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Data: 24/09/2017
Testata giornalistica: Il Centro
All'Abruzzo serve una grande operazione verità di Camillo D'Alessandro

Gentile direttore, è evidente che il suo editoriale di mercoledì scorso ha colto l'obbiettivo che si proponeva, aggiungo io opportunamente, di aprire un dibattito franco su potenzialità e prospettive della Regione Abruzzo. Sono seguiti interventi autorevoli per contenuto e lettura.
Dal presidente della Regione Luciano D'Alfonso all'onorevole Giulio Sottanelli che pure ha contribuito ad eleggere una rappresentanza consigliare in maggioranza, che oggi esprime un presidente di commissione ed un Assessore, tra l'altro che si occupa proprio di lavoro ed opportunità occupazionali.Del dire dell'onorevole Sottanelli come non si può condividere l'appello all'unita, meglio al fare squadra nelle modalità che più servono a cogliere gli obbiettivi di legislatura condividendo agenda di lavoro e priorità.Tuttavia ritengo che le questioni poste siano molto più complesse per risolversi con un auspicato e migliorato gioco di squadra.Ritengo vada preliminarmente superato un limite di analisi se veramente vogliamo intenderci su ciò che serve e su come fare ciò che serve, va superata la scorciatoia, ovvero limitarsi a fare la fotografia dell'esistente senza ricordarsi da dove si è partiti, rischiando così di fare smarrire ogni buon proposito di contributo positivo.La crisi lunga ha colpito tutte le Regioni allo stesso modo , particolari settori in particolare, ad esempio nella fase iniziale l'automotive, esisteva un locale sistema bancario capace di disponibilità di credito ?Infine quale era la condizione finanziaria e, dunque, di agibilità di una Regione con circa 780 milioni di debiti mai dichiarati, commissariata sulla sanità, senza alcuna riforma strutturale che la rendesse operativa e capace di liberare risorse?Tutti gli indicatori ci dicono che la crisi, nei suoi primi devastati anni, dal 2008 in poi, ha morso l'Abruzzo più di altre Regioni, da qui si parte. In questo stesso periodo sono scomparse definitivamente le banche locali, si è ridotto drasticamente l'accesso al credito e, quindi, si è ridotta la propensione ad utilizzare i fondi comunitari. Nello stesso periodo la Regione ereditata era pressoché in queste condizioni: sanità commissariata, deficit strutturale, nessuna riforma. Ma la cosa più grave è stata l'assenza totale di investimenti pubblici. Non cito gli effetti negativi sull'economia regionale dovuti ai terremoti, dissesti idrogeologici, fino agli incendi devastanti che si sono concentrati nella nostra Regione.Però mi chiedo e chiedo pubblicamente. Dovevamo arrivare noi per fare emergere, cristallizzare, legalizzare i conti di circa diciotto anni circa di vita regionale, di omesse e ritardate approvazioni dei rendiconti, per ottenere la norma dal ministro Padoan che consente la rateizzazione della massa emersa in modo da non condizionare irreparabilmente i bilanci regionali e dunque garantire sanità, servizi sociali, trasporti? Dovevamo arrivare noi per salvare definitivamente la funzione dell'Aeroporto d'Abruzzo o per ottenere, finalmente, nel contratto con RFI, la dotazione di un miliardo e mezzo di euro per la realizzazione della nuova Pescara-Roma? Dovevamo arrivare noi - l'avremmo volentieri ereditato un piano di investimenti come il Masterplan - per colmare il divario infrastrutturale o per il completamento della Fondo Valle Sangro? Dovevamo arrivare noi per uscire dal commissariamento della sanità o realizzare la società unica del trasporto pubblico locale? Dovevamo arrivare noi per ottenere la norma che ha definitivamente bloccato la vita ad Ombrina sul nostro mare? Il lungo periodo della palude è finito. Va tutto bene? No. Ci sono le condizioni della svolta? Sì, ora si tratta di accelerare .Dunque il lavoro di squadra non può, anche perché non ha alcun senso, limitarsi alle azioni della Regione, ma dovrebbe informare l'attività legislativa statale, anche nelle materie concorrenti, in modo da evitare i conflitti Istituzionali, come avviene ancora oggi sulle materie ambientali.Così come capita spesso che la Regione si adegui alla normativa statale salvo poi riscontrare, nell'applicazione, critiche dagli stessi parlamentari che hanno votato quelle leggi. Penso all'applicazione del Decreto Lorenzin che ha costretto le Regioni e l'Abruzzo ad applicare le regole nazionali, salvo poi rimanere magicamente sola difronte ai cambiamenti ed alle contestazioni, come se quelle norme venissero da Marte e non dal Parlamento.Così come andrebbe posta una grande questione nazionale, in Parlamento, sulle nuove modalità di attribuzione e penalizzazione sulle risorse trasferite per il trasporto pubblico locale, che premiano l'aumento dei trasportati ed i relativi ricavi. Come si fa a raggiungere questo obiettivo in una Regione come la nostra che ha oltre il 40% del territorio costituito da aree interne ed ha una popolazione tale da non permettere alcun incremento di trasportati e ricavi da traffico? Se riorganizzi un servizio in quartiere di Roma aumenti i trasportati più dell'intera nostra Regione. Questo dibattito, con gli interventi che seguiranno, ha in sé la grande opportunità di svelare i termini della verità sui cui confrontarsi e Dio solo sa quanto l'Abruzzo abbia bisogno di verità.Camillo D'AlessandroCoordinatore Maggioranza Consiglio regionale

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