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Data: 11/10/2017
Testata giornalistica: Il Messaggero
Patto di ferro Pd-FI-Lega ma torna lo spettro dei 101 franchi tiratori

ROMA Il rischio di chiudere la legislatura nello stesso modo con il quale è iniziata, è fortissimo. Quattro anni fa toccò all'allora segretario del Pd Pier Luigi Bersani finire sotto i colpi dei 101 franchi tiratori che a sorpresa votarono contro l'elezione di Romano Prodi a presidente della Repubblica. Destino analogo ora corre Paolo Gentiloni che ieri il voto di fiducia lo ha chiesto a nome dello stesso governo che aveva sostenuto sin dall'inizio che la questione della legge elettorale sarebbe stata affare dei partiti e del Parlamento.
LE PIAZZE
Invece tocca ora proprio a palazzo Chigi metterci la faccia e trattenere il fiato giovedì sera, o molto più probabilmente venerdì mattina, quando a Montecitorio sul Rosatellum ci sarà l'ultimo voto, unico ma decisivo, e soprattutto segreto, sulla legge elettorale. Un passaggio che metterà sotto stress l'alto indice di gradimento goduto sin qui da Gentiloni il cui governo oggi finirà per essere contestato nelle piazze organizzate da Mdp e M5S contro Rosatellum e voto di fiducia. Questioni che a Matteo Renzi interessano poco, preoccupato com'è - in caso di fallimento del Rosatellum - dall'eventualità di un decreto per armonizzazione gli attuali sistemi di voto, che dovrà passare comunque l'esame del Parlamento. Un decreto che il Quirinale ritiene necessario, ma non del parere sono molti renziani secondo i quali basterebbe una circolare del ministero dell'Interno. Fu più o meno anche questo - ovvero la necessità di porre mano alla legge elettorale - l'argomento che venne a suo tempo usato per evitare il voto anticipato subito dopo la sconfitta del referendum. Renzi sta alla finestra dal giorno del fallito tentativo sul tedeschellum, ma ora che la legislatura volge al termine, l'esigenza di dotare il Paese di una legge elettorale più o meno funzionante si è fatta stringente, ma il rischio che tutto si incarti tra le esigenze politiche di Renzi, Berlusconi e Salvini e quelle istituzionali, è fortissimo anche se sono 140 i voti in avanzo alla Camera.
Malgrado nel suo partito non siano tutti convinti del Rosatellum, Berlusconi ieri ha preso carta e penna e ha sostenuto l'accordo raggiunto con Pd, Ap e Lega proprio per rispondere all'invito del Colle e prepararsi ad un possibile sostegno da larghe intese in vista della prossima legislatura. «Siamo leali, e al momento del voto finale saremo in aula», conferma l'azzurra Mara Carfagna. Azzerati, con il voto di fiducia, i circa 120 voti segreti, ai malpancisti di tutti i gruppi non resta che concentrarsi sull'unico voto a scrutinio segreto: l'ultimo. Quello in grado di far saltare di nuovo tutto. A poche settimane dalla fine della legislatura, ognuno dei peones dei partiti che compongono la maggioranza a sostegno del Rosatellum, avrebbe sulla carta un buon motivo per farsi esplodere in aula, mandare in crisi anche l'ultimo tentativo pur di tenersi i consultellum.
L'ESPLOSIVO
Potrebbero averlo molti renziani che speravano di spuntare uno dei cento posti da capolista bloccati. Argomenti per votare contro ne hanno anche coloro che speravano nelle preferenze previste al Senato. Dubbi potrebbero assalire coloro che dentro FI - come dimostra l'uscita di due senatori dal gruppo guidato da Paolo Romani -Rtemono che la legge elettorale in discussione possa spingere la leghizzazione del centrodestra.
Unico, ma non marginale, motivo per far passare il Rosatellum senza scosse, sta in una fine della legislatura ordinata e, soprattutto, non anticipata sia pur di qualche mese. E se a Montecitorio il rischio sono i voti segreti, al Senato - dove la legge elettorale dovrebbe essere votata prima della legge di bilancio - il problema sono i numeri che si assottigliano di giorno in giorno. Una frana che a palazzo Madama rischia di essere a breve molto rumorosa, specie in casa FI.

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