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Data: 03/09/2017
Testata giornalistica: Il Messaggero
Crac Atac - Colomban: «L'Atac va rifondata il 10% del personale è di troppo per il servizio che offre, ci vuole più produttività o non andremo lontani». Atac, mancano 500 bus per il rientro dalle ferie

«In Atac il numero dei dipendenti è superiore di almeno il 10-15 per cento, se si tiene conto della produttività, rispetto ad aziende analoghe di altre città italiane».
Massimo Colomban alla fine del mese svuoterà i cassetti del suo ufficio di assessore alle Partecipate di Roma Capitale. Lo aveva detto prima dell'estate al Messaggero: consegno il piano sulla ristrutturazione delle aziende del Comune, poi lascio. Il suo addio non avrà né l'esplosiva valenza delle dimissioni di Marcello Minenna un anno fa (primo settembre 2016) da assessore al Bilancio che interruppero la luna di miele di Virginia Raggi con la città; né rappresenterà una frattura interna al Movimento 5 Stelle romano come quella causata dalla recente cacciata di un altro assessore al Bilancio, Andrea Mazzillo. Una curiosità: Mazzillo e Colomban furono nominati insieme il 30 settembre 2016, il primo è stato scaricato dalla Raggi anche per avere criticato la presenza di troppi non romani, «pendolari» della macchina amministrativa: c'è l'aveva proprio con Colomban. Tuttavia, il ritorno in Veneto dell'imprenditore trevigiano paracadutato a Roma, per volontà di Casaleggio, per affiancare la Raggi nell'operazione di salvataggio della disastrata galassia delle municipalizzate, rappresenta un altro passaggio delicato. Basti ricordare che il nuovo numero uno di Atac, Paolo Simioni, ex ad della società di gestione degli aeroporti di Venezia e Treviso, è stato chiamato a Roma proprio da Colomban per scrivere il piano sulla riorganizzazione della partecipate.
Assessore Colomban, prima di tutto, com'è la situazione?
«Noi siamo guerrieri, non esiste il piangersi addosso, le cose vanno sempre a seconda di come uno vuole prepararsele. Ma mi pare che a Roma il materiale per scrivere non vi manchi, ve ne danno ogni minuto, no? Non c'è molto da aggiungere».
Lei prima dell'estate rilasciò una intervista al Messaggero in cui annunciò: a settembre me ne vado. E' ancora valido quel proposito?
«Certo, io il 30 settembre mi dimetto».
Dunque, ha già scelto una data.
«Diciamo che io presto presenterò il piano di riorganizzazione delle società partecipate di Roma Capitale. Sarete tutti invitati ad esaminarlo. Sarà il completamento del lavoro che ho svolto. Anche se sia chiaro: completamento non è la parola esatta, non è che si ristrutturano trenta aziende partecipate, con tutti i problemi che ci sono, in un anno».
Quanto tempo servirà?
«Io lo dissi quasi subito, ci vorranno tra i tre e i cinque anni per migliorare la situazione. Ammesso che ci siano le condizioni per farlo. E devo dire che le condizioni ancora non si sono realizzate».
Come mai?
«Roma è penalizzata da un rapporto tra introiti e cose da gestire, che è di tre volte più oneroso rispetto a Milano. In altri termini servirebbe il triplo delle risorse».
Quindi non hanno tutti i torti i romani quando dicono che un problema di risorse riservate alla Capitale esiste?
«No, non hanno torto, io l'ho detto anche in altre occasioni».
E perché non si fa nulla per risolvere questo problema?
«Purtroppo è impopolare una proposta di governo che dica o che proponga: incrementiamo le risorse o dotiamo Roma di un plafond annuale simile a quello di tutte le capitali del mondo. Una iniziativa di questo tipo sarebbe molto impopolare, non c'è niente da fare. Chiunque lo proponesse, si sentirebbe rispondere: Roma fino a ieri ha sprecato denaro e ora vogliamo darle più risorse? Questo è un po' il messaggio che è passato in questi trenta-quarant'anni».
Beh, la colpa è anche un po' di voi veneti, avete sempre espresso giudizi non proprio comprensivi nei confronti di Roma.
«Vero, diciamo che forse al nord a volte si sono espressi giudizi un po' superficiali, anziché analizzare i problemi. Bisognerebbe sempre fare un'analisi, prima di spendere giudizi».
Ma è vero che qualche mese fa lei disse che in Atac è necessario tagliare l'organico di 800-1.000 unità?
«No, questa è una balla. Ho detto altro: se valutiamo la quantità di personale rispetto a quello che si produce nelle aziende municipalizzate di Roma, ci accorgiamo che il numero dei dipendenti è troppo alto di almeno il 10-15 per cento. Sostanzialmente: o questi producono di più, puliscono meglio la città, danno un servizio dei trasporti migliore, o non si va lontano. Devono rendersi conto che non possono stare sulle spalle degli italiani, chiedere una dotazione superiore per la Capitale, se poi i lavoratori delle aziende della Capitale non dimostrano di essere almeno alla pari di quelli di altre città».
In sintesi: è vero che Roma dovrebbe ricevere una dotazione di risorse economiche superiore in quanto Capitale, ma è altrettanto vero che nelle aziende di Roma Capitale deve aumentare la produttività.
«Esattamente. Aiutati che Dio ti aiuta».
In Atac ora che è stato avviato il percorso del concordato preventivo in continuità si aspetta una ondata di scioperi?
«Sbaglierebbero, devono prima dimostrare di fare il proprio dovere. Gli scioperi si fanno se servono a qualcosa, non per fare demagogia. Non mi faccia aggiungere altro perché è già abbastanza quello che ho detto».

Atac, mancano 500 bus per il rientro dalle ferie

Il «settembre nero» evocato dai sindacati ed esorcizzato dal Campidoglio ha mille incognite. Sono gli effetti collaterali del concordato preventivo in continuità di Atac. E' garantire il servizio, il vero problema. E la prima a saperlo è proprio Virginia Raggi. Dalla metà del mese, con l'apertura delle scuole, la municipalizzata deve mettere in strada (da contratto con il Comune) 1380 autobus al giorno. Ecco, il problema è proprio questo: le condizioni economiche precarie (eufemismo) dell'azienda rischiano di non riuscire nell'obiettivo. L'ultima iniezione di cash (100 milioni di euro), per pagare i fornitori, potrebbe non bastare a fare uscire dai depositi quei 500 autobus necessari a rispondere alla domanda di una Capitale che tra scuole e uffici si rimette in moto. Lo scenario non è secondario e preoccupa i grillini soprattutto in questa fase così delicata.
L'AMMISSIONE
La settimana si aprirà con una serie di passaggi politici complicati da gestire: giovedì il consiglio comunale straordinario, con i sindacati e i dipendenti sotto il Campidoglio. Poi ci sarà il passaggio in giunta per dare il via libera all'assemblea dei soci di Atac di presentare la richiesta di concordato al tribunale fallimentare. «Non avevamo nessun'altra scelta», dicono diversi assessori. In giunta c'è anche chi ammette un errore di strategia notevole: questa mossa, a più di un anno dalla conquista del Campidoglio da parte del M5S, non può essere scaricata solo sul passato. O meglio depotenzia l'arma della protesta grillina e anzi li richiama solo ed esclusivamente alla responsabilità.
L'assessore ai Trasporti Linda Meleo la spiega con toni quasi epici: «Ci sono scelte da prendere e da affrontare subito, senza indugio per risanare l'azienda e migliorare il servizio, ma bisogna partire ora». Il concordato, conclude Meleo, non è il «fallimento, ma la rinascita». L'azienda, totalmente nelle mani di Paolo Simioni, nasconde le carte: «La stesura del piano previsto dalla procedura di concordato - spiega una nota di Atac - sarà avviata nei prossimi giorni coerentemente con le tempistiche previste». Allo stesso tempo, sembra rientrata l'ipotesi di un abbandono del direttore finanziario, Maria Grazia Russo. Non seguirà, per il momento, il direttore operativo Alberto Giraudi, che se n'è andato nei giorni scorsi.
LA FRATTURA
Sotto i fiumi di dichiarazioni, dietro i proclami di guerra dei sindacati che per il 12 settembre sono pronti al primo sciopero, c'è il M5S. L'ex assessore Andrea Mazzillo ha rotto il fronte: da quando è stato cacciato da Virginia Raggi continua a rilasciare dichiarazioni contro il concordato chiamando a raccolta la base del M5S. Una vendetta? No. Una linea politica alternativa. Che rischia di finire in un post scriptum del blog di Beppe Grillo con una scomunica ufficiale già dalla prossima settimana. «Tutti gli iscritti - ricordano in maniera più che sibillina i vertici del M5S - possono essere espulsi in caso di violazione delle nostre regole». Altro che candidatura alle regionali...

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