PESCARA Le sfide non lo hanno mai spaventato, ma questa ha già il sapore dell'azzardo: diventare il primo presidente della Regione Abruzzo eletto due volte, in questo caso due volte consecutivamente. La riflessione è in corso. Luciano D'Alfonso continua a fiutare l'aria e a chiedere consigli ai suoi. Poi farà come sempre di testa sua, ma sembra proprio che la strada per Roma si sia allontanata. Del resto, scaldare una poltrona del Parlamento non è mai stata la sua massima aspirazione. Quella vera, per altro non taciuta, è di regalare alla sua regione un altro ministro, che pur lasciano nella sua icona il pluridecorato Remo Gaspari non faccia rimpiangere zio Remo. Il quadro politico nazionale è però piuttosto complicato. La probabilità che il prossimo sia un governo di coalizione è messa nel conto da molti. E questo potrebbe ridurre notevolmente i ministeri in quota Pd.
Poi ci sono molte altre considerazioni che sembrano indurre il governatore a tentare il bis. Nei primi tre anni di legislatura, la maggioranza ha messo tanta carne al fuoco, ma l'Abruzzo facile e veloce è andato a scontrarsi con un apparato tecnico-amministrativo che non ha mai viaggiato alla stessa andatura da autovelox del presidente. Per tante ragioni: la farraginosità delle procedure, a cui D'Alfonso è sempre stato insofferente; gli occhi addosso delle procure e della Corte dei conti, i burocrati di Bruxelles sul freno a mano. Così, a due terzi della legislatura, tutto è ancora un cantiere aperto: dalla spesa dei fondi europei al Mastrplan, il Piano per il Sud che destina 1,5miliardi all'Abruzzo; al riordino della sanità e della nuova edilizia ospedaliera, a tutto ciò che bolle in pentola sulle nuove infrastrutture viarie e ferroviarie nell'ottica della macro regione Adriatico-Ionio.
FRUTTI
Lasciare tutto questo in sospeso, proprio al momento di raccogliere i frutti (nell'ultimo anno della consiliatura regionale) sarebbe solo un bel regalo per chi arriverà dopo. Di contro, i rischi a cui andrebbe incontro il governatore nella sua rincorsa alla candidatura bis non sono pochi. Intanto la statistica: negli ultimi ventidue anni l'alternanza tra centrodestra e centrosinistra alla guida della Regione è stata una regola non scritta: nel 1995 Antonio Falconio (centrosinistra), nel 2000 Giovanni Pace (centrodestra), nel 2005 Ottaviano Del Turco (centrosinistra), nel 2009 Gianni Chiodi (centrodestra), nel 2014 Luciano D'Alfonso (centrosinistra). Chi ha governato negli ultimi due decenni non ha mai trovato conferme dall'elettorato nelle elezioni successive. E questo per una ragione quasi fisiologica: governare significa rispondere alle esigenze del territorio e accontentare tutti non è mai facile. Mentre dai banchi dell'opposizione è sempre più facile cavalcare la protesta. Ne sa qualcosa proprio D'Alfonso, più volte costretto in questi tre anni a fronteggiare anche le fibrillazioni interne, superate con due rimpasti in giunta, proprio per la difficoltà di rispondere alle logiche dei territori: la riforma della sanità è stata una delle prove più dure da affrontare. Ecco dove si nasconde l'azzardo della candidatura bis a governatore. Che se dovesse essere confermata è destinata a sparigliare le carte anche in vista della candidature per il Parlamento, e non solo nel Pd. Gli stessi avversari di oggi (in particolare il centrodestra) si vedrebbero costretti a rispondere alla sfida di D'Alfonso con una candidatura in Regione altrettanto forte e a riscrivere le liste per le politiche.