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Data: 26/09/2017
Testata giornalistica: La Repubblica
Il ricercatore con il microfono che ha incastrato i baroni: “Se fai ricorso addio carriera”. Philip Laroma Jezzi ha rifiutato di ritirarsi e ha mandato alla Finanza le registrazioni: “È il vile commercio dei posti”

FIRENZE Essere il migliore può rivelarsi non un pregio ma un difetto da penalizzare. Almeno nel mondo alla rovescia dell’università italiana. «Con che criterio sei stato escluso dal concorso? Col vile criterio del commercio dei posti». È quasi aulico il noto ex docente di diritto tributario Pasquale Russo, maestro di decine di colleghi e oggi dedito solo all’attività del suo studio fiorentino, quando spiega al ricercatore che vorrebbe diventare professore associato come funzionano le cose. «Non è che tu non sei idoneo, è che non rientri nel patto del mutuando». Russo non sa, quel 21 marzo del 2013, che chi sta ascoltando la sua lectio magistralis sul mondo dei concorsi dopo la riforma del 2010 ha acceso il registratore sul telefono. Sono proprio le parole memorizzate sul cellulare di Philip Laroma Jezzi a far partire l’inchiesta che ha travolto un intero settore scientifico di Giurisprudenza.

L’avvocato che denuncia Laroma Jezzi è un tributarista con studio in un grande palazzo nel centro fiorentino, in via Maggio, che si è opposto alla strada segnata per lui e per tanti suoi colleghi dai professori della sua materia. Non solo ha registrato due conversazioni fondamentali, ha anche tenuto costantemente informati procura e Gardia di finanza su quello che avviene all’università, su bandi e concorsi. Già anni fa una sua segnalazione aveva dato il via a un’indagine della procura, quella sull’ex direttore provinciale dell’Agenzia delle entrate fiorentina Nunzio Gargozzo, poi condannato ben tre volte per corruzione. Prendeva mazzette e in cambio si prodigava per far risparmiare le imposte a imprenditori e professionisti colpiti da accertamenti fiscali.

Nello studio del professore Il 22 novembre del 2012, Laroma Jezzi presenta la domanda per l’abilitazione sia a professore associato che ordinario. Il 21 marzo del 2013 Pasquale Russo lo chiama e lo invita nel suo studio. L’ex professore sa bene chi ha davanti, tanto che a un collega, Adriano Di Pietro, spiegherà: «Laroma come intelligenza e come laboriosità vale il doppio» degli aspiranti associati che partecipano alla selezione. Bene, Russo cerca di convincere il migliore a ritirarsi dalla corsa dell’abilitazione, perché i vincitori sono già stati decisi e far passare lui potrebbe metterli in difficoltà quando ci saranno i concorsi.

Il vecchio professore è consapevole di quanto sia pesante quello che chiede, e del resto l’altro minaccia di fare un esposto, ma aggiunge: «Come si fa ad accettare una cosa simile? Tu non puoi non accettare. Che fai, ricorso? Però così ti giochi la carriera. Qui non siamo sul piano del merito Philip. Smetti di fare l’inglese e fai l’italiano». Il riferimento è alla doppia nazionalità dell’interlocutore. «È stata fatta una lista e tu non ci sei», ribadisce Russo. Laroma Jezzi non ritira la domanda e a dicembre 2013 viene regolarmente bocciato. Fa ricorso al Tar e vince. Ora è abilitato come associato.

Parla il commissario La prima registrazione è seguita da un’altra, nel gennaio 2014. In questo caso, oltre a Russo, il ricercatore incontra Guglielmo Fransoni, uno dei commissari che l’hanno bocciato, nonché socio di studio dello stesso Russo. Gli spiegano che un potente professore fiorentino, Roberto Cordeiro Guerra, è contro di lui perché vuole fargli passare avanti un suo discepolo a una nuova selezione. «Io non ho capito la tua scelta di restare dopo che ti era stato dato il messaggio di ritirarti — dice Fransoni — cioè se uno ti dà il messaggio il motivo c’era, una consapevolezza di com’era orientata la commissione».

Come funziona il sistema È Russo ha illustrare il meccanismo : «Funziona così: a ogni richiesta di un commissario corrispondono tre richieste provenienti dagli altri commissari: io ti chiedo Luigi e allora tu mi dai Antonio, tu mi dai Nicola e tu mi dai Saverio». È, appunto, tutto un do ut des tra i vari atenei. «Ogni professore aiuta l’altro — spiega poi Fransoni — perché è chiaro che se il prof di procedura civile dice: “Scegliamo il miglior tributarista in assoluto”, rischia che poi il tributarista dica: “Scegliamo il miglior processualista in assoluto”.

Allora tutti quanti hanno convenienza a dire “no certo, il tributarista dev’essere il tributarista tuo”, perché così il tributarista dirà: “no, certo, esimio collega, il processual-civilista sarà il tuo allievo”, e così si aiutano
a vicenda». Russo sintetizza alla perfezione: «Non è che si dice è bravo o non è bravo. No, si fa: questo è mio, questo è tuo, questo è tuo, questo è coso, questo deve andare avanti per cui...». Più chiaro di così.

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