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Data: 29/09/2017
Testata giornalistica: Il Messaggero
Spese pazze in Regione rinviati a giudizio 16 ex consiglieri del Pd

ROMA La cifra, specie in tempi di crisi, non è di poco conto: in tre anni, alcuni consiglieri regionali del Pd, avrebbero speso in modo improprio 2,6 milioni di euro, soprattutto per assumere collaboratori senza alcuna procedura pubblica. Ma nel caso del sindaco di Fiumicino, Esterino Montino, ci sarebbero anche condotte più pesanti: lo storico dirigente del Pd romano è accusato anche di peculato, truffa e corruzione assieme al tesoriere del gruppo Mario Perilli, perché avrebbe usato quegli stessi fondi per finanziare una testata on line, Paese sera, e, in cambio, far ottenere un lavoretto alla figlia dello stesso Perilli. Sedici ex consiglieri regionali del Partito democratico (due sono deceduti) sono stati rinviati a giudizio dal gup di Roma, Alessandra Boffi accogliendo le richieste avanzate dai sostituti procuratori Alberto Pioletti e Laura Condemi. Per tutti la prima udienza del processo è stata fissata al 22 gennaio davanti ai giudici della ottava sezione penale. Le accuse fanno riferimento al periodo 2010-2013 e si riferiscono all'utilizzo dei fondi regionali all'assunzione di collaboratori senza alcuna procedura pubblica. Una pratica da «spese pazze» ha detto qualcuno. L'indagine si è svolta parallelamente a quella contro il capogruppo del Pdl, Franco Fiorito, già condannato per peculato. Ad affrontare il processo saranno lo stesso Montino, Giancarlo Lucherini, Claudio Mancini e i senatori Bruno Astorre, Claudio Moscardelli, Daniela Valentini, il deputato Marco Di Stefano ed Enzo Foschi.
IL CASO MONTINO
Pesanti le accuse nei confronti del sindaco di Fiumicino Esterino Montino, marito della senatrice Monica Cirinnà. Insieme all'ex tesoriere Mario Perilli avrebbe usato 64mila euro di contributi al gruppo regionale per finanziare nei fatti la testata on line «Paese sera». La società fatturava per pubblicazioni mai uscite e, in cambio, avrebbe fatto ricevere, in particolare a Perilli, un «utilità», si legge nel provvedimento, «consistita nella stipula di un contratto di lavoro a progetto per la durata di un anno (successivamente prorogato per ulteriori cinque mesi) sottoscritto tra lo stesso Vincenti e Perilli Serena (figlia di Mario) per l'espletamento da parte di quest'ultima di attività di assistenza alla segreteria amministrativa della società Nuovo Paese Sera srl». Dovranno rispondere di peculato, truffa e corruzione in concorso con l'editore, Massimo Vincenti, oltre che di abuso d'ufficio.
GLI ALTRI CASI
Gli altri ora a giudizio rispondono esclusivamente di abuso d'ufficio. Ma per tutti, le cifre usate impropriamente, sarebbero state ingenti: Mancini avrebbe utilizzato in modo illecito oltre 188 mila euro destinati al gruppo, Astorre oltre 122 mila, Moscardelli oltre 181 mila euro mentre Di Stefano quasi 94 mila euro. Sempre, per l'assunzione di collaboratori. La decisione del giudice per le udienze preliminari ha riacceso le polemiche a livello politico. Gli M5S vanno alla carica e con Roberta Lombardi, deputata e candidata alle regionarie per la presidenza della Regione Lazio, affermano che «dopo Roma e Mafia Capitale, gli affari del Pd arrivano anche in Regione Lazio. È la solita storia - sottolinea -: fondi pubblici, soldi nostri, spesi e sperperati dai partiti in modo illecito. Noi abbiamo la possibilità di mandarli a casa una volta per tutte». A rispondere alle accuse, a nome degli oggi senatori Astorre, Lucherini, Moscardelli, Scalia e Valentini è l'avvocato Renato Archidiacono: «Le collaborazioni contestate con l'accusa di abuso d'ufficio, si riferiscono alla diffusione dell'attività politica dei gruppo, ma le indagini hanno dimostrato l'effettività dell'attività svolta dai vari collaboratori - spiega il legale - la verità è che la contestazione si fonda su una interpretazione della normativa di riferimento. La legge regionale prevedeva che i contratti dei collaboratori dei gruppi fossero a carattere fiduciario».

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