TORINOChiara Appendino indagata per falso ideologico. La sindaca di Torino ha ricevuto un avviso di garanzia per quello che, finora, sembra avere i connotati di un pasticcio combinato al momento di rassettare i conti del Comune: un debito di cinque milioni di euro non iscritto a bilancio. Stesso provvedimento per il capo di gabinetto, Paolo Giordana, e per l'assessore Sergio Rolando. Appendino ha chiesto e ottenuto di essere ascoltata già nel pomeriggio. «È stata una chiacchierata corretta - afferma in serata - in cui ho chiarito quel che c'era da chiarire. Non ho nulla da nascondere». «È stato fatto tutto nel rispetto delle regole e lo dimostreremo», dice l'avvocato Luigi Chiappero. Insorge il Movimento 5 Stelle. A dettare la linea è Luigi di Maio. «Siamo sotto attacco. Stanno provando ad accerchiarci da tutti i lati e dopo Raggi sono passati a dare addosso alla Appendino. Per fortuna possiamo contare su una magistratura indipendente che non si fa influenzare dal sistema. Ma risponderemo colpo su colpo». Gli esponenti del Pd si trincerano dietro il «garantismo». Spicca su tutti la deputata Paola Bragantini, che arriva a dirsi «umanamente dispiaciuta» per la sindaca e a rivolgerle un «in bocca al lupo», mentre Piero Fassino si augura che «certe esperienze insegnino a tutti che governare è difficile». Il dem Stefano Lo Russo è uno dei due consiglieri comunali di opposizione autori della denuncia in procura; l'altro è Alberto Morano, di area centrodestra, professione notaio. Entrambi, con l'aiuto dell'avvocato Pier Luigi Ciaramella, si sono trasformati in detective e, dopo avere raccolto una mole di carte (comprese le email che, come da protocolli interni, non vengono cancellate), confezionano un corposo dossier. «Le nostre perplessità - commenta Morano - sono evidentemente anche quelle dei magistrati». Il caso si innesta su una vicenda di routine. La società Rear rivendicava il diritto a riavere la caparra di 5 milioni versata nel 2012 per l'acquisto (non perfezionato) di un'area ex Westinghouse. Per Palazzo Civico sarebbe - secondo la denuncia - una somma da iscrivere alla voce «debito». Ma questo non succede. Il 22 novembre 2016, in vista della compilazione dei bilanci, il capo di gabinetto Giordana invitò la dirigente Anna Tornoni a «riscrivere» la sua relazione evitando i riferimenti ai 5 milioni. La sindaca, il 30 novembre, scrive in un'email interna che la restituzione dei soldi «non è prevista» perché sono in corso «trattative». Il 6 dicembre, però, Rear ribadisce la richiesta: vorremmo i 5 milioni entro gennaio. Inutilmente, nei mesi successivi, la Tornoni ribadì che il debito «andrebbe finanziato nell'esercizio in corso». Palazzo Civico è irremovibile: si deve andare al 2018. Per gli autori della denuncia l'omessa iscrizione a bilancio è un falso ideologico. Non solo. La Tornoni avrebbe pagato la sua intransigenza con la rimozione dall'incarico.