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Data: 02/10/2017
Testata giornalistica: Il Messaggero
Atac, fuga di investitori: «La pubblicità a picco, in sei anni perso il 50%»

Chi vuole associare la propria immagine ai bus che vanno a fuoco, alle fermate fatiscenti con le paline elettroniche che non funzionano, alle stazioni della metro con le banchine sovraffollate per le attese bibliche a cui sono costretti i pendolari? Risposta facile: nessuno, o quasi. E infatti negli ultimi anni i ricavi dalla pubblicità messi a bilancio dall'Atac sono precipitati. Negli ultimi sei anni, il bottino legato al marketing, per la più grande partecipata dei trasporti d'Italia, si è praticamente dimezzato. Si è passati dai 16 milioni di euro incassati nel 2010 agli 8,2 milioni del 2016. Per gli amanti delle statistiche, il calo, anzi il crollo, è del 48,7 per cento.
GLI SCANDALI
Forse non è un caso che la curva, come dicono gli esperti di numeri e grafici, abbia iniziato a correre giù nell'anno di Parentopoli, lo scandalo delle promozioni facili di amici e famigli, che ha portato, solo l'anno scorso, al licenziamento in tronco di 33 raccomandati. Nel 2011 di fatti si è registrato il primo ribasso: i ricavi da pubblicità sono scivolati a quota 15,6 milioni di euro, l'anno dopo ancora un calo: 15,3 milioni. Ma il vero tracollo avviene nel 2013, quando i ricavi dal marketing messi a bilancio sono appena 7,4 milioni. Da allora, in pratica, l'Atac non si è più ripresa: stesso (magro) importo nel bilancio 2014, appena 7,6 milioni nel 2015 fino ai numeri dell'ultimo consuntivo, quello appena votato dal Cda, che ha fatto registrare una mini-crescita, chiudendo questa voce di bilancio a 8 milioni e 270mila euro. Un lieve miglioramento, certo, ma che non sposta praticamente nulla in un'azienda che ha appena registrato perdite per 212,7 milioni di euro e che ha accumulato negli anni un debito gigantesco che sfiora 1,3 miliardi.
LE CAMPAGNE
I creativi di Atac qualcosa si sono inventati. Come i biglietti speciali per i 39 anni di Totti, messi in circolazione alla fine del settembre 2015 e andati esauriti nel giro di 48 ore (anche se gli incassi in quel caso, grazie alla generosità del Pupone, vennero devoluti interamente all'ospedale Bambino Gesù). Ma di campagne ce ne sono state molte, dai concerti ai personaggi dei fumetti stampati sui tagliandi. Anche se le signorine osé finite sui ticket firmati da Milo Manara fecero litigare l'ex amministratore unico, Manuel Fantasia, con il diggì dell'epoca, Bruno Rota, contrario a quelle immagini troppo scollacciate.
«Nella pubblicità conta molto la credibilità del vettore», spiega Lorenzo Pregliasco, docente di Analisi della comunicazione all'università di Bologna. «Questo, nel caso di Atac, può avere avuto un ruolo nel crollo dei ricavi dalle inserzioni». Un altro fattore chiave potrebbe essere rappresentato dal vetusto parco mezzi della società comunale, falcidiato da guasti continui. «Se in strada circola un bus su due o quasi, come si legge spesso sui giornali, anche gli investitori potrebbero sentirsi scoraggiati, temendo di acquistare un pacchetto con una visibilità che poi, nei fatti, è molto più ridotta di quella pattuita». Come a dire: per vendere gli spazi su pensiline e bus, i bus dovrebbero anche circolare, tutti.

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