ROMA In principio la chiamavano La Triplice. L'etichetta affibbiata a Cgil, Cisl e Uil scatenò un polverone. Un po' come ieri quando il candidato premier M5S Luigi Di Maio ha lanciato alle organizzazioni una sorta di ultimatum: «O i sindacati si autoriformano o quando saremo al governo faremo noi la riforma».
SINDACATI GIOVANILI
Ieri dal palco del Festival del lavoro, ospitato in una città a forte tradizione operaista come Torino, Luigi Di Maio ha inviato un nuovo siluro ai sindacati storici: «Se il Paese vuole essere competitivo - ha detto - le organizzazioni sindacali devono cambiare radicalmente. Dobbiamo dare possibilità alle associazioni giovanili di contare nei tavoli di contrattazione, serve più ricambio nelle organizzazioni sindacali». La riforma annunciata è quella dell'articolo 39 della Costituzione. Non si registra altrettanta sensibilità per l'altro articolo, quello sui partiti (il 49), poiché si sa il M5S su statuti e forme partitiche non vorrebbe mai troppo stringere i paletti per non danneggiare il proprio movimentismo.
Insorge tutta la sinistra, il ministro del lavoro e poi loro, i sindacati, con Susanna Camusso (Cgil) che parla di «linguaggio autoritario e insopportabile». E ancora: «Stiamo tornando all'analfabetismo della Costituzione, perché la libertà di associazione è un grande principio costituzionale». Alla Carta fondamentale si rifà anche il segretario del Pd Matteo Renzi che da Orvieto evidenzia un paradosso: «Il messaggio della Repubblica democratica fondata sul lavoro, su cui si segnò una sintesi tra l'esperienza cattolica e quella socialista, non è da mettere in un tabernacolo e citare solo il 2 giugno. Perché è un principio messo in discussione da chi dice che vuole fare il reddito di cittadinanza, l'assistenzialismo. Il lavoro non è solo salario ma dignità».
Ma il blog è sempre stato molto chiaro, bisogna iniziare a disintermediare e «tagliare i vecchi privilegi, le incrostazioni di potere del sindacato tradizionale». Altra svolta incardinata ieri da un Di Maio molto ammiccante al mondo delle PMI: la flex security, la flessibilità. E lo dice nel giorno in cui un ex collaboratore parlamentare del M5S denuncia di non essere stato ancora in grado di recuperare 70 mila euro che gli spetterebbero come risarcimento secondo il giudice del lavoro per un licenziamento non a norma. Ma i conti dei parlamentari non sono pignorabili, con buona pace dell'abolizione dell'impignorabilità proposta dallo stesso M5S.
PMI
«Da qui al 2025 circa il 50% dei lavori saranno lavori creativi» ha detto Di Maio per poi spiegare alla platea: «Ma non dovete pensare che arriveranno i fricchettoni». La sua missione è durissima: grattare via la patina odiosa di dolce far niente che molti, soprattutto quel milieu imprenditoriale nordista, collega al reddito di cittadinanza. Sui sindacati la pensa così anche Roberto Fico che da Marano, nel Napoletano, dice: «I sindacati hanno avuto una storia importante in Italia - ha detto - ma a volte si è interrotta perché sono stati più vicini ai governi che ai lavoratori».
E parla dei tanti, ripetuti travasi tra sindacato e politica: «Abbiamo visto segretari di Cgil, Cisl e Uil candidati con i partiti con i quali c'era molta contiguità. È in questo senso che vanno riformati». Il freddo tra i due, Fico e Di Maio, sembra temperato da nuove logiche organizzative che prenderanno piede già la prossima settimana con Luigi Di Maio che da neocapo politico intende coinvolgere al massimo i colleghi. Ha già fissato un aggiornamento con tutti i tavoli di lavoro relativi al programma elettorale. Incontri che prima svolgeva Davide Casaleggio in persona.
I sondaggisti: mossa studiata per recuperare il voto giovane
L'attacco ai sindacati da parte del candidato premier M5S Luigi Di Maio, nasconde la difficoltà di un M5S che ha perso contatto con la sua base, nel tentativo di accreditarsi sempre più come forza di governo. E quella dello stesso vicepresidente della Camera che dopo aver constatato che è stato superato dall'invettivista Alessandro Di Battista nella fiducia da parte degli elettori M5S, vuole tornar a strizzare l'occhi alla fascia dei giovani disoccupati e precari più arrabbiati del suo movimento.
Così la pensano alcuni maggiori sondaggisti italiani sulla sparata'affondo anti sindacati di ieri di Di Maio al festival del lavoro di Torino. Si tratta di strizzare l'occhio ai giovani del suo movimento ma anche, spiega Enzo Risso, direttore scientifico di SWG, «del bisogno da parte di Di Maio di recuperare un immagine di combattente, di guerriero, non più con l'abito blu, soprattutto dopo che la sua fiducia da parte degli elettori è scesa al 24% ed è stato superato dal compagno di partito Di Battista che invece raggiunge il 27%». In più, continua Risso, «il Movimento 5Stelle deve affrontare un dopo primarie non positivo, di solito dopo un evento del genere i consensi di chi le organizza aumentano mentre in questo caso non sta avvenendo. E per questo ha ricominciato ad attaccare tutto quello che sono considerate caste. Un profilo movimentista rispetto a uno più istituzionale attento alla concertazione».
Vista così però, secondo Fabrizio Masia, direttore generale di EMG Acqua, «ho qualche dubbio che questo tipo di esternazione venga colta. Il posizionamento dei M5S è già forte in quell'elettorato mentre attaccando i sindacati non certo conquista quello del Pd. Certo se da frase estemporanea invece viene ripresa, declinata, spinta, potrebbe avere la sua efficacia almeno sulle fasce meno protette». Che sono proprio gli elettori di riferimento dei pentastellati: giovani, disoccupati, non tutelati, a differenza dei loro genitori sindacalizzati. Un altra ragione, spiega Alessandro Amadori, vicepresidente dell'Istituto Piepoli, «dipende dal fatto che M5S e lo stesso Di Maio si sono molto deposizionati, ovvero hanno perso le loro vecchie posizioni, agli occhi dei loro stessi elettori si sono terribilmente imborghesiti e hanno perso energia. E questo può spiegare l'attacco ai sindacati come un ritorno alle origini. Per il movimento e ancora di più per Di Maio che è in crisi di fiducia, è importante recuperare un posizionamento che non c'è più. Può recuperare sui giovani del suo partito ma non sui giovani in generale che sono diventati molto più pragmatici».
CAVALCARE LA RETE
In definitiva conclude Amadori, «più che di consensi questa uscita gli può far guadagnare fiducia da parte del suo elettorato». Infine Carlo Buttaroni, residente di Tecnè spiega che «si tratta di un ritorno allo stile M5S di cavalcare non tanto l'umore generale della popolazione, ma quello della rete. E lì effettivamente si trovano gli esasperati che sono una minoranza rumorosa. I sindacati in questo periodo godono di una buona fiducia da parte del paese, molto più grande dei partiti e la gente crede che abbiano supplito alla carenza dei partiti. Per questo un attacco a loro non gli fa guadagnare nulla fuori dal perimetro del suo partito. Per questo mi sembra che sia stato un messaggio rivolto più ai suoi che agli altri».