Iscriviti OnLine
 

Pescara, 24/07/2024
Visitatore n. 738.562



Data: 22/08/2017
Testata giornalistica: Il Messaggero
Spettro crac sul tavolo della Raggi Malumori M5S sul concordato

Vacanze finite per Virginia Raggi ma è difficile che la sindaca possa canticchiare, come faceva Rita Pavone, «per fortuna son finite, finalmente son tornata». Perché ad attenderla nell'ufficio con vista Fori, stamattina, c'è una pila di dossier da far tremare i polsi. Un assessore (Massimo Colomban, responsabile delle Partecipate) in procinto di dimettersi, un altro (Andrea Mazzillo, al Bilancio) ormai sfiduciato da settimane; il primo bilancio consolidato di Roma da approvare ma ancora in alto mare perché non tornano i conti sui debiti delle società comunali; la raccolta dell'immondizia in crisi ormai cronica in attesa di soluzioni strutturali che stentano ad arrivare. E soprattutto Atac, il grande malato del gruppo Roma Capitale. La più grande partecipata dei trasporti d'Italia è ormai a un passo dal crac e l'unica via sembra essere il ricorso a una procedura fallimentare. Ma quale? Il M5S nazionale - quindi Casaleggio jr - è per il concordato preventivo, come ha fatto capire anche il candidato premier in pectore del Movimento, Luigi Di Maio, spiegando che di alternative non ce ne sono. A meno che non si voglia ricorrere ai «capitani coraggiosi, modello Alitalia, ma non è questa la nostra via».
Eppure nel gruppo grillino la maggior parte dei consiglieri sembra scettica su questa opzione. Soprattutto chi ha incarichi sui trasporti, come il presidente della commissione Mobilità, Enrico Stefano, o un altro membro della commissione, Alisia Mariani. Anche il presidente dell'Assemblea capitolina, Marcello De Vito, su questa pista ci va con i piedi di piombo. Nessuno parla a microfoni accesi, ma nelle chat e nelle conversazioni interne, la fronda anti-concordato lo dice dritto: «È un salto nel buio. Così Atac rischia davvero di fallire».
INSOLVENZA
Il ragionamento è questo: l'azienda dovrebbe presentare una richiesta al tribunale, ma non è detto che i giudici, che hanno 120 giorni di tempo per esaminare la pratica, accettino il piano di rientro dal debito presentato dalla partecipata. In caso di bocciatura, essendo ormai stata avviata la procedura fallimentare, per Atac il tribunale dovrebbe dichiarare l'insolvenza e quindi il default. «Non possiamo correre questo rischio», ripetono i consiglieri anti-concordato, che punterebbero invece sulla ristrutturazione semplice del debito, sempre sotto l'egida del tribunale. In quel caso bisognerebbe convincere sia le ditte che forniscono i ricambi, sia le banche, a rinegoziare i crediti per l'ennesima volta. Ancora una volta toccherà a Raggi fare la sintesi tra le correnti del M5S. La sindaca già oggi incontrerà gli assessori, una specie di giunta informale per analizzare i temi caldi.
SENZA BILANCIO
Oggi dovrebbe tornare nel quartier generale di Atac anche il neo-presidente e ad, Paolo Simioni. Gli stipendi di agosto, filtra dall'ufficio Personale, dovrebbero essere assicurati, nonostante la crisi di liquidità sempre più nera in cui è precipitata l'azienda. Il bilancio 2016 non è ancora stato approvato, anche se la scadenza fissata dalla legge era il 30 giugno. Tutto rimandato a settembre, perché i numeri del consuntivo di Atac devono coincidere con quelli del bilancio consolidato di Roma Capitale, il documento che per la prima volta deve tenere conto sia del bilancio del Campidoglio che di quello delle sue società partecipate. E non possono esserci contenziosi in atto. Atac, invece, ha centinaia di milioni di crediti verso Palazzo Senatorio ancora non riconosciuti. Un «bomba» sulla tenuta finanziaria del Comune, come l'ha chiamata la presidente dei revisori dei conti, che va disinnescata.

www.filtabruzzo.it ~ cgil@filtabruzzo.it