Vendere gli ex depositi per dare un po' di ossigeno ai conti dell'Atac, rendere meno drammatici i passaggi del concordato preventivo e salvare dal fallimento l'azienda di via Prenestina. Un'operazione complessivamente da circa 300 milioni di euro, che adesso il Campidoglio vuole accelerare, dopo tanti tentennamenti. Della valorizzazione del patrimonio immobiliare della municipalizzata, infatti, se ne parla insistentemente dal 2011: da allora il piano langue nei cassetti di Palazzo Senatorio, sotto forma di una delibera di giunta (preparata dall'amministrazione di Gianni Alemanno), faticosamente approvata dall'assemblea capitolina ma mai messa realmente in atto, a causa un mix di intoppi burocratici e veti incrociati. Ma la situazione dell'azienda, con l'acqua alla gola, può dare una forte accelerazione al progetto. «Per una parte di patrimonio immobiliare inutilizzato va fatto un ragionamento in direzione della dismissione», sottolinea Linda Meleo, assessore capitolino alla mobilità.
LA MANOVRA
La dismissione degli immobili di proprietà dell'ex Atac Patrimonio (adesso incorporato dall'azienda principale) compare anche nel bilancio 2016, recentemente approvato dai vertici di via Prenestina. I tre immobili di maggior valore sono, ovviamente, gli ex depositi di piazza Ragusa, piazza Bainsizza e via Alessandro Severo (nel quartiere San Paolo) - con un valore complessivo stimato in circa 150 milioni di euro - per i quali sono già stati elaborati progetti che prevedono la trasformazione degli immobili in spazi residenziali, commerciali e per uffici. Queste tre ex rimesse (Vittoria, San Paolo e Tuscolana), si legge nel documento dell'amministrazione comunale, «rappresentano un'opportunità irripetibile per un significativo processo di riqualificazione» dei rispettivi quartieri, di cui occupano «interi isolati».
IN VENDITA
A questi immobili si aggiungono un'area libera vicina alla stazione Garbatella della metro B, un'altra superficie in via Gino Severini, tra Prenestina e Collatina, a ridosso dell'ex Centro carni, e una terza area coperta contigua alla rimessa degli autobus di Acilia. Inoltre, ci sono alcuni immobili cedibili senza bisogno di trasformazioni urbanistiche: un ufficio e un appartamento in via Tuscolana, l'ex sottostazione elettrica di viale Etiopia e un'ulteriore area non edificata in via Cardinal De Luca, nei pressi del palazzo della Marina. Il provvedimento originario autorizzava l'azienda di via Prenestina «ad alienare i beni immobili mediante trasferimento a un Fondo comune di investimento immobiliare». Il Fondo prescelto, «investirà in immobili di Atac Patrimonio da valorizzare, anche mediante azioni di cessione e trasformazione» degli stessi beni.
L'ITER
L'operazione però non è semplice. Per mandare a regime il piano del Campidoglio c'è ancora bisogno di portare a termine alcuni passaggi fondamentali, tra cui le varianti urbanistiche per poter utilizzare aree e strutture. Gran parte di questi immobili andrebbero peraltro bonificati prima di essere messi in vendita, per altri, affinché siano appetibili sul mercato, invece occorrerebbe destinazioni d'uso diverse dal punto di vista urbanistico. Inoltre, su alcune di queste sedi ci sono le ipoteche delle banche, per via dell'ultimo prestito chiesto per salvare Atac dall'agonia. Ma il tempo stringe, e sul colle capitolino lo sanno bene.