PESCARA. “Certi amori non finiscono: fanno dei giri immensi e poi ritornano”. Venditti non lo aveva scritto di certo per loro ma la celebre strofa calza a pennello nella liaison politica tra il cavaliere Gianni Teodoro e il sindaco pescarese… di turno.
Prima ‘fidanzato’ del centrosinistra, poi del centrodestra, con la lista che porta il suo cognome è tornato col cuore a sinistra da un paio d’anni, lanciano in politica anche la figlia Veronica, per poi doversela riprendere perché silurata dallo stesso Marco Alessandrini che l’aveva voluta.
Teodoro cambia look ma è lo stesso di sempre e riesce a dare “lezioni” di politica a tutti, persino a quel Pd che se lo è ripreso dopo i "gran complimenti" che ha ricevuto dall'ex gruppo dissidente ora accontentato.
Teodoro adesso prende il posto dell’assessore Diodati che è avvelenato: «sono molto arrabbiato per questo triste epilogo», ha ammesso nei giorni scorsi, «c'è modo e modo di fare le cose ed io sono stato mortificato dall'operato del sindaco Alessandrini, che è il primo responsabile di questa situazione, fin dall'inizio ha dimostrato di non essere in grado di gestire le cose e sta dimostrando un cinismo fuori dal comune».
Diodati è stato praticamente abbandonato in attesa delle manovre decisorie di Marco Presutti e del segretario cittadino del Pd Moreno Di Pietrantonio.
«Sono loro che hanno condotto le trattative: «si sono dimostrati inadeguati e dilettanteschi», li ha bocciati. Si sapeva che Presutti è molto legato all'assessore Civitarese, la cui poltrona è stata a rischio per qualche ora, mentre Di Pietrantonio è molto amico di Cuzzi e aveva interesse a portare in giunta Simona Di Carlo, che è entrata insieme a Teodoro, e il risultato è che Diodati è rimasto solo.
Dopo la debacle alle ultime regionali con la lista Regione Facile e il ricorso perso per strappare la seggiola ad Alessio Monaco adesso Gianni Teodoro torna vittorioso al fianco di Alessandrini dopo mesi di maretta e diversi abboccamenti del centrosinistra.
Già qualche mese fa, infatti, il presidente D’Alfonso lo aveva voluto al Consorzio Industriale.
Un incarico che in molti avevano giudicato come quello della poltrona della pace. Teodoro ha sorpreso tutti, rifiutando ed evidentemente alzando la posta.
Non solo non ha mai inviato, seppur sollecitato, le dichiarazioni richieste di inconferibilità e incompatibilità ma praticamente il Consorzio non è mai riuscito ad ‘entrare in contatto’ con lui.
Nessuna risposta, infatti, alla Pec inviata dall’ufficio regionale competente il 16 febbraio scorso, né all’email del 14 febbraio del Consorzio o quella spedita il 17 febbraio. Alla fine il suo posto è stato preso da Enzo Del Vecchio.
Ora torna in giunta, il posto che di sicuro gradisce di più, con il quale ha già confidenza.
Già vicesindaco del primo D’Alfonso (storica la litigata la sera dell’inaugurazione dell’ex Aurum per motivi mai chiariti pubblicamente fino in fondo) e poi al fianco di Luigi Albore Mascia.
Nel secondo caso fu sempre la calura estiva a portargli fortuna: a luglio del 2009 l’allora sindaco annunciò che «dopo il fidanzamento si è arrivati al matrimonio. Gianni entra in giunta» anche «in virtù di quel rapporto di amicizia e di stima reciproca che ci ha sempre legato».
Oggi la storia si ripete ma sul versante opposto. E negli ultimi mesi il consigliere comunale- fratello, Piernicola, non ha risparmiato critiche al centrosinistra pur essendo nelle fila della maggioranza.
Celebre rimarrà negli anni quel consiglio comunale nel quale sparò a zero contro Alessandrini che ne uscì suonato come un tamburo.
Il consigliere criticò senza pietà l’opera della maggioranza, colpevole di aver abbandonato la città («bisognava agire con impegno e un po’ più di cura»).
Tirò fuori anche il caos della balneazione («gestita in modo approssimativo e confuso») e il conseguente avviso di garanzia per sindaco e vice, Enzo Del Vecchio («noi non vi abbiamo chiesto le dimissioni perché siamo garantisti tutti i giorni, non come voi»).
Anche questo un film già visto per chi ha buona memoria: ai tempi proprio di D’Alfonso, Teodoro uscì dalla maggioranza per poi appoggiare Mascia alle elezioni successive.
Eppure già a luglio scorso il Pd aveva capito che bisognava riportare Gianni in giunta per placare le ire del suo gruppo che negli ultimi mesi ha avuto l’ostinazione di fare ostruzionismo in Consiglio ma di rifiutare di firmare la richiesta di dimissioni, così come proposto dal centrodestra.
Con Gianni tornato a casa problemi finiti? Niente affatto perché proprio all’interno del Pd si è creata una crepa che ad oggi appare insanabile.
In prima linea il silurato Diodati, uomo dell’assessore regionale Donato Di Matteo, ma anche la sempre pacata parlamentare Vittoria D'Incecco, i consiglieri provinciali Vincenzo Catani e Annalisa Palozzo, i consiglieri comunali Tiziana Di Giampietro e Adamo Scurti.
«Per giorni ho ricevuto ampie rassicurazioni dal sindaco – ha raccontato Diodati -. A fine luglio abbiamo lavorato insieme per l'approvazione del bilancio, con l'obiettivo di far decadere tutti quegli emendamenti presentati da Teodoro, al quale oggi faccio spazio, e solo tre giorni fa ho partecipato alle riunioni con il sindaco e gli altri esponenti della giunta, per ragionare sulle deleghe da assegnare a Teodoro».
Oggi Diodati assicura di «non riconoscersi più nel Pd guidato da questi vertici regionali e comunali» ed ha elencato quelli che considera gli errori di Alessandrini, «che ha prodotto una situazione incredibile, alla base della quale c'è il grave errore di non avere riconosciuto l'assessore uomo alla lista Teodoro in occasione della formazione originaria della giunta. In seguito – ha aggiunto l'ex assessore - quando la città aveva assorbito la nomina della giovane Veronica Teodoro, con un colpo di testa l'ha estromessa, ponendo in questo modo le premesse per l'ultimo rimpasto, dal quale la maggioranza non esce rafforzata ma indebolita, vista la schizofrenia dimostrata».