La manovra d'emergenza per assicurare liquidità all'Atac va a vuoto. Nessuno ha voluto comprare dalla malconcia azienda dei trasporti romani, a un passo dalla richiesta di concordato al tribunale fallimentare, 36 milioni di euro di crediti d'imposta. Eppure proprio la cessione dei crediti che la partecipata vantava nei confronti del Fisco era considerata «l'elemento cardine su cui si fonda il cash flow dell'ultimo quadrimestre del 2017». Così almeno scriveva l'ex amministratore unico, Manuel Fantasia, a fine giugno, quando questa operazione finanziaria è stata architettata.
L'ALLARME
Senza quei fondi, c'è scritto nel provvedimento diramato all'inizio dell'estate, sono previste «gravi ripercussioni sulla liquidità dell'azienda, che non può contare su fonti alternative di finanziamento». Tanto che la municipalizzata aveva preventivato «significative ricadute sull'operatività aziendale», in caso di mancati incassi. Insomma, ora potrebbero essere a rischio i salari dei 12mila dipendenti ma anche i servizi, dalle corse dei bus alla frequenza dei treni della metropolitana.
213 mln
le perdite registrate
dalla municipalizzata
del Campidoglio
nel bilancio 2016
La gara per acquistare i crediti d'imposta dell'Atac scadeva lunedì. Ed è andata deserta. In ballo c'erano 36 milioni e 126 mila euro. Perché la società comunale vanta 9,1 milioni di crediti alla voce Ires (in buona parte per la mancata deduzione dell'Irap di alcune spese per il personale) e 27 milioni di crediti per l'Iva. Sono soldi che Atac sperava di vendere a una ditta esterna «pro soluto»: la partecipata in sostanza non avrebbe dovuto rispondere dell'eventuale inadempienza del debitore (che però non è un privato, bensì lo Stato) garantendo solamente l'esistenza del credito. In cambio avrebbe pagato una commissione da 1 milione e 785mila euro, che sarebbero andati alla società disponibile a versare ad Atac, subito, il valore dei crediti per poi riscuoterli successivamente. Ma nessuno ha tentato l'azzardo, considerando che l'azienda dei trasporti è pronta a presentarsi davanti al Tribunale fallimentare già tra venerdì e lunedì della prossima settimana. Toccherà al neo-presidente e direttore generale dell'azienda, Paolo Simioni, provare a ridurre al minimo l'impatto del mancato incasso.
A complicare le cose, lunedì è arrivato nel quartier generale di via Prenestina un documento di precetto della società Roma Tpl, che si era rivolta ai giudici per riscuotere i crediti maturati nei confronti di Atac. Il consorzio che gestisce le linee bus in periferia ha dato l'ultimatum: o Atac paga entro 10 giorni 45 milioni di euro, oppure scatterà il pignoramento dell'importo, con tanto di interessi. Totale: 67 milioni.
Come se non bastasse, la Regione ha deciso di non pagare all'Atac 77 milioni di euro di contratto di servizio, per rientrare dai crediti vantati dalla Cotral, l'azienda dei trasporti che fa capo alla Pisana. Una mossa attaccata ieri dall'assessore alla Mobilità del Comune, Linda Meleo, che ha parlato di un «grave atto della Regione, che rappresenta un danno per l'azienda, i lavoratori e il servizio pubblico». Replica della Regione: quella di Atac è «un'appropriazione indebita di flussi di cassa appartenenti a un'altra azienda, il Comune era stato informato».