Malgrado le raccomandate di licenziamento che verranno spedite oggi ai 55 dipendenti all'Hatria, non si fermano le forme di lotta per scongiurare il peggio. Questa sera, alle ore 18, si terrà un grande evento dinanzi ai cancelli dello stabilimento, assieme ad un'assemblea pubblica e all'esibizione di alcuni artisti. Gli operai sono in sciopero da un mese e mantengono vivo un presidio, nonostante il mancato accordo di martedì scorso alla provincia di Teramo: una sorta di parola fine alla vicenda. Ma nei proponimenti dei sindacati in questa interminabile storia si configura ora la missione riassorbimento, che giunga una nuova figura industriale a rilevare l'Hatria, o che lo stesso fondo d'investimento proprietario dell'azienda, Cobe Capital, sulla scia di numeri e fatturati positivi possa attutire il colpo reinvestendo su produzione e soprattutto sul capitale umano. Frattanto Serafino Masci (Femca Cisl) parla di dramma. Imbarazzante anche lo stilare della graduatoria di coloro che, seguendo alcuni criteri di base (professionalità, nucleo famigliare, anzianità, esigenze produttive) andranno a far parte dei 55. «Non si conoscono i nominativi tranne alcuni casi di giovanissimi: tutti sono in ambasce» ricorda il sindacalista che manifesta apprensione. «Ma non mi lascio andare al pianto: dobbiamo vedere se ci sono spazi di manovra per ravviare un discorso con l'azienda, vediamo se il ministero ci lascia qualche spazio». Eppure Hatria manifesta ancora cenni di vitalità: «Ci sono progetti da sviluppare per il prossimo anno e chiediamo anche un piano industriale che manca». I bilanci sono in perdita: a luglio di quest'anno si era a meno 1,7 milioni di euro ma il trend è sempre stato convincente ed in ripresa, come del resto il fatturato. L'idea di Masci era quella di traghettare fino a primavera 2018 l'Hatria così com'è, attraverso l'uso degli strumenti degli ammortizzatori sociali, dal momento che in vista c'è già una buona partnership commerciale con la tedesca Grohe, la leader mondiale del settore sanitari (che potrebbe essere interessata ad un eventuale acquisto), e diversi progetti che potrebbero ringalluzzire la vivacità commerciale dello stabilimento di Sant'Atto «ma l'azienda si è chiusa a riccio negando ogni possibilità industriale».