«Degli accordi del gennaio scorso, che prevedevano a Vasto la sede operativa del Centro unico di ricerca, alla Regione hanno fatto cartastraccia, calpestando rispetto, dignità delle persone e speranze. Ecco perché, adesso, sia il governatore, Luciano D'Alfonso, a tirarci fuori dai guai». Marilena Di Tullio, ricercatrice del Cotir, assunta per concorso negli anni '90, alza il tiro e, a nome dei 30 dipendenti del consorzio delle tecniche irrigue, senza stipendio dal marzo 2015, chiama in causa, in prima persona, il presidente della Regione. Lo ha fatto ieri, davanti ai sindacati confederali (c'erano, tra gli altri, Ada Sinimberghi e Rita Innocenzi, Flai e Cgil e Maria Pallotta della Cisl). Una presenza, quella dei regionali, che, per i lavoratori in lotta rappresenta un passo avanti: «E' così dice Di Tullio perché hanno condiviso la necessità di un'azione forte nei confronti della Regione Abruzzo. E' per questo che, in via ufficiale, chiederanno loro un incontro immediato al governatore, Luciano D'Alfonso. Un fatto è certo: l'incontro dovrà esserci in tempi brevi, la prossima settimana, per trovare una soluzione che sia immediata. Di chiacchiere, infatti, in questi anni, da quando la vicenda è venuta alla luce, nel dicembre 2014, ne abbiamo sentite tante, troppe». I dipendenti del Cotir di Vasto, dove, oltre alle serre, va in malora persino una Tac utilizzata per la ricerca, costata 600 mila euro di soldi pubblici, si sentono traditi. «La nostra vicenda ha preso strade diverse da quelle concordate: il Cotir, secondo l'intesa sottoscritta a gennaio di quest'anno, andava inglobato all'interno del Crua, il centro unico di ricerca che, ad oggi, ha previsto invece il solo Crab di Avezzano. La sede operativa doveva stare a Vasto e il personale assorbito interamente dal Crua. Alla fine, invece, a noi nemmeno una pacca sulla spalla, i quattro commissari liquidatori dimissionari e il Crab in salvo. Come ho già detto osserva Di Tullio - ci vogliono morti, ma tra le mura del Cotir il cuore batte ancora più forte e, aggiungo, siamo anche più nervosi. Per anni ci hanno tenuto a bada con le promesse, ma ora basta. Il presidente D'Alfonso deve trovare una soluzione urgente. Se non arriverà entro la prossima settimana noi alzeremo il livello della protesta, portandola nel Palazzo, non più in località Zimarino».