La follia non c’entra un bel niente. Né matti né psicopatici, la pista è un’altra, anzi sono due. Con un’unica regia, un disegno criminale di menti raffinatissime: questo c’è dietro l’incendio del Morrone secondo la procura di Sulmona. Un unico filo che lega pezzi d’Italia ridotti in cenere, complice anche la congiuntura climatica di agosto.
E a prendere corpo, in questi giorni, sono due piste che stanno seguendo gli investigatori e che portano lontano, molto lontano dalle ipotesi confezionate nei giorni della concitazione e della paura: una strategia ben precisa messa a punto da menti raffinate.
Adesso si tratta di capire qual è quella giusta.
Roghi a catena, roghi diffusi, inneschi che nascono come funghi distruggendo spettacolari angoli d’Abruzzo e non solo. Un agosto caldissimo e tragico, lassù sul Morrone, esattamente un anno dopo il terremoto di Amatrice.
Di una cosa è convinta la procura: inutile andare a caccia del matto o del malato di mente, bisogna cercare altrove, possibilmente più in alto.
La teoria della regia unica evoca le “menti raffinatissime” di falconiana memoria e ci dice che siamo di fronte a qualcosa di grosso.
Le piste da seguire sono due, e sono top secret. Ma la sensazione è che chi indaga punti in alto, la sensazione è che ad agosto in Abruzzo e un po’ nel resto d’Italia si sia manifestato un fenomeno nuovo, di cui al momento non sono chiare né dinamiche né motivazioni. Perché? Quali moventi? Quali interessi?
Interessi: è questa la parola chiave, di questo è convinta la procura, che ci siano grossi interessi. Ma l’assalto speculativo è da escludere, ci sono leggi che tutelano il territorio e che sono difficilmente aggirabili. Però c’è tutta l’”economia del dopo” che potrebbe fare gola a molti: dal rimboschimento alla bonifica dei boschi rasi al suolo. Ma c’è anche un’altra ipotesi, molto più azzardata e più politica: la destabilizzazione interna (come le bombe della strategia della tensione, tanto per fare un esempio) oppure speculazioni esterne (l’aggressione dei mercati in coincidenza con la ripresa mondiale dell’economia). In entrambe le ipotesi chi ha agito sapeva di poter contare sulla sostanziale impreparazione del sistema Paese e ancor di più, del sistema Abruzzo, di fronte alle catastrofi naturali (con l’aggravante della recente riforma del corpo forestale, assorbito dai carabinieri con esclusione delle competenze anti incendio). In Abruzzo la storia recente ha rappresentato una garanzia, a partire dalla strage di Rigopiano: impreparazione, nessuna prevenzione, nessun investimento di tutela del territorio.
ps: altro che matti, altro che piromani. Adesso la speranza è che il punto di svolta dell’inchiesta sia vicino.