ROMA «Beh, a questo punto è praticamente sicuro. Le elezioni arriveranno con il panettone». La Grande Paura è appena passata, la legge elettorale da un paio di minuti ha superato il voto finale a scrutinio segreto dopo giorni di battaglia, ed Ettore Rosato (padre della riforma) già guarda all'epilogo della legislatura. Perché una cosa è certa: con in tasca i nuovi meccanismi di voto che rendono omogenei i sistemi di Camera e Senato, come ha chiesto più volte il capo dello Stato, il governo non dovrà sfornare alcun decreto per correggere le storture del doppio Consultellum. E la maggioranza non dovrà ratificarlo. Conclusione: approvata la legge di bilancio, Sergio Mattarella scioglierà il Parlamento. Prima di Natale o subito dopo, appunto. E intanto apprezza il primo sì all'invocata riforma elettorale.
A largo del Nazareno, Matteo Renzi da tempo ha cerchiato di rosso sul calendario la data delle prossime elezioni: il 4 marzo. Ma per agguantare il risultato, per garantirsi il timing, il segretario dem deve fare presto. Non a caso il Rosatellum-bis verrà esaminato dalla commissione Affari costituzionali del Senato già la prossima settimana. E il voto finale dell'Aula è previsto tra il 24 e il 31 ottobre, prima che palazzo Madama apra la pratica della legge di bilancio. Con ogni probabilità ricorrendo, anche qui, alla fiducia.
Se è vero, infatti, che in Senato è previsto un solo voto segreto, è altrettanto vero che per accorciare i tempi, Renzi punta a dribblare l'ostruzionismo di Cinquestelle e Mdp. E liberare la road map della riforma elettorale da ogni ostacolo. Soprattutto da ogni possibile agguato.
IL TIMING ACCELERATO
Votata la fiducia, approvato in via definitiva il Rosatellum, all'inizio di novembre l'aula di palazzo Madama comincerà l'esame della legge di bilancio. Rispetto al passato, complice un testo più snello della manovra, il programma si annuncia più stringente: il via libera dei senatori dovrebbe arrivare tra il 15 e il 20 novembre (il soccorso silenzioso di Forza Italia supplirà ai no di Mdp). Poi la pratica passerà a Montecitorio. «Quest'anno la manovra economica si dovrebbe chiudere prima del solito», conferma il vicepresidente della Camera, Roberto Giachetti, amico di Paolo Gentiloni e renziano della prima ora. E spiega: «E' possibile che si decida di compiere in Senato l'intero lavoro di approfondimento del testo e di apportare lì le eventuali modifiche, per poi andare a Montecitorio solo per la ratifica finale. Se invece, come è prassi, verranno apportate correzioni alla Camera, si tornerà rapidamente in Senato per il varo definitivo. Prima di Natale si chiude».
A quel punto, secondo le schema concordato da Renzi e Gentiloni, il premier salirà al Quirinale per annunciare di aver concluso il proprio lavoro (il sì allo ius soli, se mai scatterà, sarà pronunciato dal Senato a fine novembre con un'altra fiducia). Mattarella, fanno sapere al Quirinale, non potrà che prenderne atto. E il capo dello Stato, che considera pochi i 45 giorni (minimi) previsti dalla legge tra lo scioglimento del Parlamento e l'apertura delle urne e valuta troppo distante il termine ultimo di 70 giorni, dovrebbe annunciare il tutti a casa subito prima di Natale. Oppure a cavallo dell'Epifania. Il messaggio di fine anno servirà al Presidente per spiegare agli italiani l'avvio del cammino verso le urne, o per annunciarne la partenza da lì a pochi giorni.
Gentiloni sarà attore protagonista dell'intero copione. Il passaggio sulla legge elettorale, in cui senza entusiasmo ha dovuto porre tre questioni di fiducia, l'ha lanciato come il premier che è riuscito a far arrivare in porto il primo frutto (concreto) delle larghe intese tra Pd e Forza Italia. Un'intesa che, probabilmente, verrà ripetuta dopo le elezioni. E Gentiloni, che ha fatto del dialogo e dei toni felpati la cifra della sua azione a palazzo Chigi, ha scandito ieri un appello contro «l'irresponsabilità»: «Il governo farà ogni sforzo per una conclusione ordinata della legislatura».