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Data: 25/08/2017
Testata giornalistica: Il Messaggero
Lemmetti vede Raggi e affronta i primi nodi: Atac e allarme conti. Quei 429 milioni che potrebbero portare al fallimento della Capitale

ROMA Per l'esordio sulla scena politica capitolina, Gianni Lemmetti, dismette le t-shirt alla Varoufakis e sceglie un completo classico, grigio e camicia. Il neo-assessore al Bilancio del Comune di Roma, girato al Campidoglio dalla giunta grillina di Livorno, ieri si è presentato a Palazzo Senatorio per prendere le redini dei conti comunali e visionare i primi dossier su cui dovrà lavorare a ritmi serrati: lo spettro del default per l'Atac e il rischio dissesto del Comune.
A riceverlo c'era la Raggi, che gli ha consegnato la poltrona dell'ormai ex assessore Andrea Mazzillo. Il quale, a 24 ore dal siluramento, per tutta la giornata di ieri ha continuato a cannoneggiare la giunta M5S della Capitale: «Sono stato vittima di un'epurazione 2.0, Raggi tradisce i principi del M5S», i toni sono questi. Dallo staff della grillina invece attaccano e fanno girare accuse pesanti: «Aveva collaboratori poco specchiati, ha brigato per settimane per avere posti nei consigli d'amministrazione, voleva privatizzare Atac, ha attaccato sui giornali i vertici del M5S». Il clima appunto è questo: scambi di accuse a distanza. In mezzo il casus belli di Atac. La più grande partecipata dei trasporti d'Italia è a un passo dal default, alle prese con una crisi di liquidità sempre più profonda. I vertici del M5S nazionali hanno ormai tracciato la strada: il concordato preventivo, stesso copione messo in scena a Livorno per la malandata azienda dei rifiuti locale. Oggi dovrebbe arrivare alla sindaca la relazione curata da Carlo Felice Giampaolino, il super-consulente che in queste settimane ha studiato i conti per salvare l'azienda dal crac. Forse già in giornata - ma il vertice è da confermare - potrebbe riunirsi il Cda della municipalizzata per un primo vaglio alla procedura da sottoporre al tribunale fallimentare. Per l'altra grana che dovrà sminare Lemmetti è già partito il countdown: entro il 30 settembre va approvato il bilancio consolidato del Comune e per quella data vanno chiariti tutti i contenziosi milionari ancora in corso tra l'amministrazione centrale e le sue società partecipate. Col rischio che, se il nodo non verrà sciolto, il Campidoglio venga commissariato. Lo stesso dice Mazzillo in un day after che scorre tra polemiche e avvertimenti tutt'altro che rassicuranti sul prossimo futuro della Capitale. «Nella pancia dell'Atac ci sono 429 milioni di crediti verso il Comune che con il concordato si rischiano di perdere - dice l'ex assessore -. Si rischia di passare dal commissariamento dell'Atac a quello del Comune. Si rischierebbe il dissesto». E infine, pur affermando di credere ancora nel progetto M5S, l'ex fedelissimo di Raggi ribadisce l'attacco a manager e assessori spediti a Roma dal Nord Italia, via Casaleggio Associati: «In campagna elettorale dicevamo che Roma era dei romani. Se vieni da un contesto esterno prima di conoscere tutti i riferimenti impieghi tempo, e questa città di tempo non ne ha molto». Con Mazzillo, prima dell'addio, si era schierata una fetta consistente dei consiglieri grillini in Assemblea capitolina, anche se il capogruppo M5S in Comune, Paolo Ferrara, ieri ha provato a ridimensionare le voci sui mal di pancia interni, spiegando ai cronisti che non c'è alcuna «maggioranza spaccata» sulla questione: «Il gruppo consiliare è più che mai unito», viene ripetuto.
LE REAZIONI L'opposizione intanto attacca a testa bassa. «Lemmetti è il quarto assessore al bilancio in un anno. Evidentemente Virginia Raggi ha bisogno di gente sempre nuova, spesso del tutto estranea a Roma, per portare avanti il progetto di decrescita, assai poco felice, della vivibilità della città», dice il senatore di FI Lucio Malan. «Mazzillo è stato fatto fuori perché ha detto la verità sui conti di Roma, ovvero che si rischia il commissariamento», attacca Gianfranco Librandi del Pd.


Quei 429 milioni che potrebbero portare al fallimento della Capitale

ROMA La storia del credito di 429 milioni di euro del Comune di Roma verso l'Atac, assomiglia tanto al gioco del cerino. Il fiammifero acceso che passa di mano in mano consumandosi e che alla fine scotta il meno lesto a disfarsene. Solo che nel caso del Campidoglio scottarsi, vuol dire rischiare il commissariamento. Per questo val la pena raccontare la storia di quel credito. Quei 429 milioni sono soldi per il finanziamento del trasporto pubblico locale che la Regione doveva pagare ad Atac. Roba vecchia, che risale agli anni dal 2005 al 2011. Siccome la Regione pagava in ritardo e all'Atac quei soldi servivano subito, il Comune di Roma glieli anticipava. Solo che poi quando la Regione rimborsava l'Atac, l'Atac non rimborsava il Comune. Così nei conti del Campidoglio è rimasto quell'enorme credito. A dire il vero il Comune, probabilmente sapendo che difficilmente lo avrebbe mai incassato, lo aveva girato al Commissario straordinario per il debito pregresso, la struttura governativa che amministra i 13 miliardi del vecchio indebitamento del Campidoglio.
LA RESTITUZIONE Ma proprio come nel gioco del cerino, a un certo punto il commissario ha restituito quei 429 milioni al Comune. Lo ha fatto nel 2014, quando la giunta guidata dal chirurgo Ignazio Marino era arrivata a un passo dal baratro e il governo dovette varare uno dei tanti decreti «Salva Roma». Il commissario, che allora era Massimo Varazzani, restituì il credito al Campidoglio che, con quella posta di bilancio, riuscì a far quadrare i conti. E così arriviamo alla giunta di Virginia Raggi e alla prima crisi dell'Atac. La municipalizzata doveva rinegoziare un prestito con le banche che non era in grado di onorare. Le banche non si sono tirate indietro, ma hanno posto una condizione: che Atac avrebbe restituito i 429 milioni al Comune soltanto dopo aver saldato i debiti con loro. La giunta Raggi ha accettato e ha deciso che l'azienda dei trasporti avrebbe restituito i 429 milioni in comodissime 240 rate, la prima nel 2019 (dopo il pagamento dei debiti bancari) e l'ultima nel 2038. Ovviamente senza interessi. Ed ecco il punto. Avendo postergato il debito, in caso di concordato preventivo, il Comune diventerebbe l'ultimo dei creditori a poter essere soddisfatto. Insomma, il rischio è di doversi accontentare di poco o niente. Un problema serio, visto che il Campidoglio ha sempre considerato quel debito verso Atac «esigibile» e non ha mai accantonato risorse nel fondo di svalutazione dei crediti dubbi. Dover rinunciare adesso a quei 429 milioni sarebbe un colpo durissimo per il bilancio del Comune. Forse mortale.

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