L’auto blu del presidente dell’Abruzzo Luciano D’Alfonso è stata immortalata da un autovelox ben oltre i limiti di velocità. E, come a gennaio del 2015 per una multa rimediata in autostrada, l’autista ha tentato la strada del ricorso, che, però, non è andato a buon fine. Stavolta, il presidente della Regione Abruzzo, era il 23 dicembre scorso, si trovava a bordo di un’auto di proprietà dell’amministrazione regionale, guidata dall’autista Giancarlo Carosella. Stava percorrendo l’asse attrezzato, nel territorio comunale di San Giovanni Teatino, in un tratto in cui il limite di velocità era di 90 chilometri orari. Ma l’auto blu sfrecciava a 136 chilometri all’ora ed è finita immortalata dall’autovelox. L’autista, assistito dall’avvocato Carla Tiboni, ha fatto ricorso al giudice di pace di Chieti. Ma il giudice Clementina Settevendemie ha respinto il ricorso. Si è costituita in giudizio contro le richieste del ricorrente anche la Prefettura di Chieti, ritenendo l’accertamento legittimo e fondato. I ricorrenti hanno prima tentato di mettere in dubbio i risultati del dispositivo di rilevamento della velocità per un possibile malfunzionamento. Per poi puntare alla stessa strategia già tentata all’epoca della precedente multa: quella dell’adempimento di un dovere istituzionale del presidente D’Alfonso. Tutto inutile, il giudice non ne ha voluto sapere. Di fronte alla presunta «assenza di verifiche periodiche di funzionamento e taratura dell’apparecchiatura utilizzata per l’accertamento», la Settevendemie ha accertato che «nel caso di specie l’apparecchiatura risulta essere stata verificata in un tempo assolutamente adeguato», e dunque si escludono errori di funzionamento. Per quanto riguarda l’applicabilità «della scriminante dell’adempimento di un dovere previsto dall’articolo 4 della legge 689/81 dal momento che l’autovettura era, al momento dell’accertamento dell’infrazione, in uso al presidente della giunta regionale, contrariamente a quanto sostenuto dalla difesa del ricorrente, nessuna norma di legge prevede che l’espletamento di compiti indifferibili e urgenti di una carica istituzionale sia prevalente, sic et simpliciter, rispetto alle limitazioni previste dal codice della strada ». E dunque, anche se il presidente avesse dovuto risolvere una questione di vitale importanza, il suo autista non avrebbe comunque potuto sfrecciare a quasi 140 all’ora sull’asse attrezzato. L’incarico istituzionale, cioè, non ti mette al di sopra della legge. Perché, considera il giudice, ci sarebbe «una sorta di impunibilità invocabile con il semplice espletamento di compiti istituzionali ». Secondo la Settevendemie, non regge neanche l’obiezione che all’autista di D’Alfonso fosse stata attribuita la qualifica di agente di pubblica sicurezza dal prefetto di Pescara. Perché la qualifica, dice il giudice, «non può consentirgli automaticamente di non osservare, nello svolgimento di servizi urgenti d’istituto, gli obblighi, i divieti e le limitazioni relative alla circolazione ».