione di esercizi commerciali nelle stazioni. Fin qui c'è la parte cristallina della carriera del manager veneto. Poi, si sa, quando arrivi a Roma, le nuvole diventano sempre cupe e la tempesta delle polemiche ti insegue. Novembre 2016: Massimo Colomban, assessore alle Partecipate e imprenditore trevigiano, chiama il suo conterraneo. Lo vuole a tutti i costi in Comune per riorganizzare la scalcagnata galassia delle società partecipate di Roma Capitale. Simioni è un manager di prestigio, ci sta che chieda un compenso importante. Per lui c'è un contratto da 240 mila euro, assicurati però con una formula strana, visto che viene diviso tra Acea, Atac e Ama. Viene formato un vero e proprio gruppo di lavoro, che formalmente è guidato da Massimo Colomban. La domanda che in molti si sono fatti in questi mesi è cosa abbia prodotto in pratica la grande riforma delle partecipate: certo, c'è stato il superamento della formula dell'amministratore unico e il ritorno ai consigli di amministrazione a tre. La prima ad adeguarsi è stata Ama (dove è arrivato un altro del nord, il reggiano Lorenzo Bagnacani). Ieri è stata la volta di Atac, con l'uomo di fiducia di Colomban che dovrà imparare che le rotte Venezia-Jfk sono una cosa, la linea che collega Casalotti a Monteverde un'altra. E forse è molto più facile fare decollare un Boeing 767 che fare arrivare a destinazione un bus dell'Atac.