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Data: 12/08/2017
Testata giornalistica: Il Messaggero
Atac, altro buco nero: Cotral e Trenitalia vogliono 100 milioni. Simioni, l'incarico diventa triplo. Lo stipendio vola a 240mila euro

Altri due decreti ingiuntivi piombano sulle spalle già ricurve e oberate dai debiti di Atac. Questa volta l'ennesimo scossone ai bilanci arriva da Cotral e Trenitalia. Ovvero: 62, 218 milioni di euro (più interessi) che la compagnia di trasporti regionali pretende dalla municipalizzata del Campidoglio e 35 del gruppo Fs. Totale: 100 milioni di euro. Tanti e subito.
Il nodo del contendere è il servizio «Metrebus», sottoscritto da Atac, Cotral e Trenitalia. L'azienda di trasporti non ha rispettato la ripartizione dei ricavi provenienti dal Bit, il biglietto integrato a tempo che permette di viaggiare per 100 minuti su autobus, metropolitani e treni all'interno del Comune di Roma e nel territorio del Lazio.
In poche parole: la società di via Prenestina è andata avanti senza tener conto dei patti sottoscritti con gli altri partner. E si è tenuta per sé, tenendo la cassa, i ricavi. Invece di redistribuirli con gli altri. E questi dunque sono i risultati: la vicenda è finita in tribunale e adesso Atac dovrà sborsare quanto non ha dato finora. La prima convenzione, sottoscritta nel 1997, stabilisce che spetta a Cotral il 40% della vendita di ticket e il 24% dei rimborsi dell'amministrazione comunale per le agevolazioni tariffarie e la vendita degli spazi pubblicitari sui titoli di viaggio. Ma dati alla mano i «dare-avere» sono stati sempre disattesi. Parlano le fatture che Cotral ha allegato al decreto ingiuntivo arrivato il mese scorso sul tavolo dei manager di via Prenestina.
LA SVOLTA
Dal 2012, spiega il decreto ingiuntivo, Atac «non ha più fatto fronte con regolarità all'impegno assunto» di girare alla compagnia della Regione l'incasso dei biglietto entro un mese con il relativo prospetto.
Un adempimento contrattuale evaso da anni e che il manager di Atac Marco Rettighieri aveva provato a tamponare proponendo un piano di rientro che alla fine non è stato attuato fino in fondo (anche perché il manager è stato costretto alle dimissioni).
GLI ALTRI FRONTI
Poi però l'andazzo è andato avanti e adesso la municipalizzata si trova a dover fronte anche a questo decreto ingiuntivo. A cui si aggiunge quello di Roma Tpl che ammonta a 45 milioni di euro da versare entro il 22 agosto, altrimenti partiranno anche in questo caso i pignoramenti dei conti.
Le brutte notizie non si fermano, visto che anche l'Antitrust -come anticipato da Il Messaggero - ha multato per 3,6 milioni di euro Atac per via delle corse soppresse e della scarsa comunicazioni sulle linee ferroviarie Roma-Lido, Roma-Viterbo, Roma-Pantano. Si capisce perché tra decreti ingiuntivi, un debito di 1,3 miliardi e un bilancio 2016 non ancora approvato il Garante si sia mosso a compassione con uno sconto alla multa di 400mila euro.

Simioni, l'incarico diventa triplo Lo stipendio vola a 240mila euro

La premessa, spiegano da Atac, è che rinuncerà al doppio stipendio. La notizia è che alla fine Paolo Simioni, il fedelissimo dell'assessore alla Partecipate Massimo Colomban, è diventato, anzi si è nominato, anche direttore generale della partecipata che si occupa di trasporti nella Capitale.
Non solo dunque amministratore delegato e presidente. Ma pure diggì, al posto del dimissionario Bruno Rota. Da via Prenestina mettono le mani avanti con una nota ufficiale e giustificano la mossa «con ragioni d'urgenza» ecco perché il ruolo «non è stato individuato all'esterno». Parallelamente è stato scelto il docente d'economia Carlo Felice Giampaolino, figlio dell'ex presidente della Corte dei Conti Luigi, per cercare di mettere le mani «nel complesso processo di ristrutturazione e rilancio aziendale» della società.
LA MOSSA
La scalata di Simioni, ex manager dell'aeroporto di Venezia, è accompagnata però da polemiche e sospetti. Soprattutto quelli legati al nuovo stipendio che percepirà. Prima di entrare in Atac aveva avuto l'incarico per conto di Massimo Colomban di occuparsi della riforma delle partecipate di Roma: 240mila euro l'anno. Un ruolo (e un emolumento) che ha dovuto abbandonare quando è stato chiamato nel consiglio d'amministrazione della municipalizzata. Inizialmente a ricoprire il ruolo dell'ex presidente Manuel Fantasia: 70mila euro all'anno, meno il 30% che si applica alle società che sono in rosso da tre anni consecutivi. Così facendo, però, Simioni andrà a guadagnare molto di più: lo stipendio di Rota si aggirava intorno ai 220 mila euro (compresi i premi). L'opposizione è già sul piede di guerra. E minaccia denunce alla Corte dei Conti, segnalazioni all'Anac e interrogazioni parlamentari. La notizia circolava da giorni, perché per procedere con la nomina sono stati chiesti pareri legali esterni e interni all'azienda. Attacca Stefano Esposito, senatore del Pd ed ex assessore ai Trasporti nella giunta Marino: «Davvero pur di ottenere 250.000 Simioni sta pensando di farsi assumere come Dg? Spero sia falso». A quanto pare sembra di no. Ignazio Cozzoli, responsabile romano di Direzione Italia, ci va giù duro: «Purtroppo abbiamo due brutte notizie per lui. Innanzitutto la giurisprudenza della Corte dei Conti e della Cassazione hanno chiarito che i due ruoli (di indirizzo e gestionale) non possono coesistere».
L'IMBARAZZO
In secondo luogo, continua Cozzoli, Atac «ha già pubblicato un bando per la ricerca del direttore generale a cui hanno risposto molti candidati tutti con i requisiti richiesti». Ora infatti c'è il rischio che la nomina venga impugnata da coloro che parteciparono al bando. «Se aveva necessità di arrotondare il proprio emolumento - conclude il fittiano Cozzoli - può sempre trovarsi un secondo lavoro, pare che in Atacsia lo sport nazionale». Ma ormai la decisione è stata presa e l'opposizione è scatenata. Anche da destra, Fabrizio Ghera, capogruppo di Fratelli d'Italia in Campidoglio rilancia: «Che fine ha fatto la trasparenza dei grillini? Addirittura il neo ad Simioni si autoassume e diventa Direttore generale. Come Fdi presenteremo esposti nelle sedi opportune, dai 5 Stelle poltronite senza fondo». Nel M5S nessuno parla. E nemmeno condivide la notizia sui social network (un modo per indicare approvazione, o il contrario, di un fatto).
Non mancano gli imbarazzi, soprattutto perché la materia, quella delle nomine e dei compensi, è un terreno arato da sempre dai pentastellati. Ma tutti in Campidoglio sanno benissimo che la situazione di Atac ormai è una bomba a orologeria. Con il concordato preventivo alle porte, il rischio della paralisi del servizio e la possibilità che gli stipendi degli undicimila dipendenti non vengano pagati nessuno apre bocca. Si aspetta il ritorno della sindaca Virginia Raggi dalle ferie. I sindacati sono pronti alla mobilitazione. Ecco Claudio De Francesco, segretario regionale della Faisa Confail: «Oramai non ci meraviglia più niente, con questa nomina si consacrano i vecchi proverbi ossia quello milanese faccio tutto mi, tanto con l'azienda che va a picco la colpa è solo dei lavoratori, basta con questo scempio».

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