Al Campidoglio servirebbero 8mila assunzioni, dice Virginia Raggi, che ieri ha chiesto uno strappo alle rigide regole del turn-over soprattutto per rimpolpare le fila dei vigili urbani. Il timing dell'annuncio, per i grillini, è infelice perché arriva proprio nel giorno in cui la Multiservizi, partecipata di secondo livello del Comune, svela che entro Natale potrebbero essere licenziati 400 addetti. E l'opposizione allora ha gioco facile nell'attaccare i pentastellati che in campagna elettorale promettevano: «Nessuno sarà mandato a casa».
Sulle assunzioni, almeno per ora, l'unica risposta che trapela dal governo è un gelido «no comment». Comincia in salita, insomma, la partita che l'amministrazione M5S prova a giocare per ingrossare l'esercito dei 23mila dipendenti capitolini. La sindaca, ieri, ha accettato di fare da sponda ai sindacati confederali, che da anni reclamano un'infornata di assunzioni al Comune di Roma, nonostante i conti di Palazzo Senatorio veleggino da tempo in acque agitate.
LA REAZIONE I margini della trattativa sono per forza di cose angusti. Di fatti dal Ministero della Pubblica amministrazione ieri preferivano non commentare l'iniziativa pentastellata. Lasciando parlare, in qualche modo, i numeri degli ultimi anni, ovvero il fatto che le maglie del turn-over si sono già generosamente allargate. Per Roma e per tutti i grandi comuni delle città metropolitane. Il tema, insomma, è già stato affrontato a livello generale e qualche perplessità sul fare un'eccezione per la Capitale, nei fatti, al dicastero c'è. Di sicuro la mossa scodellata ieri dal Campidoglio a trazione M5S ha caratteri inusuali, perché parte da una chiamata alle armi della Triplice sindacale, sulla quale Palazzo Senatorio si mette in scia.
L'asse Campidoglio-confederali, così si leggeva nella nota vergata ieri dalla sindaca e dai responsabili locali di Cgil, Cisl e Uil, chiede all'esecutivo di «rivedere i vincoli finanziari alla facoltà di assunzione del personale di Roma Capitale». Ci sarebbe bisogno di «un intervento per rimuovere gli ostacoli di tipo finanziario e normativo che costringono l'amministrazione a operare con una carenza di organico di quasi 8mila unità». Nell'immediato servirebbero almeno 300 vigili in più.
IL CONCORSONE Non è solo una questione di numeri. La giunta M5S vorrebbe dal governo - e a stretto giro - una maxi-proroga per tutte le graduatorie dell'infausto Concorsone, avviato nel 2010 e poi arenatosi più volte nelle secche della burocrazia romana, salvo poi essere sbloccato dalla sindaca, grazie al lavoro del suo braccio destro e delegato al Personale, Antonio De Santis. Il problema qual è? Quelle graduatorie scadono tra pochissimo, a dicembre 2017. Senza una dilazione avallata dall'esecutivo, il Comune per procedere alle assunzioni dovrebbe rimettere in piedi un Concorsone bis, con costi sostenuti e tempi indecifrabili, visti i precedenti.
Fatalità vuole che mentre in Campidoglio si parla di assunzioni, siano partite le lettere di licenziamento per 30 impiegati della Multiservizi, partecipata al 51% dall'Ama. Rischia di essere solo l'antipasto di un'operazione più vasta, considerato che l'azienda ha avviato la «procedura di mobilità» per 400 addetti. Così ha scritto l'ad Rossana Trenti, in una missiva resa nota ieri dal diggì di Ama, Stefano Bina, ascoltato in commissione Trasparenza. Lo stesso manager ha ammesso che «c'è grande difficoltà» perché la controllata, dopo anni di bilanci in utile, ha visto precipitare il proprio fatturato. Negli ultimi mesi è saltato l'appalto per la pulizia nelle scuole statali e nei centri di formazione, poi l'azienda ha perso 9 lotti su 15 della commessa per la pulizia di bus e metro. La minoranza, dal Pd al consigliere Alessandro Onorato della lista Marchini, attacca la giunta, anche il governatore del Lazio Nicola Zingaretti segue «con attenzione» la vicenda. Il M5S per il momento ripesca la promessa elettorale: «Nessuno sarà licenziato». E si lavora per traghettare i dipendenti della Multiservizi in una nuova società, di cui il Comune sarebbe proprietario al 51%. Ma sulla gara a doppio oggetto, che scade a fine ottobre, già pendono almeno 5 ricorsi.
E Virginia cerca il soccorso dei sindacati: telefonate riservate con Camusso e Furlan
Ecco come si cambia per non morire. Beppe Grillo, nel 2013, prima delle elezioni, fu abbastanza netto: «I sindacati sono morti, eliminiamoli». La settimana scorsa, Luigi Di Maio, candidato premier del M5S, è stato meno cruento ma ugualmente sbrigativo: «I sindacati devono riformarsi da soli o lo faremo noi». In mezzo, Virginia Raggi che con i confederali (e non solo) va a braccetto. E li resuscita mediaticamente, nobilitandoli davanti all'opinione pubblica grillina (e non solo a quella). Con tanti saluti e abbracci alla sbandierata disintermediazione che sta tanto a cuore ai vertici del M5S. «Ci manca solo di aprire una Sala Verde», scherzano in Comune. Questione di reciproca opportunità o opportunismo. Guai a chiamarlo consociativismo, certo. Fatto sta che le affinità elettive tra Raggi e sindacati vanno avanti da tanto e continuano. Il flirt con quelli di base dell'Usb scoppiò addirittura in campagna elettorale. Poi da quando è diventata sindaca, Virginia ha stretto con i profili più alti della triplice. Come con Susanna Camusso, andata a omaggiare lo scorso 17 settembre a Lecce, alla festa della Cgil. In quell'occasione la grillina, anche dopo un faccia a faccia con la leader, disse: «Certo che parliamo con loro: abbiamo chiuso anche accordi importanti a Roma». Virgy e Susy si sentono, si telefonano e si consultano. Idem con la Cisl, che tanti iscritti conta in Campidoglio. Con la quale c'è stato addirittura un'andata e un ritorno. A giugno fu la prima cittadina a partecipare alla festa nazionale del sindacato, una settimana fa Annamaria Furlan è salita in Campidoglio per un caffè e uno stretta di mano, immortala poi su Twitter. «Con Furlan per condividere proposte rilancio economia e lavoro a Roma». Pure in questo caso le telefonate riservate sono frequenti. Ultimo ma beato tra le donne Carmelo Barbagallo, numero uno della Uil, che proprio ieri ha varcato la porta di Palazzo Senatorio. Dopo l'incontro, la photo opportunity. Un idillio - certificato anche con Fabbrica Roma - inedito. I confederali furono molto più duri nei confronti del governo amico di centrosinistra di Ignazio Marino (parlano gli scioperi).
L'APPROCCIO Con il cambio di guida politica le cose sono cambiate, grazie anche a un approccio molto morbido dell'amministrazione sul contratto decentrato. Una vertenza annosa sbloccata da Antonio De Santis, il tessitore dei rapporti e delle trattative. E' lui che ha chiuso il contratto accessorio dei dipendenti comunali, è sempre lui che, per conto della sindaca, porta avanti le trattative per Atac.
Eterni giri di tavoli convocati per «tranquillizzare» tutte le sigle (nel sindacato dei trasporti sono ben 11) che non verrà licenziato nessuno. Visto da fuori lo strano connubio capitolino tra sindacati e il M5S si legge anche come eterogenesi dei fini. Alle organizzazioni fa comodo avere una sponda istituzionale alta come Raggi per farsi sentire dal Governo (vedi la vicenda di ieri delle assunzioni), al M5S non avere l'ennesimo fronte aperto, con tutto ciò che ne deriva sulla ricaduta dei servizi, aiuta nella già complicata navigazione quotidiana. E avanti così: in continuo areggeme che t'areggo ma anche vai avanti che ti copro che riporta il M5S alla cara, vecchia concertazione, alle scelte ponderate nel rispetto di tutte le sensibilità. Troncare e sopire, accomodare e tessere. Per tenersi anche una base elettorale e soprattutto, appunto, una sponda. Un C'eravamo tanto amati al contrario: volevano cambiare i sindacati ma i sindacati hanno cambiato loro. O viceversa.