MILANO Tra una settimana suonerà la campanella, ma il federalismo sanitario complica il piano del governo sull'obbligo dei vaccini per l'iscrizione a scuola dei bambini fino a sei anni. L'11 settembre scatta la prima scadenza per la consegna della documentazione (per gli altri gradi scolastici, fino ai 16 anni, il termine è il 31 ottobre) e il Veneto è la prima regione a sancire ufficialmente lo strappo con Roma: moratoria fino al 2019-20 per presentare l'attestato di avvenuta profilassi, evitando così la decadenza dell'iscrizione a nidi e scuole d'infanzia. Mentre la Lombardia, dopo giorni di braccio di ferro con il ministero dell'Istruzione, congela la delibera con cui si autorizza in ogni caso l'ammissione dei bimbi i cui genitori si inseriscano in un «percorso di recupero». Il motivo: «Non vogliamo scontri con il governo», dice il presidente della Regione Roberto Maroni.
INCONGRUENZE NELLA LEGGE
Nessuna marcia indietro invece in Veneto, come promesso fin dall'inizio dal governatore Luca Zaia: «Quello che rifiutiamo - ha detto - è un intervento statale che impone un obbligo collettivo di ben dodici vaccinazioni, una coercizione attuata per di più con decreto d'urgenza, senza precedenti storici a livello internazionale, nemmeno in periodi bellici, che rende l'Italia il Paese con il maggior numero di vaccinazioni obbligatorie in Europa». Così, in attesa che la Consulta si esprima sul ricorso già presentato, la regione detta la linea con un decreto firmato dal direttore generale alla Sanità Domenico Mantoan che disciplina l'applicazione della normativa fin da quest'anno. Ci sarà tempo fino all'anno scolastico 2019-2020 per presentare tutta la documentazione, è ciò che predispongono le «indicazioni regionali in regime transitorio di applicazione della legge Lorenzin». Un atto, spiega la Regione, necessario alla luce delle incongruenze nella legge che non renderebbero chiari i tempi di applicazione della decadenza.
IL TESTO
Nel testo del decreto si segnala come, nella legge nazionale 119/2017, l'articolo 3 comma 3 reciti: «La presentazione della documentazione di cui al comma 1 costituisce requisito di accesso». E ciò contrasterebbe con l'articolo 3 bis comma 5 che descrive le misure per l'anno scolastico 2019: «La mancata presentazione della documentazione comporta la decadenza dall'iscrizione». Il contenuto dei due articoli, sostiene il Veneto, non rende chiaro se le misure di restrizione alla frequenza scolastica siano applicabili sin dal 2017-2018 e per il 2018-2019 per i bambini già iscritti al nido e all'asilo. Nel dubbio, la Regione interviene: quest'anno e il prossimo si applicherà il regime transitorio fino al 2019-2020, quando entrerà in vigore la decadenza dell'iscrizione.
Eppure sull'obbligo vaccinale già a partire da questo anno scolastico i ministeri dell'Istruzione e della Salute sono stati inflessibili: non sono ammesse proroghe o deroghe, assicurare una uniformità delle coperture vaccinali nelle scuole è urgente. Proprio per non arrivare alla sfida aperta la Lombardia, che una settimana fa era pronta a concedere una finestra di quaranta giorni dall'inizio della scuola per mettere in regola i bambini, congela la delibera. Ieri era attesa l'approvazione, ma la giunta non ha preso alcuna decisione dopo la lettera inviata dalle ministre Fedeli e Lorenzin in cui si ribadisce che è stato fatto tutto il possibile per agevolare le famiglie e i soggetti coinvolti e che la proroga proposta dalla Lombardia non è necessaria. Anche perché, si puntualizza, lo slittamento creerebbe disparità tra le regioni italiane. Alla fine la circolare di venerdì primo settembre, emanata dalle due ministre, ha gettato acqua sullo scontro tra Pirellone e governo, contemplando la possibilità di presentare una autocertificazione dell'avvenuta telefonata alla Asl in cui il genitore prende appuntamento per vaccinare il figlio. Da questo momento ci sarà tempo fino al 10 marzo per effettuare la profilassi. Ora è governatore Roberto Maroni a lanciare un messaggio distensivo: «Non voglio lo scontro con il governo - afferma - ho parlato con la ministra Fedeli, ci siamo chiariti». La questione, in ogni caso, resta aperta.
Ministra Fedeli, qual è l'impatto su scuole e famiglie della reintroduzione dell'obbligo vaccinale?
«La circolare congiunta che abbiamo fatto venerdì con la collega Lorenzin ha messo in moto un meccanismo importante che facilita molto le famiglie e le scuole con l'obiettivo di portare a casa un risultato importante qual è l'obbligo alla vaccinazione».
Novità che hanno disteso gli animi ovunque?
«L'autocertificazione è un passaggio fondamentale perché mantiene l'obbligo ma tiene conto della fase complessa legata al primo anno di applicazione della legge, e delle diverse realtà che ci sono nel Paese. Niente deroghe, ma facilitare il più possibile. Sarà sufficiente autocertificare la prenotazione presso una Asl dei vaccini mancanti. E questo aiuta, nella scuola da 0 a 6 anni, anche chi non ha avuto informazioni. Non solo. Obbligati a produrre certificati saranno solo le famiglie che le Asl troverà non in regola basandosi sugli elenchi degli iscritti trasmessi dai presidi».
Lei e la ministra della Salute Lorenzin avete però sempre detto che non verranno ammesse deroghe o proroghe invece il Veneto ne concede una di un anno e la Lombardia riflette congelando la proroga. Che pensate di fare?
«La regione Lombardia ha tenuto conto della nostra circolare perché il tema di discussione non è l'obbligo ma la facilitazione».
E il Veneto?
«Stiamo valutando il contenuto dell'atto amministrativo che sembra essere stato assunto dalla Regione facendo leva sulla distinzione tra iscrizione e frequenza. E' vero che la legge prevede che non si decade dall'iscrizione, ma non si può frequentare se non sei vaccinato o non hai portato l'autocertificazione che attesta la richiesta alla Asl. Il Veneto sembra voler allungare di un anno il periodo di decadenza e ciò è inammissibile».
La regione parla di una contraddizione contenuta nella legge. Un cavillo?
«Non ho capito quale sia, ma insieme alla ministra della Salute ribadiamo che non si decade dall'iscrizione, ma il bambino non può frequentare se la famiglia non ha portato il certificato con le vaccinazioni fatte o non certifichi che ha un appuntamento programmato. Se hanno fatto una scelta diversa che non risponde ai parametri della legge, il Veneto si assume una responsabilità impropria di non applicare una legge del Parlamento. Punto».
La regione sostiene che in questo modo si prende tempo in attesa della pronuncia della corte Costituzionale
«E proprio per questo che trovo strano questo provvedimento. Il presidente della regione Veneto, Luca Zaia, ha già impugnato la legge ed è in attesa della risposta della Corte. Mi chiedo perchè non debba nel frattempo applicare la legge. L'atto di impugnare una legge da parte di un presidente, significa non condividerla in tutto in parte, ma l'obbligo di rispettarla e di farla rispettare, resta. Anche perché sinora la sua politica è stata quella di voler convincere, facilitare e informare le famiglie, non escluderle dall'obbligo dei vaccini».
In questo modo però un bimbo veneto non vaccinato ha la possibilità di iscriversi e di frequentare e anche di sedersi e giocare con un bimbo vaccinato. Materia di chissà quante denunce ed esposti. Non crede?
«Se così fosse permesso si andrebbe contro la legge. Non ci sono dubbi. Resta il fatto che sarebbe la Regione in contraddizione con le famiglie che invece scelgono di vaccinare i propri figli. Basti vedere ciò che è accaduto a Verona dove hanno vaccinato i propri figli tre delle quattro famiglie che non lo avevano fatto. Si rischia un conflitto improprio».
Secondo lei è cominciata la campagna elettorale per i referendum autonomisti di ottobre?
«Non lo capisco, anche se ammetto di averci pensato. Però sia la Lombardia che Zaia hanno sempre posto il problema sotto il profilo della facilitazione. Quello che abbiamo fatto con la circolare di venerdì con l'autocertificazione, va in questa direzione in materia seria e senza concedere nulla all'obbligo che resta come requisito per l'accesso. Ritengo sia poco inutile contrapporsi su questo tema. Sulla salute non ci si può permettere di fare campagna elettorale».
Pensa di parlare con il presidente Zaia?
«Certamente. L'ho fatto già con Maroni. Però la differenza è che il Veneto non hanno annunciato, hanno già fatto un atto. Nonostante questo voglio capire cosa è scritto in questo decreto dirigenziale, uno strumento che francamente rende ancor più complicata la non attuazione della legge».
Nelle altre regioni come sta andando?
«Sono sin da subito rimasta molto colpita da come si sono mosse già nel mese di agosto molte regioni per fare accordi con la Asl. Tutti hanno lavorato per facilitare famiglie e scuole. Regioni del Nord come del Sud. Si è messa in moto l'Italia molto positivamente, grazie anche alla consapevolezza delle famiglie. Addirittura in Sicilia, in un modo assolutamente da condannare, sono arrivate ad aggredire un ufficio della Asl perchè stava chiudendo alla sua ora. I genitori chiedono di essere informati ed aiutati, ma vogliono vaccinare i propri figli».
Scuole e presidi saranno in grado di supportare quest'ulteriore onere?
«Siamo sotto organico sia sotto il numero dei presidi che sono costretti a seguire molti plessi, sia nel personale amministrativo ma ovunque c'è una grande responsabilità e attenzione nei confronti delle famiglie».
La scuola, soprattutto dell'infanzia, può essere lasciata alle competenze delle regioni?
«Credo che in Italia ci sia un senso di appartenenza che spinge a muoversi in unica direzione. Tutti, Anci compreso, ci si è mossi nella stessa direzione e anche la pronuncia del garante della Privacy, che permette alle Asl l'utilizzo degli elenchi delle scuole, dimostra che c'è un sistema Paese».
La Ministra Fedeli «Escludiamo deroghe per chi non è in regola»
Ministra Fedeli, qual è l'impatto su scuole e famiglie della reintroduzione dell'obbligo vaccinale?
«La circolare congiunta che abbiamo fatto venerdì con la collega Lorenzin ha messo in moto un meccanismo importante che facilita molto le famiglie e le scuole con l'obiettivo di portare a casa un risultato importante qual è l'obbligo alla vaccinazione».
Novità che hanno disteso gli animi ovunque?
«L'autocertificazione è un passaggio fondamentale perché mantiene l'obbligo ma tiene conto della fase complessa legata al primo anno di applicazione della legge, e delle diverse realtà che ci sono nel Paese. Niente deroghe, ma facilitare il più possibile. Sarà sufficiente autocertificare la prenotazione presso una Asl dei vaccini mancanti. E questo aiuta, nella scuola da 0 a 6 anni, anche chi non ha avuto informazioni. Non solo. Obbligati a produrre certificati saranno solo le famiglie che le Asl troverà non in regola basandosi sugli elenchi degli iscritti trasmessi dai presidi».
Lei e la ministra della Salute Lorenzin avete però sempre detto che non verranno ammesse deroghe o proroghe invece il Veneto ne concede una di un anno e la Lombardia riflette congelando la proroga. Che pensate di fare?
«La regione Lombardia ha tenuto conto della nostra circolare perché il tema di discussione non è l'obbligo ma la facilitazione».
E il Veneto?
«Stiamo valutando il contenuto dell'atto amministrativo che sembra essere stato assunto dalla Regione facendo leva sulla distinzione tra iscrizione e frequenza. E' vero che la legge prevede che non si decade dall'iscrizione, ma non si può frequentare se non sei vaccinato o non hai portato l'autocertificazione che attesta la richiesta alla Asl. Il Veneto sembra voler allungare di un anno il periodo di decadenza e ciò è inammissibile».
La regione parla di una contraddizione contenuta nella legge. Un cavillo?
«Non ho capito quale sia, ma insieme alla ministra della Salute ribadiamo che non si decade dall'iscrizione, ma il bambino non può frequentare se la famiglia non ha portato il certificato con le vaccinazioni fatte o non certifichi che ha un appuntamento programmato. Se hanno fatto una scelta diversa che non risponde ai parametri della legge, il Veneto si assume una responsabilità impropria di non applicare una legge del Parlamento. Punto».
La regione sostiene che in questo modo si prende tempo in attesa della pronuncia della corte Costituzionale
«E proprio per questo che trovo strano questo provvedimento. Il presidente della regione Veneto, Luca Zaia, ha già impugnato la legge ed è in attesa della risposta della Corte. Mi chiedo perchè non debba nel frattempo applicare la legge. L'atto di impugnare una legge da parte di un presidente, significa non condividerla in tutto in parte, ma l'obbligo di rispettarla e di farla rispettare, resta. Anche perché sinora la sua politica è stata quella di voler convincere, facilitare e informare le famiglie, non escluderle dall'obbligo dei vaccini».
In questo modo però un bimbo veneto non vaccinato ha la possibilità di iscriversi e di frequentare e anche di sedersi e giocare con un bimbo vaccinato. Materia di chissà quante denunce ed esposti. Non crede?
«Se così fosse permesso si andrebbe contro la legge. Non ci sono dubbi. Resta il fatto che sarebbe la Regione in contraddizione con le famiglie che invece scelgono di vaccinare i propri figli. Basti vedere ciò che è accaduto a Verona dove hanno vaccinato i propri figli tre delle quattro famiglie che non lo avevano fatto. Si rischia un conflitto improprio».
Secondo lei è cominciata la campagna elettorale per i referendum autonomisti di ottobre?
«Non lo capisco, anche se ammetto di averci pensato. Però sia la Lombardia che Zaia hanno sempre posto il problema sotto il profilo della facilitazione. Quello che abbiamo fatto con la circolare di venerdì con l'autocertificazione, va in questa direzione in materia seria e senza concedere nulla all'obbligo che resta come requisito per l'accesso. Ritengo sia poco inutile contrapporsi su questo tema. Sulla salute non ci si può permettere di fare campagna elettorale».
Pensa di parlare con il presidente Zaia?
«Certamente. L'ho fatto già con Maroni. Però la differenza è che il Veneto non hanno annunciato, hanno già fatto un atto. Nonostante questo voglio capire cosa è scritto in questo decreto dirigenziale, uno strumento che francamente rende ancor più complicata la non attuazione della legge».
Nelle altre regioni come sta andando?
«Sono sin da subito rimasta molto colpita da come si sono mosse già nel mese di agosto molte regioni per fare accordi con la Asl. Tutti hanno lavorato per facilitare famiglie e scuole. Regioni del Nord come del Sud. Si è messa in moto l'Italia molto positivamente, grazie anche alla consapevolezza delle famiglie. Addirittura in Sicilia, in un modo assolutamente da condannare, sono arrivate ad aggredire un ufficio della Asl perchè stava chiudendo alla sua ora. I genitori chiedono di essere informati ed aiutati, ma vogliono vaccinare i propri figli».
Scuole e presidi saranno in grado di supportare quest'ulteriore onere?
«Siamo sotto organico sia sotto il numero dei presidi che sono costretti a seguire molti plessi, sia nel personale amministrativo ma ovunque c'è una grande responsabilità e attenzione nei confronti delle famiglie».
La scuola, soprattutto dell'infanzia, può essere lasciata alle competenze delle regioni?
«Credo che in Italia ci sia un senso di appartenenza che spinge a muoversi in unica direzione. Tutti, Anci compreso, ci si è mossi nella stessa direzione e anche la pronuncia del garante della Privacy, che permette alle Asl l'utilizzo degli elenchi delle scuole, dimostra che c'è un sistema Paese».