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Pescara, 24/07/2024
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Data: 26/09/2017
Testata giornalistica: Il Centro
Taglio alle società partecipate . Corsa contro il tempo in Abruzzo. Entro sabato Regione, Comuni e Province devono presentare al ministero del Tesoro i piani di razionalizzazione. Oltre mille i casi in esame. Stretta su consigli d'amministrazione e stipendi

PESCARA E' corsa contro il tempo per Comuni, province e Regioni sulle società partecipate. Gli enti locali dovranno presentare al ministero del Tesoro entro sabato 30 settembre i piani di revisione e razionalizzazione delle società nelle quali hanno quote azionarie, assieme alla ricognizione del personale e alla dichiarazione di eventuali esuberi, individuando le società da dismettere o liquidare entro i 12 mesi successivi. Con una regola cardine da seguire: non vanno tenute società che fatturano meno di 500 mila euro (la norma in origine era 1 milione, ma nella fase ponte 2017-19 la cifra è stata dimezzata su richiesta degli enti locali). Sono 1.034 le partecipazioni dirette (l'86%) o indirette (14%) detenute dagli enti locali abruzzesi. Di queste ben 900 sono detenute da comuni piccoli e piccolissimi, 83 le partecipazioni della Regione, di cui 19 di tipo diretto. Il lavoro di revisione va avanti da un paio d'anni con una certa difficoltà e già lo scorso anno la Corte dei Conti abruzzese aveva messo in guardia gli amministratori avvertendo che «a fronte di operazioni di ricognizione del portafoglio di partecipazioni», i documenti mostravano «carenze rispetto alle motivazioni della scelta di mantenere la partecipazione». Mentre «i tempi di attuazione dei piani di razionalizzazione» venivano descritti come «molto spesso indefiniti» e i risparmi presunti «generalmente trascurati». La Regione, spiega il portavoce della maggioranza Camillo D'Alessandro ha comunque pronti tutti gli adempimenti per la trasmissione alla Corte dei conti della nuova ricognizione». Il dossier è nelle mani del direttore generale dell'ente Vincenzo Rivera. Ma non dovrebbero esserci scostamenti rispetto al piano delineato dal precedente direttore Cristina Gerardis. In sostanza la Regione manterrà le sue quote nelle principali società controllate. In alcune ipotizza di crescere, mentre uscirà da quasi tutte le partecipate.Molte azioni sono state già messe in atto, come la fusione delle tre società di trasporto locale Arpa, Sangritana e Gtm in Tua. Ed è in discussione la confluenza di Ama, una partecipata del Comune dell'Aquila. La Regione, inoltre, uscirà da una serie di società non "core" come il Centro ceramico castellano e il circolo nautico Vallonchini. Uscita obbligata anche dal Consorzio sicurezza alimenti (un solo dipendente e cinque amministratori), dove la Regione detiene una quota minima (4,4%). E dal Consorzio del Polo universitario di Sulmona e del Centro Abruzzo (Unisulmona) partecipato al 61,18% dalla Regione e al 12,48% dalla Provincia dell'Aquila. Il Consorzio non ha dipendenti, ma al momento della prima ricognizione aveva 1 presidente, nove consiglieri e 5 sindaci. La Regione esce anche da Eurosviluppo. Socio di maggioranza della società di servizi alle imprese è la Fondazione Pescarabruzzo (76,69%). La Regione detiene appena il 2,72% del capitale. Dei tre centri di ricerca per l'agricoltura Crab, Cotir e Crivea resterebbe solo il Crab, già uscito dalla fase di liquidazione. Non va in liquidazione, come deciso dalla precedente giunta regionale, ma è stata salvata e, nelle parole del nuovo esecutivo, «valorizzata» Abruzzo Engineering. Per la finanziaria regionale Fira si prevede la fusione (probabilmente non tutta la società, ma un ramo d'azienda) in Abruzzo Sviluppo, individuata come società in house per i servizi alle imprese. Pro memoria per gli amministratori che resteranno in sella: le partecipate non potranno più corrispondere gettoni di presenza o premi di risultato deliberati dopo lo svolgimento dell'attività o erogare trattamenti di fine mandato; il Cda, che potrà avere al massimo 5 membri, non potrà affidare deleghe di gestione a un solo amministratore, a meno che si tratti del presidente; eliminata poi la carica del vicepresidente e introdotti scaglioni di stipendio con un tetto massimo di 240mila euro.

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