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Data: 05/09/2017
Testata giornalistica: Il Messaggero
Crac Atac - Tagli all'Atac, Raggi frena: «Gli stipendi dei lavoratori non verranno toccati». Ma è stretta sulla produttività: autisti alla guida due ore in più

«Non mi fascio la testa prima di rompermela: sono abituata a pensarla così». Virginia Raggi mangia bon bon al gelato alla buvette del Campidoglio. È un momento di «stacco» tra un riunione e l'altra, ed è in compagnia di Teodoro Fulgione, il portavoce, che chiama «Teino». In Aula Giulio Cesare c'è il consiglio comunale, nelle sue segrete stanze, si narra, che vadano avanti riunioni fiume su Atac. Ma la sindaca non sta parlando di questo. Non ce l'ha con la cura lacrime e sangue che spetterà all'azienda di trasporti. Bensì con il glutine. Sì, sui grassi dei gelatini di cui sembra andare molto golosa. Va avanti (chissà se tristemente, come cantava Rino Gaetano) a bon bon e incrocia davanti al frigo dei gelati, il consigliere pentastellato Pietro Calabrese, prototipo del grillino eco-equo-sostenibile-solidale. Acqua solo in borraccia, sigarette di tabacco rollate.
LO SCAMBIO
Lei gli offre un dolcino, lui rifiuta dicendo che sta attento a mangiare queste cose. Tac, spaccati. Lei scherza: «Lo so, adesso scriverete che il M5S è diviso sul glutine, che ci stanno gli ortodossi pure qui...». Scarpe con tacchetto basso, pantaloni chiari e canottiera argento. Abbronzatura che sembra resistere (anche l'ultimo week-end lo ha passato al mare), Raggi parla di Atac con Il Messaggero. Anche qui sembra che valga la regola alimentare del non «fasciarsi la testa prima». Tuttavia prova a mettere le mani avanti: «No non mi risulta. Non ci saranno tagli agli stipendi dei dipendenti - dice - questo posso assicurarlo». L'eventualità è legata alla scomparsa del contratto integrativo, ricordando anche che il Movimento 5 Stelle l'altro giorno ha per la prima volta parlato apertamente di «sacrifici». Raggi, ma non ha il timore che i sindacati possano bloccare la città? «Li stiamo già incontrando e continueremo a farlo, c'è il delegato Antonio De Santis che se ne occupa».
IL FARO
La procedura del concordato preventivo è molto complessa ed è condita di una serie di passaggi politici e tecnici. La sindaca svela: «Finalmente abbiamo fatto chiarezza sui conti, prima di approvare l'ultimo bilancio abbiamo chiesto una due diligence sugli ultimi tre rendiconti dell'azienda». E cioè su quelli che dovranno essere portati sul tavolo del giudice fallimentare insieme con la proposta di ristrutturazione del debito.
E comunque Raggi alla buvette è la notizia del pomeriggio, da queste parti. E non solo perché la si vede mangiare - lo scorso inverno in piena crisi politica andava avanti a bacche di goji - ma perché c'è, e la possono vedere tutti. I messi comunali, i baristi. Un gruppo di ex guardie giurate che una volta dipendevano dal Comune, provano ad avvicinarla. Vogliono sottoporle il loro problema: il lavoro. Lei li ascolta un po'. Uno di questi per cercare la connessione sentimentale le fa: «Sindaca, io sono grillino, voto M5S, ma dalla prima ora, eh». Lei sorride (in verità ultimamente nelle riunioni interne dice sempre più spesso: «Io sono la sindaca di tutti i romani»). Lui vorrebbe risposte. Lei, un po' surreale: «Vi faremo sapere con chi potrete parlare».
Il bar del Campidoglio è molto piccolo, ma ha due ingressi verso le stanze del sindaco. Il primo, dopo i bagni, Raggi lo trova chiuso e quindi deve tornare indietro. Così come il secondo, quello che dà sul segretariato. La scena è un po' comica: è prigioniera del Palazzo. Ma Fulgione («Teino») la risolve. Prima di scomparire (e c'è chi scherza: «Ma è lei o un'ologramma?») Raggi assicura che non saranno tagliati gli stipendi dei dipendenti della municipalizzata: «Non mi risulta». Ma poi diventa subito una sfinge: ci sarà una delibera di giunta per dare via al concordato o prima passerà dal consiglio? «Quante cose vuol sapere». La maggioranza grillina, in virtù dell'amata e tradita partecipazione, vorrebbe incidere, ma la strada è molto stretta. Il tempo stringe, l'azienda rischia di squagliarsi sotto i debiti. Proprio come i bon bon al gelato.

Ma è stretta sulla produttività: autisti alla guida due ore in più

Lavorare di più per tagliare di meno. Potrebbe essere questo lo slogan del Campidoglio per l'azienda dei trasporti che sta entrando nel tunnel dell'incertezza del concordato preventivo. Il piano di risanamento di Atac, quello che dovrà essere approvato dal giudice ed esaminato anche dall'assemblea dei creditori, da qualche parte dovrà tagliare. Ecco perché ora la grande paura che serpeggia in azienda è quella di una riduzione degli stipendi legata alla parte della contrattazione integrativa, che era stata confermata con l'accordo del 2015.
SALARI
E' vero però che ieri Virginia Raggi ha detto al Messaggero: comunque non si toccheranno gli stipendi. Prese per vere queste parole, ma tenendo sempre conto che con il concordato preventivo la decisione finale spetterà non più alla politica ma a un giudice, allora i sacrifici chiesti a tutti di cui aveva parlato il presidente della commissione Trasporti, Enrico Stefano, potrebbero guardare ad altro, alla produttività.
In altri termini: agli orari di lavoro. E qui bisogna recuperare le parole di Massimo Colomban, assessore alle Partecipate, che sempre al Messaggero aveva spiegato: la produzione in Atac è inferiore del 10-15 per cento rispetto al numero di dipendenti. Dunque, o si lavora di più o si taglia il numero dei lavoratori (11.900). Da contratto nazionale un autista del trasporto pubblico dovrebbe lavorare 39 ore settimanali. Quelli di Roma Tpl, società privata che gestisce il 25 per cento delle linee, lavorano 39 ore a settimana, per dire. Ad Atac, in fase di contrattazione aziendale anni fa, tenendo conto delle problematiche di una città come Roma, erano state ottenute le 37 ore settimanali. Il rischio che con il piano di risanamento si chieda agli autisti di lavorare quelle due ore in più è concreto. C'è poi il fronte caldo del contrasto dell'assenteismo, sul quale chiunque abbia tentato di riportare in linea di galleggiamento l'Atac ha dovuto arrendersi. Basti pensare che Bruno Rota, l'ex dg che aveva rilanciato Atm a Milano, prima di alzare bandiera bianca, aveva spiegato: i tassi di assenteismo sono talmente alti che si fa fatica a coprire i turni, gli accordi di timbratura (l'uso dei badge) dei macchinisti sono di fatto inapplicati, alcuni macchinisti non arrivano a tre ore effettive di guida. In una gestione commissariale, con un giudice che controlla e un'assemblea dei creditori in ansia perché spera di rivedere ripagati almeno una parte dei debiti di Atac, sarebbe complicato non intervenire in modo efficace su questo fronte.
CIFRE
Lavorare di più, d'accordo. Ma nei sindacati esiste il timore che, al di là delle rassicurazioni della sindaca, poi il piano di risanamento presentato in tribunale preveda anche la riduzione di alcuni benefici del contratto integrativo. Sono stati riordinati nell'accordo del 2015 e per alcune figure, come ad esempio un autista con 20 anni di lavoro, valgono circa il 25 per cento dello stipendio. In pratica, uno stipendio di 1.600 euro se ridimensionato e allineato al solo contratto nazionale scende a 1.200 euro. Per questo tutti i sindacati aspettano con ansia l'appuntamento di domani: Linda Meleo, assessore ai Trasporti, spiegherà ai rappresentanti dei lavoratori cosa comporta il concordato preventivo. Il giorno successivo, giovedì, ci sarà il dibattito in consiglio comunale sul tema, con i lavoratori sotto Palazzo Senatorio a manifestare. Ecco, al di là degli scioperi ufficiali già proclamati per il 12 e il 27 settembre, il primo giorno caldo per i trasporti pubblici sarà giovedì.

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