PESCARA Quarant'anni per giungere all'affidamento dei lavori della Fondovalle Sangro, la superstrada che completa il collegamento tra l'Adriatico e il Tirreno al servizio della zona industriale più importante d'Abruzzo: le infrastrutture al servizio dello sviluppo, un'intuizione che nei primi decenni del dopoguerra convinse personaggi come l'ex ministro Remo Gaspari a puntare tutto sulle autostrade. Certo, a spingere sul collegamento su gomma c'era anche la Fiat in quegli anni e le Sette sorelle (con Api si vola). La penetrazione verso Roma e la dorsale adriatica consentivano all'Abruzzo di uscire dall'isolamento, vantaggi di cui la regione gode ancora oggi ma in un contesto internazionale nuovo che impone di guardare anche allo sviluppo del trasporto via mare e su ferro per attrarre i nuovi mercati, come quello della Turchia. Camillo D'Alessandro, delegato ai trasporti della Regione, invita a fare un salto nel passato per comprendere le esigenze di oggi: «La storia delle infrastrutture in Abruzzo coincide con quella degli interventi della Cassa per il Mezzogiorno, quando la modernizzazione del sistema regionale passava dal trasporto merci su gomma. Questa impostazione ha portato a concentrare tutto sulle autostrade e sulle interconnessioni viarie che in quell'epoca consentirono di liberare aree a vocazione industriale, come quella della Val di Sangro». Una intuizione che si fermò lì, trascurando le funzioni strategiche di altre infrastrutture nate nell'Italia pre unitaria, come la ferrovia: «In quell'epoca - spiega ancora D'Alessandro - si riteneva che il trasporto su ferro e su mare fossero superati, a differenza di altre regioni. Così oggi disponiamo di una rete ferroviaria poco veloce, di porti troppo corti e di un aeroporto troppo piccolo. E' la storia a riconvocare l'Abruzzo su un'altra partita da giocare, quella della macro regione Adratico Ionio. Perché i nuovi paesi produttori sono collocati sempre più a Est e a Sud del Mediterraneo ed è all'interno di questo quadro che nasce l'idea dei porti funzionali, collegati con sistemi di intermodalità mare-ferro a basso impatto ambientale, come chiede l'Europa. Da qui la scelta maturata già tre anni fa, all'epoca del nostro insediamento, di indirizzare 54milioni del Mastreplan al porto di Ortona e 20milioni per quello di Vasto, destinati a migliorare il collegamento dei due scali con la ferrovia. Per candidare l'Abruzzo a un ruolo centrale dentro la macro regione bisogna risalire alla sua vocazione storica, l'intuizione che il barone lancianese Panfilo De Riseis ebbe nel 1885: il corridoio su ferro verso il Tirreno, che fu poi realizzato nel 1905 collegando Ortona, San Vito, Lanciano e tutta la Val di Sangro con Napoli».
D'Alessandro annuncia novità importanti a breve su questo fronte, ma non vuole anticipare ancora nulla: «La nostra vocazione - aggiunge - è questa, la penetrazione sul Tirreno verso Roma e Napoli, e sulla direttrice adriatica che al momento sarà garantita da treni più veloci (300milioni investiti dal governo) e dalla rete Ten-T del trasporto europeo, in attesa dell'Alta velocità. Ma servono anche porti all'altezza in grado di attirare i grandi flussi». L'alleanza con Civitavecchia rientrava in questa strategia. Intanto è confermato il mega piano delle Ferrovie per il raddoppio della Pescara-Roma dal costo di 1,5 miliardi: «Dovrebbe consentire - spiega D'Alessandro - di raggiungere la Capitale in 2 ore, al massimo 2 ore e 20». Anche se il progetto esecutivo non c'è ancora. Oggi ci sono solo i treni da antico West che arrancano tra le montagne, come in un affresco dal sapore vintage.