Iscriviti OnLine
 

Pescara, 24/07/2024
Visitatore n. 738.562



Data: 01/08/2017
Testata giornalistica: Il Messaggero
Atac, la sfida di Simioni: metà dei bus da cambiare e debiti per 1,3 miliardi. La nomina spacca M5S Mazzillo: non mi dimetto

Il compito che si trova davanti è di quelli da far tremare le vene. Paolo Simioni, designato ieri pomeriggio nuovo presidente e amministratore delegato dell'Atac, dovrà tenere le redini di un'azienda sommersa dai debiti e con un servizio offerto ai cittadini sempre più deficitario. Basti pensare che nell'ultimo anno solare le corse saltate hanno raggiunto quota un milione, il doppio rispetto all'anno prima, e che i mezzi da sostituire, tra quelli utilizzati per il trasporto pubblico della Capitale, sono circa 1.500: la maggioranza assoluta delle 2.281 vetture del servizio di superficie - tra bus, tram e filobus - a cui si aggiungono 83 treni della metropolitana e 88 convogli delle ex ferrovie concesse.
IL BILANCIO
Difficile rilanciare il servizio per i cittadini-utenti, però, con le casse in rosso spinto e la situazione finanziaria al limiti del default tecnico. Intanto bisognerà approvare il bilancio, e non è roba da poco: ieri l'assemblea dei soci è andata deserta anche in seconda convocazione, a causa del contemporaneo vertice a Palazzo Senatorio sulle nomine, e ora toccherà ai nuovi vertici di via Prenestina chiudere il documento con un via libera, nonostante una situazione particolarmente delicata. «C'è un debito di 325 milioni di euro soltanto con i fornitori - ha spiegato Bruno Rota, appena lasciato l'ufficio di direttore generale della municipalizzata - e anche nel 2017 la cifra rimarrà la stessa». Poi sarà la volta del pano industriale e del passo più importante: quel concordato preventivo che Rota aveva in mente e che Simioni con tutta probabilità porterà a compimento.
IL PASSIVO
Il debito complessivo dell'Atac è di 1.385 milioni, di cui 477 verso l'amministrazione controllante, ossia il Campidoglio. Nei confronti del Comune, però, la società del trasporto pubblico vanta anche crediti per 381 milioni: una partita di giro che però si è incastrata nelle varie operazioni finanziarie portate a termine negli ultimi anni - per salvare i conti di amministrazione e azienda - e così compare come voce passiva nei documenti contabili di entrambe le parti in causa. Il traffico di debiti e crediti tra Comune e controllate è uno dei nodi più intricati che i tecnici capitolini saranno chiamati a risolvere.
IL PRESENTE
Il rosso dell'Atac, peraltro, si è accumulato anche negli ultimi anni. Dopo il 2008, anno in cui si è creata la bad company capitolina con la gestione commissariale del debito pregresso, in via Prenestina si sono accumulati altri 500 milioni di debiti. Cifre, queste, che tolgono ossigeno a qualsiasi ipotesi di rilancio del trasporto pubblico nella Città eterna. Basti pensare che servirebbe mezzo miliardo soltanto per l'adeguamento di un parco mezzi sempre più vecchio e obsoleto. Tutto ciò mentre la forza lavoro aziendale resta poco al disotto delle 12 mila unità, ma l'offerta di trasporto è di appena 55 chilometri per abitante, contro i 64 dell'Atm milanese. Tutto ciò, con il contorno di un'evasione tariffaria altissima: secondo le stime il 25 per cento degli utenti dei bus non paga il biglietto, e ciò provoca un danno per le casse dell'azienda tra i 70 e gli 80 milioni di euro annui. Andrà capito, a questo punto, chi sarà il direttore generale. Circola il nome di Enrico Sciarra, dirigente vicino al nuovo ad Simioni.

ROMA «No che non mi dimetto», dice combattivo Andrea Mazzillo, appena esce da un ingresso secondario del Campidoglio, quello della Ragioneria generale, in via del Tempio di Giove. Ha appena finito una riunione fiume con Virginia Raggi e gli altri assessori e consiglieri M5S. Esce sotto braccio a Daniele Frongia, l'ex vicesindaco oggi responsabile dello Sport. Prima di mettersi alla guida della sua Micra bianca, l'auto di servizio, Mazzillo si lascia andare a un sorriso amaro. Lui che ieri mattina, dalle colonne di questo giornale, aveva detto chiaramente che per il governo della Capitale e delle sue partecipate servono manager «che vivano e conoscano questa città», insomma «niente pendolari che stanno qui solo qualche giorno a settimana» (riferimento non troppo velato agli uomini spediti a Roma da Casaleggio jr), alla fine è il grande sconfitto della giornata di ieri.
Perchè il nuovo presidente di Atac, il veneto Paolo Simioni, è espressione dei vertici nazionali del M5S, vicinissimo a Massimo Colomban. Ha la faccia stanca Mazzillo, ma la voce resta calma e determinata. «Io vado avanti», dice l'assessore al Bilancio della giunta Raggi, dopo avere subito il processo di assessori e consiglieri. E più di qualcuno gli ha chiesto anche di lasciare. I vertici M5S lo vorrebbero fuori, e anche presto: «Prima lascia e meglio è». La sua linea «Roma ai Romani», subisce l'ennesimo colpo. Escono sconfitti anche i consiglieri malpancisti, a partire dall'ala lombardiana, che risponde alla deputata Roberta Lombardi, che alla Raggi aveva chiesto di poter intervenire nelle nomine.
Alza le spalle, Mazzillo. «Faccio i miei migliori auguri a Simioni, un manager capace - dice molto diplomatico - Io continuo nel mio lavoro». Anche se il suo ruolo è ridimensionato. Tanto che qualcuno in Campidoglio vorrebbe già trovare rapidamente il suo sostituto. A Roma intanto è atteso il leader M5S Davide Casaleggio: ha fissato un incontro nella sede della stampa estera per presentare la nuova interfaccia del sito di Rousseau. Casaleggio ha ribadito la fiducia alla sindaca un mese fa. Sa che in Campidoglio, accanto a Raggi, c'è Colomban di cui fida ciecamente. E che ieri ha teleguidato la partita Atac. Col placet di Alfonso Bonafede e Riccardo Fraccaro. «Simioni è una scelta di altissimo profilo», dice infatti Bonafede a vertice concluso.
«Siamo contenti del piglio che sta dimostrando Viginia», dirà a sera inoltrata uno dei nuovi bracci destri della sindaca che si gusta in diretta l'allontanamento progressivo del suo ex braccio destro: Mazzillo.
CONCORDATO
Per Atac a questo punto prende corpo l'ipotesi del concordato in continuità, già sperimentata a Livorno. Anche il candidato premier in pectore del M5S, Luigi Di Maio, ospite alla Versiliana, ha detto che «il concordato è un'ottima strada, Atac è come Alitalia: ci sono due opzioni, o quella dei capitani coraggiosi o il risanamento, tagliando gli sprechi, e mettendo al suo posto chi lavora». Anche su questo fronte non passa la linea di Mazzillo e dei lombardiani.
Il vicepresidente della Camera ha raccontato le sue impressioni sulle turbolenze romane: «Abbiamo avuto un sussulto quando abbiamo sentito questa notizia delle raccomandazioni di Enrico Stefano. Ci ha fatto vedere l'sms, e abbiamo chiesto di pubblicarlo. Non è una raccomandazione». Poi Di Maio ha elogiato Bruno Rota, il manager nordista che viaggiava sulla stessa linea d'onda di Colomban e Casaleggio: «È un grande manager, e io lo stimo ancora». Sul difficile rapporto tra consiglio, giunta, e sulle parole di Mazzillo, considerato dai vertici il vero esterno della giunta, Di Maio la spiega così (anche lui è spesso vittima del fuoco amico): «Quando un Cinque Stelle diventa sindaco le prende da tutte le parti, pure dalla propria maggioranza».

www.filtabruzzo.it ~ cgil@filtabruzzo.it