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Data: 10/08/2017
Testata giornalistica: Il Centro
Autovelox, gli autisti del governatore già assolti sei volte

CHIETI Prima di incappare nella sentenza del giudice di pace di Chieti che ha confermato la multa per il superamento dei limiti di velocità, l'autista, anzi gli autisti del presidente della giunta regionale, Luciano D'Alfonso, hanno vinto ben sei ricorsi, in primo grado oppure in appello. Quasi sempre per multe determinate dal superamento del limite di velocità nel tratto avezzanese dell'autostrada Pescara-Roma. Anche l'ultima sentenza, quella del giudice Clementina Settevendemie, pubblicata ieri dal Centro, che ha respinto il ricorso dell'autista Giancarlo Carosella, sarà impugnata. E toccherà ai giudici di secondo grado stabilire se va ritenuta valida la tesi difensiva per la quale l'autista, multato con l'autovelox il 23 dicembre scorso sull'asse attrezzato Chieti Pescara, mentre sfrecciava a 136 chilometri all'ora in un tratto con limite di 90, esercitava una facoltà legittima. Quella di agente di pubblica sicurezza nell'adempimento di un dovere o funzione istituzionale, circostanza che ai sensi dell'articolo 4 della legge 689/81 esclude la responsabilità delle violazioni amministrative, come ha sostenuto l'avvocato del ricorrente Carla Tiboni. La vicenda dell'auto blu del presidente quindi non è chiusa. Ma oltre alla causa d'appello, ci potrebbe essere anche un altro risvolto. Il caso, infatti, potrebbe finire in procura, a Chieti. Durante il procedimento davanti al giudice di pace, infatti, sarebbe emersa una circostanza della quale, secondo la difesa di Carosella, non si sarebbe tenuto conto. Tutta la causa, infatti, si è retta sull'opposizione al ricorso presentata dalla Prefettura di Chieti che, costituitasi in giudizio, ha fornito elementi per dirimere un passaggio chiave del procedimento: quello relativo alla taratura dell'autovelox e al suo corretto funzionamento. Ma secondo la difesa, il rappresentante della Prefettura, Luciano Conti, sarebbe comparso in aula in maniera non legittima. Come si legge nell'ordinanza del giudice, la difesa, infatti, ha eccepito un «difetto di rappresentanza processuale» per l'inesistenza della procura speciale mai rilasciata al funzionario. Una carenza che, secondo il legale dell'autista di D'Alfonso, determinerebbe la nullità e l'inesistenza della costituzione in giudizio della prefettura. Invalidando, a cascata, anche tutta la produzione di atti fatta dalla Prefettura, in particolare quelli sul corretto funzionamento dell'autovelox. Da questo punto di vista, dunque, non ci sarebbe alcuna prova della corretta taratura del dispositivo elettronico di rilevamento. La questione è stata ampiamente spiegata in aula, come si legge nei verbali. Ma non sarebbe stata tenuta in considerazione da parte del giudicante.Un particolare che, oltre a costituire uno dei motivi d'appello, sarà portato a conoscenza della procura della Repubblica.

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