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Data: 06/10/2017
Testata giornalistica: Il Messaggero
Atac, effetto concordato Deserta una gara su due

«L'azienda è ormai ingestibile, non ha più soldi in cassa», disse su queste colonne l'ex diggì Bruno Rota. Era il 29 luglio, il giorno in cui lasciava l'Atac, sbattendo la porta. È da quel momento che si è iniziato a parlare con insistenza di una procedura fallimentare per salvare la più grande partecipata dei trasporti d'Italia, 12mila dipendenti e un debito da 1,3 miliardi di euro. E il primo effetto del concordato in bianco, prima solo ipotizzato, poi annunciato e infine protocollato alla cancelleria del Tribunale, è la fuga dei fornitori dalle gare bandite dalla società comunale. Dal primo agosto ad oggi su Atac-Faber, la piattaforma online degli appalti, sono state pubblicate 20 procedure; cinque sono ancora in corso, mentre quelle arrivate a conclusione sono 15. Di queste, appena 5 sono state aggiudicate in via provvisoria e 2 sono ancora in fase di esame. Mentre 8 sono andate deserte: non si è presentato nessuno.
LE COMMESSE
Non si tratta di servizi di poco conto; il fiasco degli appalti riguarda commesse da quasi mezzo milione di euro, tra pezzi di ricambio, scale dielettriche, lettori di monetine, dispositivi per verificare i titoli di viaggio sulla smartcard di Metrebus, il servizio di manutenzione e assistenza degli apparati hardware del sistema di bigliettazione elettronica. Al di là delle singole voci, è il segnale generale a preoccupare: l'incertezza sulla sorte della municipalizzata spaventa le imprese. Il rischio è che alla fine il flop delle commesse peggiori ulteriormente un servizio già allo stremo, perché senza ricambi è impossibile rimettere in carreggiata bus tra i più vecchi d'Europa.

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