ROMA Il Rosatellum 2.0 supera i primi ostacoli nell'aula della Camera, con l'approvazione di due delle tre fiducie poste dal governo. L'obiettivo è di chiudere entro oggi la partita a Montecitorio. Intanto infuria la polemica sulla decisione dell'Esecutivo: la fiducia non solo ha indignato gli oppositori della legge, che hanno portato in piazza i militanti, ma ha suscitato obiezioni anche nella maggioranza e nel Pd, e persino nell'ex presidente della Repubblica Giorgio Napolitano. Il Pd difende la scelta, unico modo per portare a casa la riforma elettorale. Che il governo abbia subito la richiesta della maggioranza di porre la fiducia sul Rosatellum 2.0 lo ha dimostrato l'assenza dei ministri sui suoi banchi; c'era solo il sottosegretario all'Interno Giampiero Bocci. In Aula si è verificato quello che i gruppi avevano annunciato: le due fiducie sono passate con i voti di Pd, Ap, Civici, Minoranze linguistiche, mentre FI e Lega sono usciti dall'Aula per marcare il loro accordo sulla legge. il «no» è giunto da M5s, Mdp e Fdi. Alla fine nella prima fiducia si sono registrati 307 sì, 90 no e 9 astenuti, mentre nella seconda ci sono stati 308 sì, 81 no e 8 astenuti. Le astensioni sono arrivate da quanti nella maggioranza hanno definito «inopportuna» la fiducia, come alcuni deputati di Des-Cd o, nel Pd, Gianni Cuperlo. Dissenso anche da Rosi Bindi, che ha votato la fiducia, ma dirà «no» alla legge nel voto finale. Matteo Renzi ha ricordato che la fiducia sulla legge elettorale fu posta da De Gasperi nel 1953: «Si è parlato di fascistellum - ha attaccato - abbiamo una torsione verso l'assurdo di commenti che ci definiscono come fotocopia del fascismo. Ci rendiamo conto della gravità di questa violenza verbale? Il Rosatellun prevede collegi in misura inferiore al Mattarellum ma dove sia l'elemento fascista dei collegi sfugge». Il «no» delle opposizioni è stato gridato sia in Aula che nelle piazze. Nel pomeriggio Mdp ha chiamato nella vicina piazza del Pantheon i propri militanti, mentre i simpatizzanti di M5s hanno ascoltato le «arringhe» di Luigi Di Maio, Alessandro Di Battista e Roberto Fico davanti Montecitorio. Le parole usate sono state forti («golpe istituzionale», attacco alla democrazia»). E punta a mobilitare la piazza anche Beppe Grillo: «i cittadini avranno la loro parte di responsabilità se nascerà l'ennesima legge elettorale porcata». La fiducia sembra aver spezzato anche il rapporto di rispetto di Mdp verso Paolo Gentiloni: «Ha perso credibilità, uno con credibilità avrebbe detto «non ci sto», ha detto Pierluigi Bersani. Giorgio Napolitano ha criticato il ricorso alla fiducia che, ha sostenuto, «limita pesantemente» l'ambito di intervento dei parlamentari. E mentre l'avvocato Felice Besostri e Roberto Fico invitano Mattarella a non firmare la legge, il capo dello Stato ha invitato a tenere a mente l'obiettivo di avere una legge varata dal Parlamento.